Arte, scienza, lirica Eventi e personalità con Merano al centro 

Il libro. Pubblicato il secondo volume di “Cultura in Movimento” relativo al periodo 1965- 1990 In 600 pagine e 700 foto gli eventi e le grandi menti che hanno dato lustro alla città sul Passirio Dal rilancio, alla questione altoatesina, passando per il Modernismo, alla letteratura e cinema


Jimmy Milanese


Merano. Un sassolino gettato nel centro geometrico di uno lago capace di produrre onde che raggiungono riva, ed anche oltre. Questa potrebbe essere la sintesi plastica per descrivere “Cultura in Movimento. Merano 1965-1990”: secondo volume della serie edita da Merano Arte che grazie al contributo di una trentina di autori racconta le vicende culturali della città sul Passirio nel periodo storico inaugurato dallo sbarco degli americani nel Vietnam fino all'anno della prima Guerra del Golfo. Come nel primo volume dal titolo “Prospettive di Futuro. Merano 1945-1965”, anche “Cultura in Movimento” getta uno sguardo sulla scena culturale meranese ma solo per finire ben oltre quello stretto spazio geografico delimitato dalla cima della Muta, le valli Passiria e Venosta fino all'abitato di Sinigo.

Nel volume si fa menzione dei molti personaggi che hanno ripopolato culturalmente la città uscita a pezzi dalla seconda guerra mondiale, come ad esempio il creativo Bruno Jori, il gioielliere Anton Frühauf, lo scrittore Antonio Manfredi o la scultrice Gina Klaber Thusek, per delineare quanto questo sia stato un periodo fecondo per il risveglio della letteratura e dell'arte in tutto l'Alto Adige.

Difficile operare una sintesi delle 600 pagine suddivise in 37 capitoli densi di oltre 700 fotografie, citazioni e riferimenti culturali che spingono gli orizzonti culturali della nostra provincia fino ai laboratori del Max-Planck Institut di Tubinga dove il suo direttore meranese Valentin Braitenberg compie i primi esperimenti di cibernetica o fino alla Università di Seattle dove un altro meranese, il geofisico Norbert Untersteiner, fonda la disciplina delle scienze atmosferiche grazie alla quale l'Artico inizia ad essere studiato. Scienziati di fama mondiale in vari modi legati a Merano e protagonisti dei “Dialoghi a Bolzano”, ovvero una serie di incontri che dal 1990 al 2005 portano in Alto Adige personalità del mondo della scienza come il filosofo Ernst von Glaserfeld il quale dalle pagine della rivista culturale meranese “Der Standpunkt” negli anni Cinquanta è tra i primi a mettere - per così dire - tra parentesi il «complesso dell'Alto Adige». In altre parole, quella specie di prisma interpretativo attraverso il quale sembravano obbligate a dover passare le varie forme espressive della cultura locale, prima di ottenere il beneplacito dalle istituzioni sociali fortemente conservatrici e riluttanti verso qualsiasi forma di modernismo.

E nel volume lo si spiega chiaramente: nell'unica città altoatesina dove componente italiana e componente tedesca all'incirca si equivalgono, già verso la fine degli anni Sessanta quel prisma imprescindibile inizia a scheggiarsi, ancor prima che il secondo Statuto di Autonomia (1972) renda possibile un breve disgelo, come scrive Hans Heiss nel suo contributo all'opera. Merano a cavallo del 1968 è il banco di prova ideale per una modernità poco digerita dall'élite locale «dominata da figure maschili». Perché la città offre uno scenario unico: una forte impronta storica quale antico capoluogo della contea ma allo stesso modo, con il processo di italianizzazione iniziato negli anni venti, si è arricchita di una nuova cittadinanza che sposta il baricentro verso una diversa sensibilità culturale.

È proprio con l'interminabile riunione della SVP per l'approvazione del pacchetto nel 1969 nel corso della quale vince la linea del meranese Silvius Magnago fautore dell'autonomia che Merano inizia a fare da scenografia per una svolta epocale nella questione altoatesina. È il fenomeno della normalizzazione dei rapporti tra i due gruppi linguistici che produrrà importanti ripercussioni anche sullo sviluppo dello scenario culturale altoatesino, come spesso riemerge nelle ricerche storiche da parte degli autori del volume.

A partire dagli anni Settanta in città il Modernismo si sparge a macchia di leopardo grazie ai gioielli di Anton Frühauf, alle sculture di Umberto Volante, al polo attrattivo esercitato da Peggy Guggenheim, ormai di casa in riva al Passirio, ma anche con le incisioni di Rina Riva. Alberto Giacometti dirige l'Orchestra di Cura, mentre dal 1965 fino al 1974 si svolge “Debutto a Merano”, ovvero uno tra i più importanti concorsi lirici internazionali dell'epoca presieduto dal Maestro Ettore Campogalliani, insegnante del giovane Luciano Pavarotti. Mentre a Castel Fontana soggiornano l'attrice Dawn Addams e David Rockfeller, in città e dintorni - scrive Ferruccio Delle Cave nel suo contributo - si «risveglia la cultura» grazie ad autori come Franz Tumler, Joseph Zoderer, Claus Gatterer e Norbert C. Kaser.

La questione etnica nelle arti e nella cultura in genere inizia ad essere trattata con meno tatto e più impegno per andare oltre, come scrive lo stesso Tumler: «Non sono solo due lingue, bensì anche due modi diversi di partecipazione e due diversi tipi di interesse che distinguono i politici e gli scrittori», osserva nel 1967 lo scrittore di Gries. Ma è sulle parole di critica al modello sociale della città sul Passirio considerata da Kaser una specie di «casa di riposo per anziani tedeschi» o negli effetti mediatici del romanzo “Die Walsche” (1982) di Zoderer che quel prisma si spacca definitivamente, cessando di deflettere attraverso la propria luce distorta la voglia di Modernismo che ormai ha raggiunto la riva del lago.

Sul lato delle arti cinematografiche, il trio formato da Bruno Jori, Mario Deghenghi e l'ex SS Karl Schedereit, proprio partendo da Merano inaugurano quel lungo filone del documentario di critica sociale che dura a tutt'oggi, realizzando progetti incentrati sulla cultura e la storia dell'Alto Adige. Ne parla l'autrice Irina Ladurner, ricordando queste figure storiche della cinematografia altoatesina fino ai tempi di Rolf Mandolesi, documentarista meranese pluripremiato ai più importanti festival internazionali di cinema amatoriale.

Infine, arrivando a uno degli ultimi contributi, il torpore culturale nel quale piomba Merano e l'Alto Adige in genere dopo la fine delle ostilità belliche - scrive Markus Neuwirt - viene scombussolato dall'attivismo dell'artista Jakob de Chirico il quale negli anni Ottanta profetizza l'arrivo della cultura in tutte la case superando le barriere dell'istruzione. Barriera infranta e di molto, quando grazie alla sua amicizia personale de Chirico porta a Merano una esibizione del padre dell'Azionismo viennese. Hermann Nitsch tornerà in città altre volte, tra le proteste di parte della popolazione e del mondo clericale tedesco.

Siamo nel pieno degli anni Ottanta, Merano ha perso la maggior parte dei suoi Hotel di lusso, le istituzioni di cura non rappresentano più il marchio distintivo della città che però apre il decennio con l'evento forse più importante della sua storia. Nel 1981, spiega Patrick Gasser nel suo intervento sugli eventi in città, Merano ospita la finale dei Mondiali di scacchi. Sullo sfondo della guerra fredda, il russo Anatoli Karpov sfida lo svizzero Viktor Korchnoj per un indotto che per la città significa oltre 50.000 articoli di giornale pubblicati in tutto il mondo.

Le onde del sasso lanciato nel lago non hanno solo raggiunto riva, ma hanno esondato superando pianure e scavalcando montagne per poi tornare indietro. Insomma, “Merano in Movimento” è un volume frutto di una scrupolosa ricerca storica grazie al lascito di diverse personalità che hanno soggiornato in città, che con la scusa di parlare della Merano tra il 1965 e il 1990, finisce per spiegarci in modo ricco e dettagliato un quasi trentennio di arte e cultura altoatesina che ha trasformato il destino della nostra Provincia.













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