Quattro passi nelle miserie umane in stile Simenon 

La recensione. Il giallo di Gandini in una città che ricorda Bolzano È il sesto titolo noir che l’autore altoatesino sforna in dieci anni


Carlo Martinelli


Bolzano. Più facile a dirsi che non a farsi: ma quando uno comprende che la (buona) letteratura gialla è la prosecuzione - con altri mezzi - delle indagini sociologiche, del racconto di costume, degli scandagli esistenziali, ha compreso il perché di una presenza nelle librerie che è sempre più massiva ed invasiva. Sì, un buon giallo racconta tante cose, al di là della trama avvincente e del colpevole da smascherare. E del buon giallo il bolzanino Umberto Gandini - maestro di giornalismo e traduttore raffinato, come l’intervista a fianco ribadisce - è ormai protagonista, tanto discreto e appartato quanto convincente. La riprova in questo “Donne” (Robin edizioni, 290 pagine, 15 euro), sesto titolo (in dieci anni) che Gandini sforna con l’editore torinese, dopo il lontano esordio, con tanto di pseudonimo: L. W. Stark, targato Sperling & Kupfer all’alba degli anni Ottanta del secolo scorso.

Questa volta il nostro ha silenziato Marlòve, l’investigatore precario protagonista in alcuni dei precedenti titoli e lancia in pista - in una città del nord Italia che l’autore preferisce tenere anomima ma che assomiglia molto a Bolzano, guardacaso - un poliziotto, Lorenzo Cardile. Che colpisce subito: e per il suo tic, giocherellare in continuazione con una moneta da due euro e per una sua radicata convinzione, decisamente in contrasto con lo spirito “salviniano” del tempo che stiamo faticosamente attraversando. Già: il poliziotto Cardile non ama usare le armi, è convinto che sparare aumenti i problemi, anziché risolverli. E il problema che Cardile si trova di fronte, appena arrivato nella Questura cui è stato assegnato dopo un incidente di percorso in quel di Milano, è di quelli rognosi rognosi. C’è un tipo che, a partire da giovedì 7 gennaio (Gandini non indica qual è l’anno, sappiate però che il 7 gennaio del 2016 era un giovedì…) si aggira per le strade della città e uccide otto volte: sette sono donne, bersagli non casuali. C’è anche un uomo tra le vittime, e ,c’è un perché di questa eccezione. L’assassino usa aste di ferro battuto. Lo fa nel breve volgere di sei giorni, fino a mercoledì 13 gennaio, quando, in una città atterrita, il poliziotto Cardile, dopo indagini febbrili…

Non diremo una parola di più sulla trama. Serrata, con improvvise digressioni, non pochi colpi di scena, aggiungendo minuziosamente dettagli a dettagli. Ancora una volta fedele allo stile che Umberto Gandini si è dato. Prende per mano il lettore, racconta in modo tale che le donne vittime del misterioso serial killer armato di aste di ferro battuto (ma da dove diavolo verranno mai e dove le nasconde l’assassino?) diventano familiari, ci pare quasi di vederle con i loro pregi e difetti. Perché torniamo a dove siamo partiti: il giallo come specchio del nostro tempo, come viaggio nelle miserie, nelle debolezze, nei compromessi. Senza mai annoiare. Persino strappando un sorriso amaro, quando Cardile chiede, al marito di una delle vittime, se sapesse di qualcuno che voleva del male a sua moglie. “Macché! Non dava fastidio a nessuno. Soltanto a me”. In fondo Gandini continua a celebrare, romanzo dopo romanzo, giallo dopo giallo, la verità del più grande di tutti, Simenon. Che disse: “La vita di ciascun uomo è un romanzo”. In questo caso anche la vita delle donne trafitte senza pietà, lungo sei giorni di paura, in una città di provincia dell’Italia settentrionale.















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