La storia

«La sedia a rotelle mi fa vedere tutto con occhi nuovi»

Durante una gita scolastica a monte San Vigilio, a 59 anni, Paolo Mabritto, insegnante, è scivolato risvegliandosi all’ospedale una settimana dopo


Jimmy Milanese


MERANO. Quella del 30 maggio 2017 doveva essere una giornata come tante altre per Paolo Mabritto. Dopo oltre 35 anni di servizio, ancora una volta quella mattina era uscito di casa per la classica gita di fine anno scolastico, questa volta a San Vigilio dove l’insegnante di musica e di ginnastica meranese avrebbe piantato alberi nel terreno assieme ai suoi alunni di una scuola di Lana. La salita in una funivia zeppa di bambini, il brontolio dei ragazzi e poi quel sentiero nel bosco fino al buio totale che per sempre ha cambiato la vita a Paolo Mabritto e a sua moglie Vaska. Li abbiamo incontrati entrambi.

Paolo Mabritto, ci vuole raccontare quella giornata?

L’ennesima gita di fine anno scolastico a san vigilio. stavo camminando su un sentiero nel bosco, seguito e preceduto dai miei ragazzi, quando nel raccomandare a una mia alunna di prestare attenzione al tragitto mi sono distratto un attimo. Sono stato colpito da un ramo che si è infilato nell’occhio, ho perso l’equilibrio e sono scivolato giù dal sentiero. A quel punto ho sentito una forte botta alla schiena e dopo una settimana mi sono risvegliato all’ospedale, dopo essere rimasto in coma indotto per le fratture multiple causate da quella caduta accidentale e incredibilmente sfortunata, terminata contro un sasso.

Cosa le hanno detto al risveglio?

A 59 anni mi sono ritrovato con la schiena a pezzi. Avevo nove vertebre spostate a destra e otto a sinistra, due erano esplose con processi spinosi totalmente spezzati. Mi hanno messo due barre di titanio per raddrizzare. In altre parole, mi avevano aperto la schiena e rimesso a letto. Dopo un mese all’ospedale di Bolzano sono stato trasferito a Merano, quindi cinque mesi a Murnau in Germania, in una clinica specializzata per chi ha problemi come il mio.

Cosa ha fatto a Murnau?

Tantissima fisioterapia, ma soprattutto mi hanno insegnato ad essere autonomo, nel limite del fatto che la parte inferiore del mio corpo è paralizzata e sono costretto sulla sedia a rotelle. Lì ho avuto qualche miglioramento e mi sono sposato con Vaska, che ora è mia moglie.

La sua compagna ha deciso di starle vicino: non è una decisione scontata.

Infatti. Le ho subito detto che avrei dovuto affrontare un percorso che avrebbe cambiato totalmente la mia vita ma che non volevo costringere lei a questo sacrificio. Mi ha risposto sposandomi e standomi vicino (intanto la moglie gli stringe la mano commossa, ndr).

Durante quei mesi a Murnau cosa le passava per la testa?

Mi sono confrontato con altre realtà, ho visto che ci sono persone le quali, nonostante la disabilità anche estrema, sono capaci di sprigionare una forza di vita incredibile. Hanno trovato il modo di assorbire il dramma e devo dire che per me non è stato facile, ma mi sono sentito anche fortunato. A Murnau ho visto persone che vivono con un cavo nella trachea, ragazzi completamente paralizzati: sedicenni caduti in moto e ridotti in quelle condizioni.

Le hanno insegnato a non gettare la spugna?

Nella sfortuna non ho sbattuto la testa e sono vivo, accanto a mia moglie. Ho fatto anche un’altra scoperta importante. quella del personale medico-infermieristico, degli inservienti, tutte persone dotate di una disponibilità e gentilezza eccezionale. Prima dell’incidente dal medico non ci andavo mai, sono sempre stato bene, ora invece devo frequentare gli ospedali. dalle terapie intensive fino ai reparti, la loro presenza è costante, sono capaci di metterti a tuo agio e questo richiede una grande forza d’animo, perché si devono abituare a convivere con il dolore altrui. Una volta un’infermiera mi ha detto che loro non possono portare i problemi personali sul lavoro, perché noi pazienti abbiamo già i nostri e non di poco conto.

Come si rapportano ora le persone con Lei?

Prima vedevo persone accompagnare un disabile e non mi rendevo bene conto di cosa significassero quelle mani che spingono una carrozzina e si prendono cura di un essere umano 24 ore su 24. Quando vivi in prima persona questa situazione tutto cambia e ti rendi conto che certe presenze sono fondamentali. Ho trovato moltissima solidarietà, ad esempio nel personale ferroviario, o quando dobbiamo parcheggiare l’auto e magari una persona ha occupato un posto destinato a persone come me e alla fine si scusa, piuttosto che mandarmi a quel paese. Ci sono gli amici, o anche gli albergatori che fanno di tutto per accontentarci. Viaggiare sulla sedia a rotelle ti apre a un mondo diverso. dopo quel buio dovuto all’incidente è come se oggi vivessi un’altra vita.

Di quella vita precedente cosa si è portato dietro?

I medici mi hanno detto chiaramente che non ho grandi possibilità di miglioramento. Oggi ho 63 anni. Non ero quello della domenica in montagna, ma avevo i miei hobby, tanti sport, l’andare in moto e le mie passioni. Leggevo tantissimo e amo la musica. queste due passioni mi sono rimaste. Tutto quello che riesco a fare con la tastiera lo faccio, dai corsi d’inglese a quelli di computer, studio tanto, sono appassionato di economia ...

Le manca il lavoro a scuola?

Guardi, mi ero proposto per un incarico scolastico, magari in biblioteca o in segreteria, ma per una serie di motivi legati alla mia invalidità purtroppo non è stato possibile. In un certo senso comunque sono stato fortunato. Il mio è stato un infortunio sul lavoro, quindi ora ricevo tutto il supporto economico e strumentale dall’Inail, visto che sono un invalido del lavoro. Nella mia situazione ci sono tante altre persone che però si sono infortunate fuori dall’orario di lavoro e alla fine vengono licenziate e passano ben altre trafile burocratiche.

Da quatto anni lei deve girare la città in sedia a rotelle: com’è Merano dal punto di vista delle barriere architettoniche?

Ho un forte spirito di adattamento, ma le barriere ci sono, anche se c’è il modo di aggirarle. non è da me creare polemiche. la situazione morfologica della città è fondamentale e merano aiuta, ma il problema ora è pianificare le ferie. Ad esempio, di recente siamo stati a Peschici, in Puglia: difficile girare se nessuno ti porta in auto. Lì la padrona dell’hotel è stata gentile, era lei che ci scorrazzava in giro. Peschici si inerpica sull’Appennino, a Merano ho la sedia elettrificata che mi porta ovunque.

Senta, ripensa mai a quella maledetta giornata?

Impossibile non ripensarci, anche se molto di quell’esperienza ora è un vago ricordo.

Chi le sta parlando quel giorno era dietro di Lei e ricorda le sue alunne disperate che piangevano e volevano fare di tutto per aiutare il loro insegnante, fino all’arrivo dell’elicottero che l’ha portata via.

Quella clinica a Murnau ha un motto: “Chi lotta può vincere, chi non lotta ha già perso”. Ai miei ex alunni vorrei dire questo.













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