«L’Europa senza visione non può gestire le crisi» 

L’intervista. Il giornalista e sceneggiatore Andrea Purgatori sarà ospite domani a Comano Al centro dell’incontro il suo libro “Quattro Piccole Ostriche”, ma anche i temi internazionali


Fausta Slanzi


Trento. Una trentesima edizione quella di Trentino d’Autore a Comano, partita col botto: il 7 agosto ad inaugurare il trentennale di una rassegna letteraria imitata da molti, c’era il presidente Enrico Letta. Si prosegue oggi con Luca Mercalli, mentre domani, 13 agosto, alle ore 17, a Palazzo delle Terme, l’ospite sarà il giornalista e sceneggiatore Andrea Purgatori ed il suo “Quattro Piccole Ostriche”, ed. HarperCollins, con la moderazione del direttore di Alto Adige e L’Adige Alberto Faustini.

«La caduta del Muro di Berlino ha segnato la fine di un’epoca di contrapposizione tra i due blocchi. Ma la Guerra Fredda non è mai finita. E lo spionaggio rimane uno dei pilastri su cui le superpotenze e tutti gli stati fondano il proprio potere. La caccia ai segreti è il vero oro strategico ad ogni latitudine e le spie sono i cacciatori di questa ricchezza», così Andrea Purgatori a proposito del suo libro “Quattro piccole ostriche”, che rappresenta anche il suo esordio sulla scena del romanzo. «Scoprire le loro vite - continua Purgatori - significa raccontare una zona grigia che immaginiamo senza davvero conoscerla. Ma le spie sono anche donne e uomini come tutti noi, con l’eccezione che talvolta devono o dovrebbero rinunciare ai sentimenti in nome di un disegno superiore. Quando questo non accade, anche il progetto segreto più ambizioso può saltare. E avendo frequentato spie di ogni genere, ho deciso di metterle in scena proprio nelle loro debolezze o nella loro testardaggine. “Quattro piccole ostriche” è una storia di identità cancellate, tradimenti e riscatto. Il tutto intorno alla folle idea che la mente umana possa essere condizionata dall’ipnosi. Un’ossessione che il blocco orientale coltivò a lungo, così come a occidente c’era la convinzione che a proteggerci bastasse la tecnologia. La fine dell’impero sovietico e l’attacco alle Torri gemelle hanno provato che nessuna delle due opzioni aveva un senso».

Il 1980 per l’Italia fu un annus horribilis: strage di Bologna del 2 agosto e il 27 giugno quella di Ustica a cui lei si dedicò con tanta professionalità e passione da costituire lo sprone per le inchieste. Per entrambe le stragi sono ancora molti i misteri. Che ne pensa a distanza di 40 anni?

È vero, questo nostro paese è segnato da misteri e ferite profonde. Tuttavia, dire che non conosciamo mai la verità non è corretto. Ormai sappiamo molto o quasi tutto di delitti e stragi, diciamo che abbiamo una fotografia completa al novanta per cento di ciò che accadde nel 1980 tra Ustica, Bologna e i morti di terrorismo e di mafia. Ci manca l’ultimo miglio, ma lo scenario è chiaro, ricostruito, così come le responsabilità. Per avere anche quel dieci per cento che manca occorre solo che lo Stato faccia lo Stato, senza nascondersi dietro l’alibi della magistratura che può arrivare fino a un certo punto e certamente non oltre i confini nazionali. Fino a quando non avremo coperto quell’ultimo miglio e avremo fatto i conti col nostro passato, la nostra democrazia non potrà dirsi compiuta.

Che tempo stiamo vivendo, secondo lei? Che equilibri ci sono in Europa?

Siamo immersi in una stagione di individualismo sfrenato, a cui non si sottraggono nemmeno gli Stati. Basta vedere di fronte a quali difficoltà si trova l’Europa quando ricerca una comune visione sul piano della politica internazionale e della solidarietà interna all’Unione. Non c’è visione, ma solo la ricerca del risultato nel breve termine. E questo la dice lunga sullo spessore della classe dirigente europea.

Come legge quanto è accaduto e sta accadendo a Beirut? Quello che è davvero accaduto in Libano non lo sapremo forse mai. Ma ne pagheremo le conseguenze e sarà soprattutto il Medio Oriente a farne le spese. Quel Paese è sempre stato l’innesco di guerre che hanno incendiato tutta l’area. Un Libano instabile è una bomba a orologeria. Ce ne dimentichiamo, ma da più di dieci anni abbiamo un contingente di oltre mille uomini in quel paese che garantisce una relativa stabilità. E ci dimentichiamo anche che nel 1984 partecipammo con un altro contingente ad una coalizione che doveva pacificare il Libano. Immaginare cosa potrà accadere di qui a qualche mese è impossibile. Ma la situazione attuale dovrebbe preoccuparci. L’Italia è il centro del Mediterraneo, è non solo geograficamente.













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