L’indagine interiore vive su ceramiche  e rivestimenti murali 

La mostra. Décoration de Luxe di Dana Widawski fino a marzo alla galleria Antonella Cattani Il linguaggio simbolico associato a sistemi di pensiero e impressioni emotive domina le opere L’artista: «Cerco di cogliere le immagini nella mia mente e visualizzarle poi in quel che faccio»


Corinna Conci


Bolzano. La mostra Décoration de Luxe, prima personale in Italia di Dana Widawski (1973) è visitabile fino a marzo 2021 negli spazi della galleria Antonella Cattani (Via Catinaccio 1/a, Bolzano - aperta da martedì a venerdì 10.00-12.00/ 15.30-19.00 e sabato 10.00-12.00). L’esposizione si offre come un percorso tra passato e presente, alla scoperta di messaggi che l’artista ha inteso celare in ciascuna delle 15 opere presenti. Una qualità artigianale che sembra servire i valori di epoche culturali passate costituisce il lavoro di Widawski: utilizzando materiali quali ceramiche e rivestimenti murali dall’impronta ornamentale, l’artista si muove su contrasti concettuali che indagano il sé, la sessualità, l’etica da una prospettiva fresca e leggera, rinnovandone i contenuti. Nucleo fondante del suo lavoro è un linguaggio simbolico relativo a varie epoche storiche, associato a sistemi di pensiero e impressioni emotive.

Da dove nasce questo suo approccio all’arte?

È piuttosto un’impresa lavorare simbolicamente come artista, soprattutto quando il significato o il contenuto dei simboli codificati negli schemi richiede una certa conoscenza storico-artistica. Anche io mi trovo di fronte alle opere di Hieronymus Bosch come un’analfabeta e desidero, come accade con gli emoji in un messaggio WhatsApp, di poter decifrare i suoi messaggi nascosti. Eppure siamo di fronte alle sue opere come bambini davanti a un albero di Natale. È importante per me cogliere le immagini nella mia mente, le mie visioni, i miei pensieri, le mie storie e visualizzarle nel mio lavoro: questo mi rende un bambino stupito, ecco perché faccio arte. Quando poi il mio lavoro è esposto in una mostra, devo e posso solo rinunciare al controllo sui miei pensieri visualizzati. È sufficiente essere riusciti a evocare un sorriso, lì e allora il mio lavoro è finito.

Gli ornamenti di William Morris dipinti a stencil sulla tela, comunicano la sua vicinanza al movimento Arts & Crafts: cosa rappresenta nel suo lavoro?

All’inizio dell’industrializzazione, l’acquisizione della creatività umana da parte delle macchine, come avviene oggi nella digitalizzazione con la disumanizzazione della società attraverso l’intelligenza artificiale, si esprimeva in discorsi filosofici. Caos, paura e instabilità sono i dolori del parto di ogni nuova era. Morris e altri visionari trovarono sostegno in un’utopia sociale socialista/ umanista. Data l’incontrollabilità dell'intelligenza artificiale, le idee odierne per il futuro sono più arretrate o oscuramente distopiche. Formalmente, esteticamente, ma anche in termini di qualità artigianale, mi sembra di servire il desiderio di costanza e valori di epoche culturali passate, come ne è un esempio il Palazzo Hohenzollern di recente costruzione nel centro di Berlino. Mentre il movimento Arts & Crafts ha trovato nuovi contenuti e valori nel suo eclettismo, nell’arte gotica, rinascimentale e giapponese, ironizzo in modo subliminale il desiderio di permanenza e non esito ad affrontare gli stereotipi kitsch, scoprendo assurdità e giocando con i contrasti. Detto questo, come Morris, piango per la futura morte dell'artigianato umano. Una visita al Kunstgewerbemuseum non è per me possibile senza una scatola di fazzoletti.

Implicazioni sociali ed immagini del sé sono i temi che emergono dalle sue opere. Cosa la attrae di questi argomenti?

Uso come modello il mio corpo, per impazienza e convenienza. Non sono autoritratti in senso classico, ma piuttosto riflessioni artistiche sulla società in cui vivo. Per ragioni di lungimiranza, non per superiorità, vengo ripetutamente spinta verso una sorta di immaginario alto, dal quale posso guardare l'umanità e me stessa, come una serie su Netflix. La vita, che mi dota di umorismo e talento artistico, mi permette di elaborare ciò che vedo da lì. Uso il mio fucile solo come mirino e non mi permetto di svolgere il ruolo di giudice, ma cerco di formulare domande con la mia arte per generare chiarimenti.

Un corpo nudo senza volto che richiama le sembianze della Venere di Botticelli tiene in braccio un piccolo uomo con la testa di gallo. Una provocazione per questo periodo storico di depersonalizzazione del corpo femminile che gestisce l’uomo narcisista?

Non c’è da stupirsi che solo la "semplice decorazione" di questo lavoro sia vista dalla prospettiva di questi tempi fatti di conflitti sessuali accesi. Rovistando nei miti greci degli dei si scopre che Venere o Afrodite, non solo belle e seducenti, ma anche innamorate di se stesse, non tollererebbero nessun’altra donna accanto a lei. Non è stato permesso nemmeno al figlio Cupido di amare la bella Psiche. Allo stesso modo succedeva che la cattiva matrigna nella fiaba dei Grimm "Biancaneve" si preoccupava invano per la distruzione della sua concorrente, la bellezza più giovane. Botticelli conosceva il lato negativo criptico della sua bellezza o ha dipinto di proposito solo il suo aspetto esteriore? Chi vuole vedere "Il ritratto di Dorian Gray"? Così ho tolto il suo bel viso e l'ho lasciata con un soffice uomo controllato dal testosterone che è mutato in un piccolo gallo minuscolo. Nella loro relazione l'uno con l'altro, hanno bisogno l'uno dell'altro solo per la loro proiezione narcisistica. Una bella coppia, credo.













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