la lettera aperta 

Il grande sforzo di noi insegnanti 

In questi mesi ci siamo trovati di fronte ad una sfida che ci ha chiamati a rispondere in tempi rapidi a diverse emergenze e su molteplici fronti. In primis la tutela della nostra salute e quella dei...



In questi mesi ci siamo trovati di fronte ad una sfida che ci ha chiamati a rispondere in tempi rapidi a diverse emergenze e su molteplici fronti. In primis la tutela della nostra salute e quella dei nostri alunni. Con la chiusura della scuola siamo stati impegnati nell’organizzare in tempi brevi, un piano didattico efficace e funzionale, per garantire il diritto allo studio e il sostegno necessario ai nostri alunni. Per quanto tempo e con quali prospettive? Una navigazione a vista.

Ma non ci siamo persi d’animo. In pochi giorni abbiamo attivato canali prima lasciati nell’ambito della nostra privacy. Abbiamo affidato ad alunni e genitori i nostri contatti, le nostre mail per comunicare e poterci sentire e scrivere. Abbiamo passato molte ore al giorno davanti ai Pc di casa per imparare a far funzionare piattaforme e canali digitali per la didattica e le videolezioni. Ci siamo chiusi in una stanza a registrare con strumenti non sempre adeguati, lezioni, letture, spiegazioni. Le nostre cucine e i nostri soggiorni si sono trasformati in set cinematografici, in uffici per videoconferenze, in aule piene di libri e materiali utilizzati per la didattica. Ogni lezione, ogni step del nostro curricolo, andava pensato in modo nuovo, strutturato, valutato e senza il vantaggio della presenza, senza la dinamica di una lezione vera in classe, dove tutto si vede negli sguardi, si sente nelle parole e si vive nelle emozioni. In breve tempo ci siamo autoformati e anche grazie all’attivazione di un corso di formazione del nostro istituto, abbiamo imparato che la didattica digitale, pur con i suoi limiti, offre una svariata gamma di programmi, canali e risorse finora quasi mai utilizzati se non nelle ore di informatica a scuola. Ci siamo consumati per fare meglio, per perfezionarci. Certo alcuni di noi oltre ad essere insegnanti sono anche padri o madri e spesso il lavoro si è dovuto alternare con l’essere genitori al fianco dei propri figli/alunni e magari dovendo dividere i supporti digitali in fasce orarie limitate, lasciandoci spesso il lavoro di notte. Non si contano le ore di una giornata in didattica a distanza perché non c’è un orario come quando si è in servizio. Si è sempre connessi per tutto il giorno. Abbiamo cercato di non lasciare nessuno indietro, nessun bambino da solo. Abbiamo telefonato alle famiglie dei nostri alunni se serviva, fatto videolezioni individualizzate, scritto mail e a volte insistito affinché nessuno dei nostri si perdesse. La didattica è anche un lavoro di team in cui il contributo di ogni insegnante è stato fondamentale per poter sostenere ogni singolo alunno e per poter riprogrammare il loro percorso scolastico. L’idea che gli insegnanti siano a casa da marzo pagati e senza fare niente ci ha ferito moltissimo perché ha sminuito e delegittimato, non solo il nostro impegno professionale, ma anche quello dei nostri piccoli alunni che insieme ai genitori si sono sforzati e applicati ogni giorno, per non perdersi, per non rinunciare alla formazione che è un loro diritto oltre che dovere. Certo, non sono mancati i momenti di tensione e qualche perplessità, ma con le famiglie è nato un nuovo e più forte dialogo educativo. I genitori hanno dimostrato un forte sostegno per quanto realizzato. Lo hanno fatto non senza difficoltà e insieme ai loro figli che sono stati forse i migliori in tutto questo caos. Ora le famiglie avrebbero bisogno di un aiuto concreto e siamo contenti se l’intero mondo della scuola riuscirà ad attivare un servizio di emergenza e la scuola continuerà il suo impegno in un altro servizio di emergenza: la didattica a distanza. Non ci è piaciuto essere stati gettati in pasto all’opinione pubblica in un momento come questo in cui la società soffre e si dispera per la grave situazione economica e sanitaria che colpisce tutti. Non ci è piaciuta la strumentalizzazione e la divisione politica che ne è derivata perché noi vorremmo una scuola unita, che dialoghi e che metta insieme le forze, le idee, le energie e che apra una visione nuova della società in tempi che la vogliono divisa e spaventata.

(Un gruppo di insegnanti delle scuole primarie

di San Giacomo, Vadena e Pineta di Laives)















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