«Quei galli “pazzi” sono il risultato dell’antropizzazione» 

Scienza e ambiente. Dopo la sentenza del Tribunale, ecco come la pensano tecnici e biologi Luca Rotelli e Walter Eccli spiegano la genesi di un comportamento abnorme in crescita «Poche regole di comportamento possono però evitare situazioni come quella di Monte Pana»


MAURO FATTOR


Bolzano. Aggressivi. Pazzi. Erotomani. Li chiamano così. Sono i galli cedroni che presentano un comportamento abnorme. Un rebus affascinante per gli addetti ai lavori e - solitamente - poco più di una bizzarra curiosità per tutti gli altri, utenti più o meno distratti degli ambienti alpini. Fino a pochi giorni fa, quando la vicenda di un “gallo pazzo” è approdata nelle aule dei tribunali conquistando le prime pagine dei quotidiani. Il fatto: la giudice bolzanina Carla Scheidle ha assolto un 51enne di Pieve Tesino reo di avere ferito a morte a racchettate un “gallo pazzo” che se la stava prendendo con suo figlio mentre i due sciavano sulle piste di Monte Pana, in Val Gardena . “Legittima difesa”, ha sentenziato la giudice. Il caso ha fatto discutere perchè, a molti, la reazione decisa dell’uomo era sembrata eccessiva, sproporzionata, tanto che in prima battuta la Procura ne aveva disposto la condanna con decreto penale ad una sanzione di 2500 euro. Ora, archiviato il caso, resta il problema di fondo: cosa fare in questi casi? Cosa fare quando si incontra un “gallo pazzo”? O forse più in generale: qual è la “giusta distanza” tra noi e i selvatici? L’abbiamo chiesto al biologo Luca Rotelli che lavora sui tetraonidi al Parco naturale di Paneveggio, in Trentino, e a Walter Eccli che da decenni monitora la popolazione di cedroni del Parco naturale del Monte Corno. «Facciamo un passo indietro - afferma Rotelli - e vediamo di capire innanzitutto di cosa stiamo parlando. Il gallo cedrone è una specie normalmente molto elusiva, in cui tuttavia certi individui, soprattutto di sesso maschile, ma non solo, possono sviluppare un’assenza di timore nei riguardi dell’uomo (si chiamano in tal caso galli “mansueti”) accompagnata o meno da un’aggressività a volta estrema, in particolar modo nel periodo riproduttivo (comportamento “erotomane”) e si parla allora di galli “aggressivi” o “pazzi”. Questi esemplari sembrano avere un comportamento paragonabile a quello degli individui normali, tranne che per i loro rapporti con l’uomo. L’origine di questo fenomeno così particolare, dobbiamo dirlo, non è però ancora del tutto chiara». Il fenomeno è noto da tempo e tocca tutto l’areale della specie, non solo le Alpi. Nulla di nuovo sotto il sole, dunque. Apparentemente. Perchè in realtà studi recenti qualche punto fermo cominciano a metterlo. «I dati - continua Rotelli - mettono in evidenza come i maschi con un comportamento deviato siano in aumento e che la loro comparsa vada associata molto spesso all’intrusione massiccia dell’uomo in ambienti precedentemente poco frequentati. In altri termini: al processo di antropizzazione crescente in una situazione di declino numerico e di contrazione dell’areale della specie. Altri autori ipotizzano invece che la comparsa di questo comportamento debba essere ricondotta da una parte all’attività riproduttiva, con concentrazioni anomale di testosterone (5 volte più alto che nei galli “normali”), dall’altra ad un imprinting sessuale errato». A tirare le conclusioni è Walter Eccli: «Si tratta verosimilmente non di una causa sola ma di una serie di concause. Certo è che le femmine, in situazione di habitat frammentati come i nostri e a bassa densità di esemplari, verosimilmente tendono ad accettare anche maschi dal comportamento deviato. Questo spiegherebbe anche l’aumento dei casi di questo tipo». Ciò detto, che fare? «Molto semplice - continua Rotelli - dobbiamo fare informazione. Spiegare a chi frequenta la montagna cosa fare quando si incontra un gallo dal comportamento anomalo o aggressivo. Sono poche regole di buon senso (che riportiamo a parte, ndr) che consentono di evitare epiloghi spiacevoli come quello di Monte Pana, con tutta la sua coda giudiziaria. L’obiettivo però si può raggiungere solo se le pubbliche amministrazioni, quando si verificano casi di “galli pazzi”, hanno la prontezza di predisporre nelle aree interessate alla presenza dell’animale, un po’ di tabelle esplicative. Lo abbiamo già fatto, per esempio, a Passo Rolle, e i risultati sono buoni. La gente si ferma e legge». Ancora Walter Eccli: «La scommessa è quella di riuscire fare educazione e informazione al tempo stesso. E poi davanti ad una gallo confidente si dovrebbe mantenere comunque la “giusta distanza” che si deve sempre ad un animale selvatico, per rispetto. Per principio. Se si impara questo, di strada ne possiamo fare molta».















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