Silandro

Ex caserma Druso, oltre 2mila firme per bloccare i piani del Comune

Il comitato va all’attacco ma il sindaco replica: «Lo rifarei, era pericoloso


Massimiliano Bona


SILANDRO. Monta, col passare delle ore, la protesta a Silandro. La demolizione di parte della caserma Druso decisa dal sindaco - bypassando gli accordi presi con la Soprintendente ai beni culturali Karin Dalla Torre - ha indignato residenti, architetti, ambientalisti ma anche parte della base Svp al punto che la petizione per salvare il manufatto lanciata da change.org ha già superato quota 2.000 firme.

«Chiediamo al Comune - spiegano i promotori - di fermare immediatamente la demolizione ma anche una revisione del vecchio piano di sviluppo dell'area. Abbiamo bisogno di processi che coinvolgano la popolazione e tengano conto della strategia della Provincia rispetto al piano clima e agli obiettivi di sostenibilità». Le ruspe sono entrate in azione, lo ricordiamo, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre alle 4.30. «Solo poche persone sono state coinvolte in questa decisione, anche se da un anno sono in corso colloqui aperti tra la cittadinanza, iniziative e istituzioni».

Nella tarda serata del 4 ottobre, il sindaco ha firmato un decreto d'urgenza. «Il colpo di mano del sindaco di Silandro che nottetempo ha dato arbitrariamente avvio alla demolizione della Caserma Druso di Silandro è inaccettabile. Bene ha fatto la Sovrintendenza a bloccare le ruspe. Censurabile, se sarà confermato che l'avvio dei lavori è avvenuto in assenza delle necessarie autorizzazioni, il comportamento del sindaco Pinggera che in questo caso ne dovrà rispondere personalmente»: lo afferma in una nota stil consigliere provinciale di Fratelli d'Italia e neodeputato Alessandro Urzì che ha depositato in queste ore un'interrogazione urgente sul tavolo del Presidente della Provincia Arno Kompatscher per chiedere lo stop definitivo alla demolizione. «In Alto Adige - rileva Urzì - è da tempo che è stata avviata un'occulta operazione di cancellazione di tutto quello che rappresenta la presenza italiana sul territorio e l'abbattimento della caserma Druso rientra in quest'ottica talebana e iconoclasta. Pregevoli edifici di valore storico vengono sostituiti da cubi di cemento impersonali e sradicati dalla storia di questa terra. Quello che sconcerta in questo caso è il modus operandi del sindaco che ha fatto intervenire le ruspe di notte, senza informare nemmeno il Consiglio comunale e mentre ancora erano in corso le valutazioni degli Uffici provinciali per determinare il valore storico e artistico della caserma ed in particolare della bellissima facciata in marmo di Covelano della palazzina Comando». «Chiederemo conto in tutte le sedi opportune, anche giudiziarie, dell'operato del sindaco Pinggera e se sarà acclarato che avrà agito senza averne titolo, dovrà essere chiamato a risarcire di tasca sua il danno arrecato non solo alla caserma Druso, ma a tutta la comunità italiana altoatesina. La storia - conclude Urzì - va raccontata, spiegata, contestualizzata. Non cancellata a colpi di ruspa».

La replica del sindaco

«Lo rifarei perché la situazione alla Druso era diventata insostenibile. Dalle palazzine cadevano spesso parti dell'intonaco, c'erano parecchie persone che entravano, che accendevano fuochi pericolosi per la loro incolumità. La situazione era diventata di difficile gestione e quindi, d'accordo con il segretario comunale, ho preso la decisione. Lo rifarei perché il pericolo era evidente, La soprintendenza ha deciso di sospendere i lavori e ho accettato la sua decisione. Ci siamo ripromessi di fare un sopralluogo quanto prima. Delle firme raccolte non mi preoccupo più di tanto: ho rispettato tutte le leggi e non sono stato certo antidemocratico». Il sindaco e il capo dell'ufficio infrastrutture del Comune hanno fatto un'ispezione locale nella caserma Druso il 20 settembre. Si è scoperto che gli edifici non solo hanno «gravi difetti strutturali», ma anche che «le barriere vengono ripetutamente aperte e persone non autorizzate entrano, i senzatetto trascorrono la notte tra le rovine». Da qui la decisione che "il pericolo era evidente e c'era bisogno di agire" Dieter Pinggera ha firmato l'ordine di demolizione martedì alle 17.38.













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