Lo shock pandemia, “Diario della Grande Reclusione”
Bolzano. La pandemia da Coronavirus e la relativa quarantena che ne è seguita, ha spostato le vite di tanti italiani sui social-network, dove molti hanno costruito una rete di relazioni virtuali o...
Bolzano. La pandemia da Coronavirus e la relativa quarantena che ne è seguita, ha spostato le vite di tanti italiani sui social-network, dove molti hanno costruito una rete di relazioni virtuali o hanno rafforzato quella che c’era già. Tra coloro che hanno cercato sui social, Facebook nel caso in questione, uno spazio di riflessione e di condivisione c’è stato Gabriele Di Luca, giornalista e insegnante a Bolzano . Di Luca per trenta giorni ha postato un decalogo quotidiano molto apprezzato che ora è diventato un libro dal titolo “E quindi uscimmo a riveder la gente. Diario della Grande Reclusione”, in libreria dal 15 maggio per Edizioni alpha beta Verlag. Con ogni probabilità si tratta del primo libro che racconta la pandemia e che esce proprio nel momento in cui affrontiamo la cosiddetta fase 2, ovvero un primo tentativo di ritornare alla normalità.
«Su ciò di cui non si può parlare, bisogna scrivere. O perlomeno, cominciare a scrivere», si chiude con questa frase che riadatta l’ultima proposizione del “Tractatus Logico-Philosophicus” di Wittgenstein («Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere») il prologo, rappresentando dunque una possibile chiave di lettura di quello che con tutta evidenza è un testo ibrido, una sorta di zibaldone. E Leopardi è sicuramente un autore a cui Di Luca si rifà più volte. Valgano questi riferimenti a dimostrare che il libro di cui stiamo parlando non è un instant-book, cioè un libro di occasione confezionato in tutta fretta per pure ragioni commerciali, ma un libro profondamente pensato e sentito, dove la speculazione intellettuale è continuamente riscaldata, per così dire, da una ricorrente tonalità affettiva e talvolta alleggerita dall’umorismo (che però in Alto Adige, lamenta Di Luca, spesso fa cilecca, «è come un pane che non riesce a lievitare»). Testo ibrido, dunque, in cui compare la curiosità del cronista che racconta quel poco che succede per le vie deserte di Bolzano, alla ricerca di ogni minima traccia di vita, fosse pure quella di Riccardo, il barbone che staziona sempre in via Bottai, oppure di Batajn, con la sua ossessione a compilare lunghe liste di libri. Ma c’è anche l’intelligenza del filosofo che analizza i fatti, consapevole che è attraverso il linguaggio che li rappresentiamo e diamo forma al mondo (ancora Wittgenstein: «Il mondo è ciò che accade»). Ma questo “Diario della Grande Reclusione” è anche un libro sugli affetti e sull’amicizia, perché ci dice quanto sia innaturale e causa di sofferenze la solitudine, e quanto, invece, è dagli altri e con gli altri che trae alimento la nostra vita, fatta di scambi e condivisioni. Perché se è vero che il mondo è ciò che accade, deve pur essere spinto e smosso dalla sua raggelata inerzia. «Bisogna ricucire le relazioni, recuperare gli affetti, raggiungere di nuovo le persone alle quali teniamo davvero e da lì provare a costruire qualcosa di bello», è l’insegnamento che Di Luca consegna al lettore.G.A.