Bolzano Danza,  Carolyn Carlson racconta il suo Eden 

L’intervista. La regina della danza mondiale al Teatro Comunale con una coreografia «In scena due ballerini, attraverso di loro prende vita il mistero dell’universale e della spirito»  L’alchimia di uno spettacolo: «Alla fine quello che accade tra spettatore e danzatore è un dono»


Daniela Mimmi


Bolzano. Secondo Carolyn Carlson l’Eden è «uno stato della mente e del cuore, un cancello per entrare in uno stato meditativo di armonia con il proprio io. Un mistero della vita di cui non sappiamo niente. Nella numerologia, Eden corrisponde al numero 1, l’origine di tutta l’energia. Se si sommano tutte le lettere della parola Eden, viene fuori il numero 10, ovvero 1, come lo spettatore e 1 come il danzatore sul palco». Su questa filosofia, Carolyn Carlson ha costruito il suo Eden of Carolyn, in scena al Teatro Comunale di Bolzano nell’ambito di Bolzano Danza 2020, versione rivista e corretta della ormai tradizionale rassegna estiva di Bolzano, e creata dal suo direttore artistico, Emanuele Masi.

“Eden of Carolyn” si alterna sul palco, fino al 31 luglio, con “Eden selon Rachid” di Rachid Ouramdane e “Eden secondo Michele” di Michele Di Stefano, sempre e soltanto per uno spettatore in sala. In totale ci saranno dieci repliche al giorno, per un totale di 30 recite al giorno, dalle ore 11 alle 22.30, meno che lunedì 20 e lunedì 27 luglio. Carolyn Carlson è tra le personalità più influenti della scena di danza mondiale, Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia, fondatrice-ispiratrice della danza contemporanea in Italia. Solista nella compagnia di Alwin Nikolais, la californiana Carlson, negli anni Settanta, si trasferisce in Europa: étoile e coreografa del gruppo contemporaneo del Ballet de l’Opéra de Paris, poi direttrice al Teatro La Fenice di Venezia di un gruppo di danzatori con i quali porrà le basi della danza contemporanea nel nostro paese. Artista in residenza alla Finnish Opera, diviene direttrice artistica del Cullberg Ballet a Stoccolma poi, dal 1999 al 2002, è alla guida della sezione danza della Biennale di Venezia. Nel 1999 fonda il suo Atelier de Paris-Carolyn Carlson e parallelamente dal 2004 al 2013 dirige il Centre Chorégraphique National Roubaix Nord-Pas de Calais. A Bolzano Danza 2012 ha presentato Synchronicity nell’ambito di un focus dedicato alla sua “scuola” e nell’edizione 2015 del Festival, Short Stories. Le chiediamo come ha trasformato il suo Eden in una danza. «Sul palco io rivelo i momenti di quiete e di azione necessari per abbattere i muri per raggiungere lo stato spirituale. Per Eden ho lavorato sulle musiche di Guillaume Perret e il suo sax, e due eccezionali performer: Sara Orselli e Riccardo Meneghini. I loro movimenti sono identici, ma il risultato è differente: bisogna guardarli tutti e due insieme».

Tra i vari significati di Eden, ci sono anche le vibrazioni positive. Come le ha catturate nella sua coreografia?

Riccardo e Sara hanno proposto le loro personali interpretazioni sul tema del mitico giardino in una coreografia strutturata di energie con la complicità di noi tre insieme per raggiungere una visione comune. Riccardo è quello che rompe i muri per entrare nello stato spirituale, nel regno della spiritualità. Qui i movimenti del suo solo ci riportano all’origine universale, non sono spiegabili, ma sono evidenti all’osservatore. Sara è presente nel giardino della mente in solitudine con il mistero della ricerca delle sue forze intuitive. Tristezza e euforia si mescolano nell’azione, come la vita con le sue onde che salgono e scendono, prima di prendere il volo. Entrambi i solisti rivelano correnti elettriche nelle visioni ricordate e rinominate per un Eden immaginato.

Due danzatori e un solo spettatore. Non si sentono soli?

Io non conosco le sensazioni e le emozioni dei danzatori o dello spettatore, dipende dalle loro esperienze intime e personali. Sarebbe interessante chiederglielo.

Su cosa riflette, cosa prova lo spettatore quando lascia il teatro, secondo lei?

E’ stato condiviso un regalo, c’è stato uno scambio tra l’uno e l’altro, sia di solitudine che di bellezza. L’ispirazione viene lasciata alla inesplicabile presenza della poesia visuale...”

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