Lo sfratto

L’aiuto cuoco: niente casa a Merano perché siamo stranieri 

Lavora da anni con un contratto stabile in una mensa cittadina e ha sempre pagato. «La proprietaria dell’alloggio che lascio mi aiuta ma quando sentono la mia voce riattaccano»



MERANO. Padre di due bimbi, terzo in arrivo a giugno, da circa dieci anni lavora presso una mensa nel meranese, ottimo italiano e inglese, buon tedesco, ma nessuno a Merano sembra disposto a dargli un appartamento in affitto: «Perché appena sentono la mia voce, mi rispondono di no», spiega Muhammad Jamil, il protagonista di una triste vicenda che la nostra città non merita.

Prima di tutto ci spiega come è arrivato in Italia?

Quindici anni fa dal Pakistan, precisamente Gurjat, una città grande quanto Bolzano. Prima sono arrivato in Repubblica Ceca, poi in Italia. Ho chiesto asilo nel 2007 e dopo la sanatoria del 2012 ho ricevuto il permesso di lavoro. Da una decina di anni sono occupato in una mensa cittadina. Mai cambiato posto di lavoro.

Di cosa si occupava in Pakistan e perché lo ha lasciato?

Ero commesso in un negozio di abbigliamento, successivamente ho fatto l'autista, quindi ho deciso di venire, da solo, in Europa. In Pakistan c'erano problemi di sicurezza, per la mia famiglia immaginavo un posto migliore dove crescere i nostri figli.

Figli che sono arrivati, ne ha due giusto?

Si, di 2 e 3 anni e un terzo in arrivo tra un mese. Nel 2016 ho preso un appartamento in affitto, lo stesso nel quale vivo con mia moglie che nel frattempo mi aveva raggiunto grazie al ricongiungimento familiare. È arrivata incinta, ma dopo sei settimane ha perso il bambino.

Senta, mi permette di chiederle come intende crescere i suoi figli?

Certo. I miei figli sono nati in Italia, ovviamente porteranno con loro anche la cultura dei genitori, ma saranno liberi di fare quello che vogliono. Spero di poter dare loro l'opportunità di frequentare l'Università. Vorremmo dare loro il meglio e anche per questo cerchiamo un appartamento.

Per quale motivo è sotto sfratto?

La proprietaria dell'appartamento dove vivo ha una figlia che, avendo finito di studiare, ha bisogno dell'alloggio. Per questo motivo, ho ricevuto lo sfratto, esecutivo da martedì 17 maggio.

Ha cercato di parlare con questa persona, magari per trovare una soluzione?

Certo, la signora ha scritto alla Provincia, all'Ipes, al Distretto sociale e al Comune per spiegare la situazione e chiedere a queste istituzioni di aiutarmi a trovare un appartamento. Non solo, ha fatto di più.

In che senso?

Guardi, in questi mesi ho chiesto a chiunque se ci fosse un appartamento libero. Anche dove lavoro passano tante persone e chiedo, ma nessuno dice nulla. Ho mandato 40 annunci in giro per la città e la signora è disponibile a fornire una referenza. Lo stesso il mio datore di lavoro. Ho sempre pagato l'affitto e non ho mai dato alcun problema, ma non sembra bastare. Quindi, la proprietaria di casa ha iniziato a rispondere personalmente agli annunci. Ci eravamo accorti che se telefonavo io andava sempre male. Con lei le cose vanno bene fino a quando capiscono che, in realtà, l'appartamento è per un pachistano. Molti vogliono solo persone locali o due persone al massimo, niente bambini.

Sta dicendo che viene discriminato perché ha figli e per la sua nazionalità?

Non voglio fare la vittima, ma così accade. Il problema è che uno straniero è considerato non da tutti come persona singola, ma per quello che fanno i suoi connazionali. Un pachistano delinque, tutti delinquono e ti chiudono le porte in faccia anche se, come nel mio caso, lavori da sempre e non hai mai avuto alcun tipo di problemi.

In definitiva, cosa chiede?

Sessanta metri quadri dove crescere i miei figli. Sono disposto a pagare anche più di quanto pago ora, ho i miei mobili e in caso parteciperei alle eventuali spese di ristrutturazione.

Senta, ha chiesto un alloggio sociale a Ipes?

Certo, facciamo domanda da tre anni. Ho 27 punti e sono in attesa, ma il 17 maggio ho lo sfratto esecutivo e molta paura, per i miei figli e per mia moglie. J.M.













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