Bolzano Danza, stasera c’è ”Franchir la nuit” 

La rassegna. Prima nazionale per la coproduzione del festival firmata da Rachid Ouramdane In programma al Parco dei Cappuccini anche tre repliche di “Ophelia” di Yoann Bourgeois


Daniela Mimmi


Bolzano. Grande attesa per la coproduzione del Festival “Franchir la nuit”, Attraversare la notte, in prima nazionale questa sera, venerdì 19 luglio al Teatro Comunale di Bolzano alle ore 21 (biglietti singoli €22, riduzioni per corsisti BZD, under 25, under 35, over 65). Ultima fatica di Rachid Ouramdane per la sua compagnia di Grenoble sul tema della migrazione e dell’esilio che vede coinvolti a fianco di cinque danzatori professionisti una folla di bambini e adolescenti del territorio che hanno partecipato a un campus organizzato da Community Dance di Lana.

Precedono “Franchir la nuit” tre repliche di “Ophelia” di Yoann Bourgeois al Parco dei Cappuccini, performance inserita nella sezione outdoor (ore 19.30 - 20 - 20.30. Ingresso € 5).

Ha debuttato con grande successo di pubblico e critica alla Biennale de la Danse di Lione 2018 “Franchir la nuit”, pièce per cinque danzatori professionisti e un nutrito numero di bambini e adolescenti amatori sul tema della migrazione e dell’esilio, a Bolzano Danza realizzato con la partecipazione di venticinque bambini e ragazzi del territorio, tra cui rifugiati e minori non accompagnati, coordinati da Community Dance attraverso un campus di due settimane.

«Franchir la nuit – spiega Ouramdane – rientra nel ciclo di miei progetti miranti a guardare il mondo in modo diverso.

Trattandosi di un lavoro intorno al tema della migrazione in relazione all’infanzia, cambia sensibilmente in ogni città dove viene presentato perché viene richiesta una partecipazione attiva di quel territorio e dei bambini che hanno provato l’esperienza terribile della migrazione - magari un viaggio in mare non accompagnati - dell’esclusione e della non accoglienza.

Questo rende ogni rappresentazione unica e legata al tessuto sociale e democratico del territorio ospitante trasformando Franchir la nuit in un progetto che non si limita all’ora di rappresentazione in teatro ma comprende “un prima” e “un dopo” spettacolo molto più importante: dal rapporto con gli educatori a quello con le famiglie, con i minori stessi, con psicologici di sostegno, a volte necessari. Mette in campo intersezioni culturali, convergenze e differenze, e a volte gravi traumi. Per me essere artista significa questo oggi: mettersi in una condizione di attenzione e sensibilità verso le persone. Questo è il mio lavoro».

Sul palcoscenico ricoperto da una massa d’acqua di una quindicina di centimetri, illuminato da luci che trascolorano dal tramonto all’oscurità, vediamo in “Franchir la nuit” corpi attraversare lo spazio, incrociarsi, assemblarsi, fermarsi in un’immobilità dolorosa. Una dozzina di tableaux in cui si evocano la violenza, i ricordi, la speranza, la paura, il mutuo soccorso, i giochi, ma anche la morte. Con la raffinatezza che caratterizza lo stile di Ouramdane, e con l’ausilio delle immagini video di Mehdi Meddaci, il coreografo pone domande allo spettatore. Non manca anche il messaggio di speranza per una vita migliore a condizione – sembra dirci Ouramdane – di evitare i pericoli. Tante immagini televisive di naufragi tornano alla mente come quella iconica del piccolo Aylan Kurdi, il bambino siriano di 3 anni arenato su una spiaggia turca qualche anno fa, che ha fatto il giro del mondo. Il canto live di matrice africana, europea e orientale di Deborah Lennie-Bisson arricchisce lo spettacolo con una parallela migrazione vocal-culturale.

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