Gli intellettuali tirolesi sedotti dal nazismo
Bolzano, stasera lo storico Steurer commenta il film “Standschütze Bruggler” «Bossi Fedrigotti e Trenker si battevano per affermare il pangermanismo»
di Carlo Bertorelle
Questa sera l'Alpenverein sudtirolese con Mountainspirit ha organizzato (ore 20 presso il Filmclub di Bolzano) la proiezione di un film sulla Prima Guerra Mondiale, come prima iniziativa con cui l' associazione alpinistica celebrerà il centenario. Di cosa si tratta? “Standschütze Bruggler” (regia di Werner Klinger) è un film in tedesco del 1936, girato in Germania, che racconta la vicenda dello studente tirolese di teologia Toni Bruggler che, benché esonerato dal servizio militare, parte volontario in guerra con i Kaiserjäger austriaci contro l'Italia. Gravemente ferito e ricoverato in ospedale, è sempre più animato da forti sentimenti nazionali, al punto di richiedere il ritorno al fronte e incoraggiare allo scontro con fervore e slancio marziale i commilitoni, ottenendone anche onorificenze al valor militare.
L’impeto ideale contro il nemico italiano è esaltato nel film che, non a caso, dopo la liberazione, fu proibito dalle autorità alleate, che ravvisarono in esso una propaganda nazionalsocialista. L’ideale profondo che anima il giovane Bruggler non è infatti la difesa dei confini della patria asburgica o del Tirolo dall’avversario rappresentato dall’Italia e dalle forze dell'Intesa, ma un’idea di superiorità ariana e di esaltazione dell'anima tedesca che lo avvicina già, ante litteram, alla ideologia del “Mein Kampf”.
Il film del 1936, quindi in piena epoca nazista, rilegge la vicenda della Prima Guerra e la vita di trincea sulle Alpi con gli occhi del Terzo Reich e fa di quella vicenda un’ anticipazione del sogno nazista ben più totale, la conquista cioè dello spazio vitale per la razza superiore e la soppressione pura e semplice o l’asservimento degli altri popoli.
La evidente falsificazione storica, che mescola intenti propagandistici a toni talora romantici e sentimentali, e rendono il film del tutto datato, non impedirono il successo del film e nulla tolgono all' importanza di quest’opera come documento di un’epoca precisa e di una ideologia, in particolare l’adesione al nazismo in salsa tirolese e sudtirolese. Infatti il film fu tratto da un libro il cui autore è quel conte Anton Bossi Fedrigotti che, membro del ramo “tedesco” dell'importante famiglia nobiliare dei Bossi Fedrigotti (originaria di Ala e Rovereto), fu giornalista e scrittore di romanzi di guerra, attivo propagandista tra Vienna e Berlino in epoca nazista, ben introdotto nei ministeri del regime e addirittura responsabile della politica culturale nella provincia dell’Alpenvorland annessa al Reich sotto il famigerato Gauleiter Franz Hofer.
Ecco quindi che il Bossi Fedrigotti può a buon diritto considerarsi una delle figure centrali dell'opera di elaborazione e di adesione al nazismo da parte del mondo tirolese.
Sulla sua figura e sulla continuità, anche dopo il 1945, di questa e di altre presenze in area tirolese, austriaca e bavarese hanno gettato una luce storica Gerald Steinacher e Leopold Steurer in un saggio pubblicato tre anni fa in un importante volume di Raetia editore sulle conseguenze in Alto Adige delle opzioni e della seconda guerra mondiale. E l’Alpenverein ha chiesto proprio a Steurer, per la serata di oggi al Filmclub, di introdurre e di inquadrare storicamente il senso del film e del libro di Bossi Fedrigotti. Ma chi era veramente il conte Bossi Fedrigotti? Lo chiediamo a Leopold Steurer.
«È stato un autorevole rappresentante di quella schiera di autori e intellettuali sudtirolesi che avevano aderito con impegno al nazismo, esprimendone negli scritti, nei film e in altre opere una piena e convinta adesione. Non bisogna dimenticare – continua Steurer – che il film fu promosso e finanziato direttamente dal ministero di Göbbels. Intento generale sia della propaganda di regime del Reich che degli intellettuali tirolesi filonazisti come Bossi Fedrigotti e come Luis Trenker era quello di andar oltre il “provincialismo” tirolese ed asburgico per una piena affermazione del pangermanesimo.
“Un anno di guerra mi ha trasformato in un vero uomo tedesco”, dice appunto il protagonista del libro e del film, che non a caso ha la sua conversione quando, nel corso dei combattimenti, vede la disgregazione e lo scollamento del fronte austroungarico per la presenza di troppe etnie poco motivate e l’arrivo in forze dei veri combattenti tedeschi dalla Baviera».
E dopo il 1945? «Ovviamente Bossi Fedrigotti e altri come lui – chiarisce Steurer - dovettero rimaneggiare le loro opere e dar loro una parvenza di presentabilità, ma la sostanza non cambiò. A Graz e a Norimberga gli intellettuali nostalgici si raccolsero attorno a due case editrici che hanno continuato a pubblicare questi libri, da allora ad oggi in circolazione con qualche successo, compresa la versione in dvd del film in questione. E questo ha alimentato la variegata galassia dei circoli dalle evidenti simpatie neonaziste e i vari gruppi “patriottici” che ebbero un ruolo determinante anche nelle azioni di terrorismo antiitaliano dagli anni Sessanta in poi. Bossi Fedrigotti continuò anche nel Dopoguerra, per una classica rimozione storica culturale e politica del passato nazista, a godere di relazioni e accesso come scrittore e commentatore politico, al punto che il Land tirolese nel 1990, poco prima della sua morte, lo onorò con una medaglia».
L’influenza e la continuità tra epoca nazionalsocialista e dopoguerra delle opere di Bossi Fedrigotti è quindi un dato accertato. Come anche l'uso distorto della memoria della Prima Guerra Mondiale, operato per un fine ideologico, da quel romanzo e da quel film.
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