Il Demone della Modernità Leo Putz e i suoi fratelli
Il pittore meranese protagonista di una grande mostra a Rovigo
di Fiorenzo Degasperi
Nel tardo Ottocento l’avanzare della Modernità, fatta di razionalità e scientismo, ha mostrato, come una inquietante e terrificante sirena melodiosa, il suo vero volto e l’incapacità nel risolvere i problemi del mondo. Mentre l’Europa s’incamminava verso la catastrofe delle guerre mondiali, si aprono porte inusuali sulla realtà. Per primi gli artisti s’accorgono delle maschere che inutilmente vengono innalzate per nascondere i fallimenti del pensiero moderno. Contrappongono alla sterilità del verismo e dell’oggettivismo una pittura visionaria fatta di forti emozioni, vitalismi sfrenati e ambigui eterei straniamenti, incubi e sogni. Sono queste opere forse l’altra faccia, come direbbe Alfred Kubin, della modernità? Oppure è il demone della modernità che è stato risvegliato? Sta di fatto che questa irruzione di una modernità inquieta e tempestosa, prefiguratrice di morte non meno che sfrenata celebratrice di un vitalismo tutto proteso verso nuove conquiste e nuovi miti, viene messa in scena da una moltitudine di artisti che si rifanno ai canoni simbolisti e che provengo dal melanconico e catastrofico mondo nordico: il luciferino Franz von Stuck, Paul Klee, Max Klinger, Felicien Rops, Gustav Moreau, Odillon Redon, Wilhelm Diefenbach, Sascha Schneider, Oskar Zwintscher, ecc., gli italiani De Maria, Cadorin, Sacchi, Martini e molti altri.
Tutti questi artisti sono stati chiamati in causa da Giandomenico Romanelli ed esposti negli spazi di Palazzo Roverella (Rovigo) fino al 14 giugno sotto il titolo “Il Demone della Modernità” ovvero Pittori visionari all’alba del secolo breve.
Ci si aggira tra Edipo e Sfingi, tra Arpie e ragni, tra vampiri, fantasmi, Salomè ingorde di sangue, Luciferi inquietanti, troll ed Orchi e l’immancabile Pan ingordo di piacere, esseri conturbanti che sembrano uscire dai pensieri notturni di Lovecraft. E su tutti spicca il meranese Leo Putz con le sue lumachine maliziose, nude, in riva al mare, apparentemente indifese, eroticamente invitanti. Un’opera ambigua, una contaminazione tra natura umana e quella spumosa marina da cui nacque la bellissima Venere. In alto a sinistra un essere oscuro, il Desiderio, il Sesso, sfiora delicatamente il piede della lumachina. Il piacere, l’erotismo: è una delle tante porte che si aprono sulle profondità della psiche umana. Una profondità che la scientificità di Freud ha tentato di spiegare. Leo Putz, come tutti gli altri artisti, va ben oltre ogni dimensione scientifica dell’animo umano per portare alla superficie l’io più profondo, più puro e allo stesso tempo più nero, fatto di sangue, spirito, materia e speranza. Una bella mostra che riporta l’arte al centro di un dibattito sulla modernità ancora tutto aperto e che l’arte contingente non sa affrontare. Leo Putz si trasferisce a Monaco di Baviera all’età di 16 anni contro la volontà del padre per seguire le sue prime lezioni di disegno sotto la guida del fratellastro, il Professor Robert Poetzelberger.
Ma torniamo sulla figura di Putz, nato nel 1869 a Merano. Frequenta l’Accademia di Monaco e dal 1981 al 1982 l’Académie Julian di Parigi sotto la guida dei Professori Adolphe Bouguereau e Benjamin Constant. La Secessione di Monaco, fondata nel 1892, influenza notevolmente Leo Putz, che ogni anno partecipa alle loro mostre. Nel 1899 dall’atelier di Höcker nasce il gruppo di artisti "Scholle" di cui fa parte anche lui. Un nuovo metodo pittorico che lascia intravedere l’influenza di Wilhelm Trübner, si oppone allo stile accademico predominante ed allo storicismo dell’epoca. Il tema principale delle opere artistiche è l’essere umano, soprattutto la figura femminile. Nel 1929 fa il primo viaggio oltreoceano e si reca a San Paolo del Brasile. Leo Putz trascorre gli anni successivi con la sua famiglia in Sudamerica, fa dei lunghi viaggi a Buenos Aires ed a Bahia nella foresta vergine. Il pittore ritorna a Gauting con la sua famiglia nel 1933. Le sue opere vengono esposte in una grande mostra organizzata dall’Associazione degli artisti di Monaco. Tuttavia, per sfuggire ai nazisti, nel 1936 Leo Putz si vede costretto a fuggire a Merano, la sua città natale. Nel 1937 gli viene proibito di lavorare e nel 1938 il Partito Nazionalsocialista Tedesco scioglie la Secessione e tutti i gruppi di artisti di Monaco. Leo Putz muore in esilio il 21 luglio 1940 a Merano e viene sepolto nel cimitero di Gauting.