la storia

Nella più antica locanda dell'Alto Adige di notte si sentono gli spiriti  

L’esercizio premiato dalla Camera di Commercio per la sua secolare attività


Silvano Faggioni


LACES. Al Gasthof “Zum Riesen” di Tarres, frazione di Laces, si può pernottare, fare colazione e gli ospiti della struttura possono eventualmente cenare a “chilometro zero”. Ma l'albergo offre anche un extra che gli altri alberghi se lo sognano: di notte si sentono gli “spiriti”! L'extra, ovviamente, è offerto dalla casa. «Alcuni ospiti ci hanno detto che di notte avvertivano la presenza degli spiriti dei nostri antenati», confessa Alexandra Dell'Agnolo, titolare di quella che è considerata la più antica locanda dell'Alto Adige. È stata premiata, lo scorso novembre, dalla Camera di commercio di Bolzano proprio per la sua lunga storia, peraltro tutta “al femminile”.

«C'erano ben anche gli uomini - dice Alexandra - o meglio c'erano e non c'erano, perché magari andavano in guerra e non tornavano, oppure, se erano qui, dovevano curare i campi e la stalla. Insomma la conduzione della famiglia e dell'accoglienza è sempre stata in mano alle donne».

Le origini.

A quando risale la locanda? Al Museo di Innsbruck è citata in un documento del 1478. Ma si pensa che la sua origine possa risalire al 1200. A quell'epoca accoglieva soprattutto pellegrini che giungevano da nord ed erano diretti a Roma o in Palestina. Proprio da Tarres, che si trova più in alto rispetto a Laces, passava un sentiero per i pellegrini che arrivavano a piedi. Nel fondovalle, lungo la Via Claudia Augusta, passavano gli eserciti, a piedi o con i cavalli, e i mercanti con i carri. La locanda era una costruzione ad un solo piano, a forma di cubo. Dentro, gli “ospiti” potevano trovare un giaciglio in paglia per riposarsi o dormire e un qualcosa di caldo da mangiare. C'erano già i canederli, magari a base di orzo o avena, o di grano saraceno, una zuppa di pane, un pezzo di formaggio, della ricotta fresca, forse anche carne di selvaggina allo spiedo, una tazza di latte e quasi sicuramente anche di vino. La vite era già presente in alcune zone della val Venosta e, in ogni caso, il vino poteva giungere da Merano o dalla valle dell'Adige , con i carri dei mercanti.

Un tuffo nel passato.

Ce lo possiamo immaginare quest'ambiente. Buio, le mura affumicate, una brocca d'acqua e un angolo con il fuoco acceso per riscaldarsi e per fare un po' di luce. Forse già un camino. Un unico grande tavolo in legno con taglieri e tazze. Per i bisogni c'era la latrina esterna e all'interno magari un vaso da notte o un angolo ad hoc con pagliericcio.

Oggi visitando il Gasthof “Zum Riesen” può sembrare di leggere la favola del ranocchio che, baciato da una splendida fanciulla, diventa un principe. È un “unicum” nel panorama alberghiero altoatesino. Non c'è hotel con wellness che tenga, per quanto lussuoso e confortevole possa essere. Quest'antica locanda è un vero gioiello di architettura e arredamento , il cui stile potrebbe essere chiamato “lungo gli scalini del tempo”. Secoli di storia non solo rispettati, ma anche valorizzati. La firma è dell'architetta Sylvia Dell'Agnolo, con studio a Bolzano, che poi è la sorella della proprietaria Alexandra. Il Gasthof “Zum Riesen” , a dispetto del nome (Al Gigante), non è grande. «Abbiamo voluto rispettare il più possibile i materiali del passato spiega la titolare - i pavimenti in legno, ad esempio, sono stati ripuliti per bene, ma sono gli stessi di secoli fa».

I pianoforti e gli affreschi.

Gli scalini che salgono al primo piano sono quelli in pietra di un tempo, quando la casa venne per la prima volta alzata. Particolare curioso: l'albergo ha tre pianoforti, uno per piano e un altro in una camera da letto. Qualche tasto è consumato, ma va bene così.

In origine questo albergo, come detto, era una struttura ad un solo piano. Nei secoli successivi venne ampliata ed alzata. Un'interessante ristrutturazione avvenne durante il periodo barocco, intorno al 1730. Lo testimonia, ad esempio, un bell'affresco sul soffitto del primo piano, che rappresenta l'Annunciazione, con una cornice a stucco e agli angoli quattro medaglioni uguali. Nove stanze all'insegna della semplicità e nel rispetto dei segni lasciati dal secolare passato. «Potrei dire che non offriamo nulla - afferma sorridendo Alexandra Dell'Agnolo - nel senso che il cliente non trova certo quello che offrono gli hotel di lusso, a parte una sauna. Nelle stanze non c'è neppure la televisione!». Potremmo aggiungere noi che è l'albergo per i “gourmet” della storia, per coloro che vogliono vivere una vacanza d'altri tempi.

Clientela svizzera e tedesca.

Ma quali sono i clienti che vengono in questo albergo? «Sono soprattutto tedeschi e svizzeri - dice Alexandra - e ogni tanto anche italiani, ma pochi, perchè magari cercano anche i comfort dei grandi alberghi. Sia l'anno scorso che quest'anno abbiamo ospitato turisti provenienti dal Sudafrica. È stata una vera sorpresa».

La componente italiana.

Nella storia di questa locanda c'è stata comunque un'importante presenza italiana. Il padre di Alexandra, Matteo Dall'Agnolo, era un geometra della Valsugana, arrivato da queste parti negli anni Cinquanta per controllare le strutture edili della Montecatini. Trovò alloggio proprio in questo albergo, portato avanti dalla Emmy, la madre di Alexandra. Matteo ed Emmy si innamorarono e si sposarono. «Mia madre seguì il papà per un periodo a Merano - racconta Alexandra - perchè aveva trovato un bell'impiego fisso in Comune. Ma mia madre non riusciva a resistere lontano dalla locanda e decise così di tornare a Tarres. Mio padre la seguì, aprendo con successo uno studio di geometra a Laces».













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