«La “mia” musica tra Morricone e i Pink Floyd» 

Intervista a Roberto Molinelli. Il direttore d’orchestra che guida il mini-tour degli Archi dell’Orchestra Haydn racconta come è nato lo spettacolo che questa sera (alle ore 20.30) sarà alle Semirurali di Bolzano: «È un vero e proprio tributo alla musica italiana»


Daniela Mimmi


Bolzano. Lo scorso anno aveva messo insieme Re Enrico VIII e i Rolling Stones, Edward Elgar e i Beatles, William Walton, Benjamin Britten e Andrew Lloyd Webber. Quest’anno, per la sua ormai quasi tradizionale tournée estiva insieme all’Orchestra Haydn, Roberto Molinelli inanella Ennio Morricone, le melodie delle opere liriche che hanno reso la nostra musica famosa nel mondo e la suite The Wall dei Pink Floyd. Il tour ha toccato Cavalese, Caldonazzo, Merano, Brunico, Dobbiaco e si conclude con due date: a Bolzano, questa sera alle Semirurali con inizio alle ore 20.30 e quindi a Pergine Valsugana domani, 8 agosto.

Direttore d’orchestra, compositore e violista, Roberto Molinelli, tra le altre cose, ha diretto Enrico Montesano in una serie di concerti per rendere omaggio a Armando Trovajoli, riscrivendo per orchestra sinfonica molti dei lavori composti per il cinema e per il teatro. Per Ravello Festival 2015 ha composto le musiche del Cunto di Tristano, ha diretto il concerto di José Carreras a Matera e successivamente lo ha diretto a Dubai e a Istanbul. Ha collaborato con Alexia, Lucio Dalla, Belinda Davids, Tony Hadley, Mario Lavezzi, Enrico Ruggeri e Antonella Ruggiero, e ha composto musiche per il cinema e la televisione. Ha orchestrato alcuni dei più importanti successi internazionali di Andrea Bocelli e ha arrangiato e diretto l’Orchestra RAI del Festival di Sanremo nelle edizioni 2005 e 2009. Lo abbiamo intervistato partendo proprio dalla scelta del programma.

«Inizialmente il concerto prevedeva solo le arie delle opere italiane e la suite The Wall, poi abbiamo aggiunto un doveroso tributo a Morricone perché è stato il più famoso e tributato compositore italiano della nostra contemporaneità, in tutto il mondo. In pochissimi hanno saputo creare veramente tanto, tantissimo, forse tutto in musica, affrontando e rendendo originale ogni genere musicale, cesellando melodie intramontabili vestite con un suono inconfondibile, frutto dell'assoluta maestria e raffinatezza nell'arte dell'orchestrazione. Alla fine il concerto è diventato un tributo alla musica italiana, perché anche The Wall rientra in questa tradizione».

In che senso?

Si tratta di un concept album, di un’opera, del racconto di una storia. Come nell’opera lirica che narra una storia, un susseguirsi di eventi che la musica è solita descrivere come un'ideale colonna sonora, lo stesso obiettivo era stato perseguito dai Pink Floyd, fin dai loro esordi, attraverso la produzione di “concept albums”, cioè di lavori discografici a concetto, che ruotavano attorno ad un unico tema, dove le canzoni, nel loro insieme, contribuivano a rendere significativo un racconto condiviso. Questa particolare attitudine della band londinese, così vicina al mondo emozionale del melodramma, mi ha spinto a proporre al pubblico il programma di questo concerto: due universi, una sola vicenda e due modi diversi per raccontarla, con percorsi musicali in stili contrastanti, ma entrambi con il fine comune di far immergere il pubblico all'interno delle vicende narrate, attraverso la perfetta simbiosi tra musica e parola. Fino ad arrivare al punto in cui la musica riesce a parlare essa stessa, e a pennellare paesaggi emozionali anche senza l'ausilio della parola cantata. C’è anche un’altra particolarità che li unisce: inserire un pezzo, un’aria, una canzone, all’ultimo momento. Lo hanno fatto i Pink Floyd in The Wall e lo ha fatto Pietro Mascagni per la Cavalleria Rusticana. L’ultima sera prima di andare in scena.

A lei piacciono molto i Pink Floyd, vero?

Sì, anche se, o forse perché, dal punto di vista armonico sono molto più semplici, ad esempio, dei Queen. Mi sono sempre piaciuti, anche quando ero piccolo e non capivo i testi. Sanno emozionare, al di là di quello che raccontano. Ho diretto una quarantina di concerti di musica rock e a quelli dei Pink Floyd il pubblico andava dai 15 ai 75 anni. The Wall è il concept album che ha venduto più copie al mondo.

È stato complicato fare gli arrangiamenti per la sola sezione archi?

Certo che, soprattutto nel pezzo dei Pink Floyd mancano i fiati, gli ottoni. Ma devo dire che il suono di questa orchestra ha un bello spessore, anche con i soli archi. Abbiamo fatto le prove in Auditorium, e sarà lo stesso anche all’aperto. Io sono come un sarto che confeziona un vestito in base alle misure che ha.

E le arie delle opere come le ha scelte?

Ho intitolato questa parte Italian Opera Promenade, perché è un viaggio musicale di circa 25 minuti attraverso le melodie più note di Verdi, Donizzetti, Rossini, Leoncavallo, Mascagli e che finisce con “Nessun dorma”.

La musica e i musicisti sono stati tra i più massacrati dall’epidemia. Com’è la situazione italiana rispetto al resto del mondo?

Adesso siamo messi meglio che in altri paesi. In Belgio sono vietati tutti i concerti fino alla fine dell’anno. Io ho il calendario pieno per tutta l’estate. Non saranno i concerti degli altri anni, ma qualcosa qui si riesce per fortuna a fare.

Come ne usciremo?

Io sono un ottimista, quindi penso che ne usciremo bene. Sicuramente qualcosa cambierà, impareremo a curare di più la nostra igiene, a evitare gli assembramenti. Eviteremo le esagerazioni delle spiagge affollate degli ultimi anni. Ne usciremo più maturi. E con la convinzione, provata, che l’online non può sostituire l’esperienza della musica live. La musica va respirata, insieme, deve esserci l’affiatamento...

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