Sulla rotta balcanica, da domani la mostra alla Lub

bolzano. Grazie alla collaborazione tra il Centro per la Pace del Comune di Bolzano, la Fondazione Alexander Langer e Antenne Migranti, arriva a Bolzano la mostra fotografica “Yallah?! Sulla rotta...


Giovanni Accardo


bolzano. Grazie alla collaborazione tra il Centro per la Pace del Comune di Bolzano, la Fondazione Alexander Langer e Antenne Migranti, arriva a Bolzano la mostra fotografica “Yallah?! Sulla rotta balcanica” che sarà inaugurata domani 21 ottobre, alle ore 18.30, presso la Lub di Bolzano. Da lungo tempo la cosiddetta “rotta balcanica” viene utilizzata per le migrazioni, ma solo dal 2015 ha acquisito tanta visibilità. Piuttosto che attraverso il pericoloso canale di Sicilia, sempre più migranti hanno infatti scelto di passare per la Turchia e la Grecia per poi tentare la strada verso il nord Europa. Nonostante il Regolamento di “Dublino” prevedesse che i migranti-non-UE avrebbero dovuto essere registrati dal primo paese europeo di ingresso, e dunque lì fermarsi per poter chiedere eventualmente la protezione internazionale, dal 2015 la Grecia, la Macedonia e la Serbia hanno smesso di trattenere i migranti, facendoli arrivare indisturbati negli altri Paesi Europei. La crisi del sistema Dublino e della politica migratoria europea passava dunque, in quella che è stata chiamata “la lunga estate delle migrazioni”, proprio per la rotta balcanica. Ad agosto 2015 furono trovati morti in un camion frigo al confine con l’Austria settantuno migranti. A partire da questo tragico evento la Germania e l’Austria cominciarono ad esigere un’applicazione più rigorosa del Regolamento di Dublino. A Budapest alle stazioni dei treni cominciò la ricerca di migranti provenienti da est per bloccare il loro passaggio. Sempre più persone cominciarono a stazionare nella stazione di Keleti e nei suoi sottopassaggi: si improvvisarono dei veri e propri campi profughi forniti di cibo, bevande e coperte grazie all’aiuto di volontari. Determinati a proseguire nel loro cammino, il 4 settembre in migliaia si misero in cammino sull’autostrada in direzione Austria: era la March of Hope, marcia della speranza. L’Ungheria mise a disposizione diversi autobus per portare i migranti al confine austriaco, da cui la maggior parte partì in treno per la Germania. Sia quest’ultima che l’Austria si videro dunque costrette ad aprire i confini: era, nuovamente, la negazione del Regolamento Dublino. A metà settembre 2015 si verificarono diverse contestazioni e conflitti al confine serbo con l’Ungheria, quando quest’ultima tentò di chiudere il passaggio ai migranti. La Rotta balcanica allora si spostò verso la Croazia. Quando la Slovenia tentò un irrigidimento delle procedure di detenzione e registrazione, ci fu, il 21 ottobre 2015, un’evasione di massa dal Lager di Brezice. Tutto ciò dimostrò che forze di polizia e barriere non bastavano a fermare il flusso di persone in cammino. Pertanto, invece di intervenire con le maniere forti, gli Stati di transito decisero di consentire in maniera controllata il passaggio. Il nuovo corridoio offrì la possibilità a molte più persone ed intere famiglie – anche non più giovanissime e non in ottime condizioni fisiche – di raggiungere l’Europa centrale in pochi giorni. Questo corridoio temporaneo ha mostrato che un’altra politica europea è possibile, se si vuole. Anche se questa apertura lascerà presto di nuovo il posto a barriere, muri, costruzioni di lager, hotspots e diffusione di passeurs illegali. È la politica migratoria europea, specialmente quella tedesca, al centro della mostra, realizzata da studenti tedeschi e rifugiati attivisti che hanno deciso di percorrere la rotta balcanica per percepirne lo spirito e le difficoltà, ma anche per essere testimoni di un momento epocale della storia delle migrazioni. I curatori non tralasciano di fotografare molto bene lo spirito di speranza e libertà dei migranti in transito, e neanche la calorosa “cultura dell’accoglienza” mostrata dalla società civile, in antitesi ai movimenti di estrema destra impegnati ad incendiare centri di accoglienza o a sfilare per le strade mostrando simboli nazisti e urlando slogan razzisti













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