la storia

Il casaro di Lagundo che aiuta gli etiopi a fare il formaggio 

Solidarietà. Un progetto in collaborazione con “Medici dell’Alto Adige per il Mondo”


Jimmy Milanese


MERANO. Cinque anni fa era solo un sogno, ora invece quello stesso sogno Stefan Haller, responsabile della Latteria Lagundo, lo ha trasformato in realtà: insegnare agli abitanti di un piccolo villaggio in Etiopia a fare il formaggio e poi cavarsela da soli. Lagundo dista dalla regione di Gurage, nella diocesi di Embidir in Etiopia, qualcosa come 8.000 chilometri che per Haller sono la distanza che ha dovuto percorrere per realizzare il sogno di dare anche ai contadini locali la possibilità di produrre il formaggio, così come lui è solito fare nel suo caseificio.

In collaborazione con la diocesi di Emdibir, l'associazione "Medici dell'Alto Adige per il Mondo Onlus" e le aziende casearie altoatesine, Stefan Haller che del progetto è anche direttore ha letteralmente creato dal nulla non solo una attività redditizia per le popolazioni locali ma allo stesso tempo, coinvolgendo la sempre generosa comunità di Lagundo, ha trasferito in loco quelle tecnologie e quel know-how necessario per far sì che ad un certo punto il progetto possa correre da solo. Un bell'esempio di intelligente cooperazione allo sviluppo, dove il destinatario degli aiuti viene stimolato alla imprenditorialità motu proprio.

La struttura e la produzione.

Nello specifico, la diocesi di Emdibir possiede 24 ettari di terreno sui quali ha realizzato una grande stalla al cui servizio sono stati piantati diversi tipi di foraggio (mais, erba, erba medica e canna da zucchero). Attualmente in azienda ci sono 60 mucche e due tori. Tra queste, 44 vacche da latte (37 sono gravide), ma ci sono anche 16 giovani bovini e 20 vitelli. Un patrimonio, come chi è del mestiere ben sa, capace di garantire un importante approvvigionamento di latte per i prossimi anni. Tanto che la produzione giornaliera di questo nettare bianco è stabilizzata sui 280-300 litri. Dal canto suo, il desiderio della diocesi non era solo quello di vendere il latte, ma anche di avviare una redditizia produzione di formaggio. Così è stato. Stefan Haller, casaro alpino e direttore del caseificio di Lagundo, fin da subito si è dichiarato convinto sulla necessità della costruzione del caseificio. Il piano inizialmente aveva previsto l'assunzione di cinque persone per la produzione di diversi tipi di formaggio, burro e latte pastorizzato. Nella primavera del 2022 le attrezzature sono state finalmente installate e collegate, quindi, si è avviata la produzione dei primi formaggi proprio alla presenza di Stefan Haller il quale ha curato anche la formazione dei collaboratori del caseificio locale ora pienamente in funzione. Certo è che i problemi non sono mai mancati, spiega Haller, soprattutto per via delle condizioni climatiche spesso avverse in una regione che non dispone di infrastrutture primarie date per scontate alle nostre latitudini.

La solidarietà.

Sebbene nel nuovo caseificio sia stato installato un impianto per l'aria condizionata, per via delle alte temperature della zona, spesso si registrano difficoltà a mantenere costante la temperatura sia nella sala di stagionatura sia in quella di stoccaggio. Il problema è rappresentato dalle frequenti interruzioni di corrente che, tra l'altro, in Etiopia sono con causa del rallentamento nel processo di industrializzazione del paese. Per garantire una temperatura ambientale bassa e costante, fondamentale per la produzione in sicurezza del formaggio, l'installazione di un sistema solare con inverter e batteria rappresenta oggi una necessità urgente per la sopravvivenza del caseificio stesso. Infatti, i costi, compresi quelli di trasporto e installazione dell'impianto ad energia solare, ammontano a circa 15.000 euro. E qui, per risolvere il problema ancora una volta Haller ha mobilitato la proverbiale generosità degli abitanti di Lagundo. Fondamentale in tal senso la preziosa collaborazione dell'Associazione dei pescatori di Lagundo che grazie alla generosità dei suoi soci ha donato la cifra necessaria per la realizzazione dell'impianto solare. Una generosità, quella di Haller che il responsabile di Latteria Algund ha trasformato in missione di vita, in una zona critica del continente africano dove la presenza o meno di un ospedale fa al differenza.

Fondato 50 anni fa dalle “Suore mediche missionarie” ad Attat, in una zona rurale a 180 km a sud-ovest di Addis Abeba, sorge l'omonimo ospedale gestito sempre dalla diocesi di Embidir. In un raggio di 100 km l'ospedale serve una popolazione di 1 ml di abitanti, disponendo di 97 letti per i pazienti ricoverati più 44 letti nella casa per madri ad alto rischio e 11 letti per bambini malnutriti. Il tasso di occupazione dei letti è del 100%. In media, 390 persone al giorno trovano la strada per l'ambulatorio dell'ospedale. Dal 2007 in avanti, grazie alle donazioni e ai contributi dell'Alto Adige, i "Medici per il Mondo" hanno risanato l'edificio e costruito un edificio ambulatoriale, una sala d'attesa e un reparto, di chirurgia e maternità. Questo non solo ha contribuito a migliorare l'assistenza ai pazienti, ma ha anche contribuito a far sì che Attat diventasse un ospedale didattico per ostetriche e medici. Diverse volte all'anno, medici specialisti provenienti dall'Alto Adige visitano l'ospedale per trasmettere conoscenze mediche e formazione pratica. È che, assieme ai medici, ben presto si è scoperto che anche le competenze degli artigiani sono richieste all'ospedale di Attat. Quindi, l'intervento di Haller non si è fatto attendere. Infatti, chiamato per vari compiti come la riparazione dei macchinari, assieme alla squadra di artigiani locali il responsabile di Latteria Algund ha contribuito alla installazione di un nuovo e prezioso impianto inceneritore per i rifiuti dell'ospedale.

 













Altre notizie

Assemblea

Amministrazione di sostegno: in Alto Adige 3.600 «fragili»

La direttrice Rigamonti: «Servono ulteriori finanziamenti provinciali per sostenere le associazioni e chi si rende disponibile ad aiutare gli altri». Il Tribunale di Bolzano conta più di 500 nuovi procedimenti l’anno 


Valeria Frangipane

Attualità