Prende forma il nuovo Museion di van der Heide 

Arte contemporanea. Il direttore: «Non siamo solo la somma delle mostre che offriamo» La stagione espositiva verrà inaugurata a marzo con “Here to stay” che prenderà tre piani «Vogliamo rinnovare il contratto sociale che ci lega al territorio e alla nostra base civica»


Paolo Campostrini


Bolzano. Museion ha deciso di immaginarsi come una piazza. Dove la gente va e viene. Ma dove, soprattutto, sboccano tante vie . Possibilmente tutte quelle che innervano il territorio , inteso come comunità culturali e artistiche che ci vivono e lavorano. In sostanza: in tempi di Covid ( e di chiusure) Museion si apre. Lo fa provando ad intendere questa nuova rotta come una vera e propria rivoluzione istituzionale. Del tipo: prima c'era il Museion che faceva mostre e quasi solo quelle, adesso ci sarà il Museion che si ritaglia un ruolo attivo nel contesto. E che per prima cosa mette bene in vista le sue collezioni, le quali costituiscono quasi un “unicum” nel panorama museale contemporaneo italiano. Assemblate fin dai tempi eroici di Piero Siena attraverso i suoi infiniti contatti con arte e artisti, istituzioni e gallerie e di anno in anno rimpinguate. Dove si noterà, subito, questo cambio di passo? Dall’ingresso. Dal “passage”, quello spazio-atrio-corridoio-salotto che innesca le successive visite ai piani alti. Ebbene, indipendentemente dalle mostre in corso, il “passage” offrirà sempre qualcosa della propria collezione interna, facendola finalmente fuoriuscire e mostrando i suoi tesori. Si inizia, giusto per capirsi, ( dall’1 febbraio prossimo) con Matt Mullican. Straordinario californiano (nato a Santa Monica tra le follie colorate della costiera) è stato spesso al centro delle più prestigiose rassegne internazionali, partendo da Venezia. Di lui, il “passage” offrirà spunti spettacolari ed estesi: “102 Signs for a Museum fence” si chiama questa rassegna stanziale. «Inauguriamo così un nostro nuovo format complessivo», ha detto ieri Bart van der Heide, il nuovo direttore che, dopo il periodo di interregno con Letizia Ragaglia, mostra così il primo “segno” strutturato della sua presenza. La quale non investe solo le nuove mostre ma , come ha ribadito «una nuova visione istituzionale di Museion capace di ampliare il suo profilo ed essere così molto più delle sue stesse mostre». Intendendo, con questo , che si tratta di una rivoluzione copernicana a contrario. Non l’istituzione-sole che sta fissa al centro e gli altri pianeti artistici che ci girano intorno bussando e chiedendo di entrare nell’orbita. Ma Museion che ruota intorno agli altri elementi del territorio da cui trae spunti e offre spazi di manovra. Ecco il “ruolo attivo” rivendicato van der Heide. Che prova a scuotere Museion da una centralità che, spesso in passato, era stata interpretata come fissità. E chiusura. Almeno apparente. Resta la centralità, ma diventa condivisa quanto più possibile. Questa flessibilità interno-esterno non avrà come unica novità, naturalmente, il solo “passage”. Ad esempio: è stato deciso di avviare un nuovo format anche per il “Museum Bulletin”. L’organo di informazione e aggiornamento che, finora, metteva al corrente dei programmi passati e futuri dell'istituzione ma che, da ora in avanti diventerà una tribuna anche per le comunità artistiche della regione. Facendosi pure piattaforma online trilingue in grado di offrire spazi di dibattito collettivo. Questo, per quanto riguarda il ruolo istituzionale e dunque la struttura portante che proverà a reggere le offensive dei tempi nuovi, anche in termini di sostenibilità finanziaria, visti i chiari di luna che irraggiano in negativo i prossimi bilanci provinciali. Poi ci sono i programmi 2021. Che si avviano presto, già nel marzo del prossimo anno, con “Here to stay” (qui per restare) una mostra collettiva che interesserà tutti e tre i piani del Museion. Una rassegna bifronte: che guarda da un lato l’ identità stessa delle collezioni interne e, dall'altro «intende rinnovare il patto sociale tra pubblico e privato, alla base dell’assetto istituzionale stesso». Facendo così leva proprio sulle collezioni private. “Her to stay” punta proprio a indicare e anche a garantire quanto più possibile la sostenibilità futura del museo. La mostra identifica, infatti, due particolari aree della collezione Museion: da lato una generazione internazionale di opere d’arte prodotte tra il 2000 e il 2010 (“The Noughties”) e dall’altro opere di poesia visiva di artisti e artiste concettuali degli anni Sessanta e Settanta. La mostra si propone come un ponte storico tra le posizioni concettuali di questi due momenti. Personalità come Berty Skuber (Fiè allo Sciliar, 1941) e Franco Vaccari (Modena, 1936) sono individuate come figure chiave e saranno approfondite all’interno della mostra. La Collezione Museion viene così inserita nel panorama museale nazionale a livello storico-artistico e collezionistico. Poi, a seguire (da aprile ad agosto 2021) la personale “Mirror Language” dedicata a Jimmy Robert, giovane artista nato a Guadalupe. Una rassegna che si collegherà alla collezione Museion, in particolare al nucleo dedicato ad arte e linguaggio. Robert utilizza infatti formati come la performance e la danza, aprendosi a nuove prospettive politicizzate. La sua attenzione va infatti a chi, nella storia, non ha avuto voce, una voce che egli “restituisce” attraverso atti intimi di cura, gesti astratti e di appropriazione. La mostra è la prima retrospettiva in Europa sull’artista ed è organizzata in collaborazione con Nottingham Contemporary (Regno Unito) e CRAC Occitanie di Sète (Francia). Per la personale a Museion, Robert svilupperà un progetto espositivo site specific. Comunque sia, la mostra realizzata in collaborazione con importanti partner europei, conferma l’attitudine bolzanina di lanciare artisti emergenti.















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