Riportatelo a casa! Una storia vera sulle Alpi Sarentine
Nel suo libro Giampaolo Clerico, ex comandante della stazione dei carabinieri, racconta come ha risolto un doppio mistero
È uscito in libreria e sugli store online il libro di Giampaolo Clerico “Riportatelo a casa! Seconda guerra mondiale: la storia vera di un pilota scomparso sulle Alpi italiane” (Athesia, 18 euro). Pubblichiamo in anteprima la postfazione di Luca fregona.
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luca fregona
Un numero di matricola, un frammento di lamiera, quattro anelli, uno scheletro abbandonato in una buca nel bosco alta due spanne. Un segreto custodito per settantacinque anni. Questa storia non si può spiegare in termini solo razionali. Quelle ossa volevano essere trovate. Hanno disperatamente invocato di farsi trovare. Per anni e anni. Chiamavano, chiamavano, chiamavano, ma nessuno rispondeva. Nessuno voleva sentire. Fino a quando un uomo, un maresciallo dei carabinieri venuto da lontano, non si è messo ad ascoltare la montagna, il bosco, gli alberi, il vento, la terra, e i bambini di un tempo ormai diventati vecchi. E ha risolto il caso. Giampaolo Clerico è stato il comandante della Stazione di Sarentino per dodici anni. Ha un curriculum impressionante: missioni di pace in Kosovo e nei Balcani, operazioni internazionali di lotta agli stupefacenti tra la Turchia e l’Italia. Un investigatore dal fiuto infallibile. Quattro lingue parlate come l’italiano.
Quando è arrivato, lui veneto, in Alto Adige, ha preso in un battibaleno il patentino A di bilinguismo, ha imparato il dialetto di Sarentino come fosse nato lì. La lingua è stata la chiave per entrare in una comunità solo apparentemente chiusa. E risolvere un “cold case” che in paese si trascinava come una nube velenosa dal 20 ottobre del 1944, quando tre caccia P-38 americani di scorta a settantun bombardieri diretti in Germania, vennero abbattuti dalla Flak (l’antiaerea tedesca) appostata sul Renon. Si schiantarono sopra Sarentino in una zona impervia a 1.800 metri di quota. Uno solo dei tre piloti si salvò, il tenente Olson. Catturato dai contadini con le gambe spezzate, venne consegnato ai soldati tedeschi e spedito in un lager. Sopravvisse alla guerra. Il secondo pilota, il tenente Wisner fu seppellito nel bosco dalla gente del paese. Il suo corpo è stato recuperato nell’agosto del 2000 da un’unità specializzata dell’esercito americano grazie all’incessante lavoro di ricerca di Paolo Cagnan, all’epoca giornalista dell’“Alto Adige”. Restava il mistero del terzo pilota, il sottotenente Lowell Sawyer Twedt. Dov’erano i resti del suo aereo, e dove il corpo? Una nuvola velenosa (impestata di collaborazionismo colpevole, omertà, terrore, delazione) aveva custodito il segreto dagli anni dell’occupazione tedesca. Insieme a quattro preziosi anelli, frutto ignobile del vilipendio del cadavere, rubati da un SS sudtirolese che aveva amputato quattro dita a un nemico morto. Una profanazione che ha pesato come una maledizione. Una macchia sulla coscienza anche di chi, incolpevole, fu costretto ad assistere.
Tutto fermo, taciuto e immobile per settantacinque anni. Eppure, tutti a Sarentino in qualche modo sapevano, conoscevano nomi e fatti, e alcuni avevano anche visto. Per molto tempo è stato impossibile aprire il cassetto della memoria. Troppo doloroso, troppe persone coinvolte ancora in vita, troppo rischioso rivangare le vecchie storie. Ma, si sa, prima o poi arriva il momento di chiudere i conti. E di chiedere, tutti insieme, perdono per quel furto sacrilego. Clerico, in questo libro, racconta passo per passo la sua incredibile indagine, proteggendo le fonti e con il tatto necessario, consapevole che certi risultati si ottengono con l’empatia e non con l’imposizione. Ci voleva un carabiniere come lui per risolvere il caso, determinato e con la “giusta distanza”. Un uomo capace di avvicinarsi con estremo rispetto a una comunità solo in apparenza “lontana”. Clerico ha ascoltato, dialogato, indagato, messo tutti i tasselli al loro posto per avere finalmente tutte le risposte quando il cerchio stava per chiudersi. Lo ha fatto senza giudicare e insieme alla gente di Sarentino, con un solo obiettivo: riportare a casa il tenente Lowell, trovare i quattro anelli e riconsegnarli al figlio ormai ottantenne. E dare pace anche a chi, quei quattro anelli li teneva in casa da settantacinque anni in una vecchia scatola di latta seppellita in un armadio, senza il coraggio e l’impudenza di toccarli.