Le “frasi” di Giorgio «Imparare dagli altri per capire la vita» 

Il nuovo libro di Dobrilla. Il professore ha raccolto e commentato oltre 150 tra citazioni, aforismi, massime e proverbi. Dalla malattia ai sentimenti, dalla politica alla filosofia, l’invito a usare il cervello e superare i pregiudizi. «La frase più bella sull’amore è di Alda Merini»


Luca Fregona


Bolzano. Giorgio Dobrilla a bordo campo con Nicola Pietrangeli dopo una partita. La foto è nello studio sulla colonna accanto alla scrivania. «Ho iniziato a giocare a tennis a Verona -dice il professore -. Prima non mi interessava, lo consideravo uno sport per ricchi viziati. Ma in Veneto mi sono reso conto che lì, il tennis, aveva una dimensione popolare. Intorno al policlinico c’erano trenta campi in terra battuta. Da ragazzo sono stato una promessa (mancata) della Triestina e del Padova, ma l’ambiente non mi piaceva anche se ho giocato con Maldini e l’allenatore era Nereo Rocco. Morale: ho lasciato il calcio per la racchetta. A tennis non ero un esempio di “bel stile”, ma avevo un gioco molto efficacie». Tanto da vincere un tot di campionati nazionali e mondiali dei medici, e di giocare una partita con Pietrangeli, il più forte tennista italiano di tutti i tempi. «Finì 6-0, 6-4. Per lui ovviamente». Il professor Dobrilla è un uomo ironico e generoso. Potresti stare ore ad ascoltarlo mentre parla dell’effetto placebo e dei vaccini, o della sua lunga e intensa vita. Nato e cresciuto a Trieste. Poi a Padova per laurearsi in medicina e farsi le ossa. Da Padova a Verona, aiuto primario, e infine, dal 1975 primario gastroenterologo a Bolzano. «Ma ho preteso il concorso nazionale - precisa - e che venisse fatto in Italia. Si tenne a Parma e molti altoatesini furono costretti a scendere in Emilia. Non avrei mai accettato il concorso regionale. Poi ti tengono per il collo. Per me l’indipendenza è un valore sacro». Sacro come l’amicizia, come l’empatia. Sacro come la devozione verso il paziente. Il suo ultimo libro, “Imparare dagli altri - Commento critico a frasi di tutti i tempi” (Gedi Editore, con la collaborazione di Alessandro Cimino), è una specie di manuale per affrontare la navigazione in mare aperto in tempi come questi, incerti e burrascosi. Il libro è diviso per capitoli, nove. Ogni capitolo affronta un argomento (la medicina e la salute, i sentimenti, la politica, la filosofia, la scienza, i pregiudizi, la fede...). Ogni pagina vive di vita propria, riporta un aforisma, un proverbio, una citazione (in tutto oltre 150), che Dobrilla commenta e ricuce con un filo rosso: l’ascolto, l’apertura mentale, la fame di conoscenza, l’empatia. E, sull’altro lato della medaglia, il rifiuto del pregiudizio, dell’intolleranza, della chiusura. È un po’ come i Ching, si apre a caso e si legge. Solo che qui non si trova l’oroscopo o la risposta a una domanda che ci angoscia. No, in queste pagine, in ogni pagina, c’è lo stimolo a pensare, a riflettere su di noi, sulla società, su quello che vorremmo essere e magari non riusciamo. Gli autori citati vanno da secoli prima di Cristo al nostro tempo. Pensatori, filosofi, medici, evangelisti, scrittori, poeti, scienziati. Uomini e donne. Da Einstein ad Alda Merini. Da Manzoni a Eleanor Roosevelt, passando per Goethe, Twain, Oriana Fallaci... Pescando da una biblioteca fittissima e in letture accumulate nel corso della vita. «È un’abitudine che ho sin da bambino - racconta -: quando leggo una frase che mi colpisce, la segno in un quaderno. A volte può essere anche una frase sentita in strada da uno sconosciuto, ma che in qualche nodo mi ha toccato. Ho preso i quaderni, ne ho selezionate alcune, e le ho commentate». In parte, il volume riprende scritti usciti nella rubrica “Asterisco” che tiene sul settimanale Monitor allegato ogni sabato all’Alto Adige. «In parte, invece, si tratta di materiale inedito». Come scrive il nostro direttore Alberto Faustini nella prefazione: «Una cosa è ricordare una citazione o citarla. Ben altra cosa è, come fa Dobrilla, offrirle un’altra possibilità, un’altra via, declinandola in un infinito presente e rendendola continuamente attuale».

Professore, iniziamo con il capitolo dedicato a “Medicina, Salute e malattie”, il punto centrale è l’empatia...

«Sì. Un medico può essere bravo finché vuole ma se non crea un rapporto fiduciario, di simpatia, di fiducia in cui il paziente creda davvero, esercita la professione in modo mediocre. Una delle frasi più nobili, più importanti, più belle è quella di Albert Schweitzer. Sulla targa del suo ambulatorio a Lambaréné in Gabon aveva scritto: “Qui a qualsiasi ora tu venga, troverai chiarimenti e aiuto e umana gentilezza”. Ora, è chiaro che non tutti possono essere Edmondo de Amicis, né tutti i medici possono essere Albert Schweitzer. Tanti medici anche bravi ma freddi, fanno però mancare al paziente un apporto fondamentale».

Altro aforisma: “I dottori non curano malattie, curano pazienti che hanno malattie”.

«È un altro concetto fondamentale, ribadito da molti nel corso dei secoli. Significa riconoscere che non esistono malattie ma esistono i malati. Perché la stessa malattia a seconda di chi è il paziente, dell’ambiente in cui vive, del ceto a cui appartiene, dell’apporto culturale che ha, può cambiare completamente. Sono anche le diseguaglianze sociali che determinano la possibilità o meno di curarsi o l’incidenza di certe patologie piuttosto di altre».

Lei bacchetta i colleghi “incapaci” di parlare al paziente.

La terza cosa più importante per un medico è saper ascoltare. Non bisogna mai dare la sensazione che il medico abbia la mano sulla maniglia della porta dell’ambulatorio, come dire: “smamma”...

Mark Twain: “Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo, mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”. Un riferimento ai no-Vax?

«È il mio aforisma preferito. Straordinariamente attuale. Viviamo nell’epoca delle bufale, veicolate, purtroppo, anche dalla televisione (che invece potrebbe essere un mezzo di divulgazione straordinario), e dall’uso distorto del web. Mi si rizzano i capelli che non ho, se penso che siamo ancora al punto di dover spiegare che i vaccini in generale sono stati uno dei più grandi progressi dell’umanità. Se poi su queste posizione, si trovano anche alcuni medici... Io il vaccino contro il Covid l’ho fatto, e sono ultra convinto e contento di averlo fatto.

Qual è invece la frase che più la rappresenta?

«Be’ dipende dagli ambiti. In ambito medico quella di Schweitzer. In ambito politico quella pronunciata da Alcide Degasperi alla Conferenza di Parigi il 10 agosto 1946.

“In questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”.

Sì. È la Politica con la P maiuscola. Degasperi rappresentava, incolpevole ma consapevole, una nazione ex nemica. Con umiltà, riuscì a farsi ascoltare da una platea ostile che non vedeva certo di buon occhio un Paese che era stato stretto alleato della Germania nazista».

Oggi di umiltà se ne vede poca.

«C’è arroganza, un bullismo trasversale che nasconde l’assoluta incapacità di ascoltare gli altri. Basta seguire un dibattito in televisione: tutti hanno la verità in tasca. Te la urlano in faccia come unica e indiscutibile».

Nel campo dei sentimenti, invece, qual è la sua citazione preferita ?

«Mi piacciano due personaggi che hanno detto delle cose per me fondamentali. La prima è Alda Merini: «Dare amicizia a chi vorrebbe amore, è come dare da mangiare a chi muore di sete».

Spietata.

«Diciamo che smonta certe ipocrisie. È un pensiero vero, sincero. Nessuna amicizia, per quanto grande, compenserà l’unico dei due che immaginava un grande amore. Il “grande amore” è davvero immensità indefinibile, impalpabile e senza limiti».

E il secondo?

Spiritoso, caustico come sempre, Roberto Gervaso: “Quando si ama anche la gassosa sa di champagne; quando non ci si ama più, anche lo champagne sa di gassosa”. Si pensa che i sentimenti possano rimanere totalizzanti anche senza curarli. Invece l’amore che ci lega ad un’altra persone va sempre rinnovato, coccolato, coltivato, ad ogni età».

L’invito a vivere intensamente è presente in tutto il libro...

«Certo. Vivi fino in fondo. Personalmente non ho mai fatto nulla che non sentissi di fare. Non dico di aver fatto sempre cose giuste, ma ho sempre deciso io. Da questo punto di vista, l’aforisma in cui mi riconosco di più è quello di Eleanor Roosevelt, la moglie anticonformista e bisessuale del presidente americano Franklin Delano Roosevelt. Una donna eccezionale, una femminista impegnata per i diritti civili. Recita così: “Fai ciò che nel tuo cuore senti che è giusto, tanto sarai criticato comunque, sarai condannato se tu lo fai e anche se tu non lo fai”. Se una passione o un ideale sono prepotenti e autentici, vanno vissuti senza temere il giudizio degli altri. Lei lo ha dimostrato con la sua vita: per raggiungere la sua amante faceva impazzire la Cia e l’Fbi. Ed è stata lei leggere all’Assemblea generale dell’Onu, il 10 dicembre 1946, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

I libro si può leggere anche come i Ching. Apri, trovi una frase, e in quella pagina c’è tutto.

«Il senso è quello: dare in ogni pagina uno spunto di riflessione. Göering diceva che tirava fuori la rivoltella se vedeva qualcuno leggere un libro. Le dittature bruciano i libri perché i libri insegnano a pensare, ad avere la mente libera. Leggere è vita. Goethe, Brecht ci invitano a non essere dogmatici. Ad avere anche l’umiltà di dire “non so”, di imparare, di aprirsi a orizzonti più vasti per conoscere il mondo. Una frase che mi piace citare spesso è quella di Umberto Eco. Dice così: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita. Chi legge, avrà vissuto 5000 anni perché la letteratura è un’immortalità all’indietro”. Chi legge si appropria di momenti esistenziali universali».

Molte anche le citazioni di Albert Einstein.

Un uomo eccezionale in vari campi. Quando - lapidario - dice: “È più facile disintegrare un atomo che demolire un pregiudizio”, punta al cuore del settarismo, del dogmatismo di chi non riesce a confrontarsi con le ragioni degli altri. È interessante come, con un altra ottica, Manzoni dica la stessa identica cosa: “La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell’uno”. La bellezza di questa frase è immortale.

Come vede il futuro?

«Col passare degli anni si tende a restare un po’ conservatori, invece il mondo va avanti lo stesso. Caratterialmente sarei un ottimista, ma non vedo molto bene il futuro. “Pensare” è diventato una rarità. C’è una grande influenza negativa della televisione. Rumiz, grande scrittore, triestino come me, dice che il silenzio non c’è più. Lui, ateo e anticlericale cita un monaco benedettino: “Per guardare all’acqua e all’aria come delle meraviglie, basterebbe un po’ di silenzio”. Purtroppo siamo immersi in un eccesso di rumori, di notizie, di promozioni, di banalità. La tv è sempre accesa, oppure stiamo sul telefonino. Anche quando mangiamo».

Il libro (12 euro) si può acquistare da Cappelli, e sugli store online Amazon, Feltrinelli, Isb. Ilmiolibro.

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