«La paura non ci rende per nulla migliori»
Laura Pariani. La scrittrice vincitrice del Campiello oggi doveva essere essere a Bolzano «Il mio nuovo libro si chiama “Apriti mare”, guardo a quello che per tutti è un orizzonte di fuga»
Bolzano. Laura Pariani sta sul lago d’ Orta. È da un po’ che ha scelto di stare lì e in questi giorni riesce a vedere il monte Rosa già imbiancato. «Ecco - dice - questo è l’inverno che si annuncia...». E ne parla così perché pensa al virus che torna di nuovo e a come siamo diversi tutti noi ora che lo rivediamo: «L’altra volta, nella prima ondata, ci aspettava la primavera. Vedevamo il sole che splendeva, già ad aprile . E poi il caldo che sarebbe arrivato se mai tutto fosse finito. Invece adesso è un’ altra cosa. È come se la paura iniziasse dalla malinconia».
Eppure Laura Pariani le epidemie e queste chiusure le ha viste prima che accadessero. È una scrittrice che ha vinto un anno fa il premio Campiello, selezione letterati, col “Gioco di santa oca” ( La nave di Teseo editore) e prima ancora il Grinzane ma nel suo “Di ferro e d’acciaio” (NN) di qualche anno fa, aveva già descritto una città del nostro Nord, forse Milano, chissà, sotto il metallico controllo di “ingegneri sociali”, tetra e piena di polvere. Chiusa come in un lockdown. Se fosse arrivata oggi a Bolzano, all’Auditorium di via Dante, invitata dalla ripartizione cultura della Provincia e non ne fosse invece stata impedita all'ultimo istante, avrebbe forse raccontato anche del suo ultimo romanzo in cui c’è ancora di mezzo una pandemia. E delle donne, anzi, delle bambine, che alla fine salveranno loro e con loro probabilmente anche noi.
Ha già un titolo?
Sì, si chiamerà “Apriti mare”. Ho iniziato a pensarci due anni fa. Leggevo di quella ondata umana nel Mediterraneo così drammaticamente piena anche di bambini , di minori non accompagnati...
E parla di quello?
In realtà di un’altra ondata. È accaduta in Centro America quando si è messa in moto quella lunga catena umana per raggiungere gli Stati Uniti. Ecco, io ho immaginato che quel viaggio fosse condotto da delle bambine, che avrebbero attraversato guerre e soprattutto epidemie, per finalmente raggiungere la costa, la salvezza e il mare. L’ho in qualche modo riscritto poi, quando l’epidemia è realmente arrivata.
Come l’ha vissuta la prima ondata qui da noi?
Malino direi.
Eppure si pensa che per una scrittrice quella condizione di silenzio e solitudine sia il contesto ideale. Per scrivere, cioè...
Non è così. Molti pensano che essere costretti a una lunga pausa solitaria, in casa, aiuti a creare storie. E' il contrario. E' dal mondo, dai contatti umani che lo scrittore trae ispirazione. Se il mondo non c’è, resta difficile mettersi al tavolo e scrivere.
Ma lei scrive sola, no?
È naturale. Ma è una solitudine organizzata. Scelgo di stare sola, di concentrarmi. Ma avvertire che tutto intorno il mondo si chiude, che si è costretti a chiudersi tutti noi, procura solo paura. E la paura non è una buona consigliera. Ma immagino che sia un'esperienza che abbiamo fatto in molti.
Pensavamo fosse finita. E invece...
Invece adesso è quasi peggio. Magari non ancora per i contagi e per tutto il resto ma per quello che vediamo intorno. Ad aprile si andava verso l'estate. Ci dicevano che allora ne saremmo usciti. Si guardava il cielo sempre più azzurro, si avvertiva il tepore. Ora vedo la neve sulle Alpi e l’inverno in arrivo.
E dunque?
Ci aspettano giorni bui. Naturalmente per quello che accade. Ma il buio sarà anche reale, quotidiano. No, sarà peggio.
Ci dicevano che il virus ci avrebbe resi migliori.
Non credo che la paura migliori. E noi avevamo e abbiamo paura.
E perché?
Lo noto negli occhi della gente. Se uno tossisce è subito guardato male. Il vicino è visto come possibile untore, guardato sempre con sospetto.
Ma allora se non lo ha fatto la paura, cosa potrebbe renderci migliori vivendo queste esperienze?
La responsabilità che possiamo elaborare. E direi ancor di più la solidarietà. Potremo passare dall'avere paura solo per noi stessi a provarla anche per gli altri. Ecco, il sentirsi tutti dentro lo stesso pericolo riuscirà alla fine a migliorarci? Lo spero. Sapere che anche gli altri rischiano. magari per un nostro comportamento ci aiuterà ad arrivarci.
Il suo nuovo libro quando uscirà?
Se non ci mette di mezzo ancora il Covid conto per la prossima primavera.
Perchè “Apriti mare”?
È l’orizzonte cui anela l’umanità in fuga dai pericoli. Almeno nel libro. Lì si scappa dalla guerra . Ma anche nel libro dall'epidemia. Tuttavia quest’ultima la si affronta. E la si combatte.
E alla fine?
Il mare arriva. Ma questa Anabasi vuole spiegare anche il senso dell'umana solidarietà. Saranno le donne, le bambine a insegnarcelo. A vincere il pericolo, il virus, provando a stare insieme, a raggiungere il mare insieme. Anche convivendo con la paura.