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Crisi delle materie prime, Loacker in sofferenza 

Hans Peter Dejakum: difficoltà di reperimento, il fabbisogno è coperto per un mese. Grossi problemi anche per i costruttori, alcuni cantieri iniziano a chiudere per i costi alle stelle 



BOLZANO. La crisi delle materie prime colpisce una delle più grandi aziende altoatesine. Parliamo della Loacker Spa, con sede ad Auna di Sotto sul Renon. La grande difficoltà a reperirle significa avere un’autonomia ridotta. «Stiamo subendo forti rincari non solo su energia e materiali di confezionamento, ma anche su alcune materie prime chiave, come farine e oli, con aumenti tra il 50 e l’80 per cento», sottolinea Hans Peter Dejakum, direttore marketing della società in mano alla famiglia Loacker-Zuenelli. C’è un problema di costi, ma c’è anche la difficoltà a reperire le materie prime.

«Stiamo incontrando difficoltà a reperire questi ingredienti», ancora Dejakum Cosa significa concretamente per il lavoro in azienda? «Se in passato potevamo fare contratti di acquisto con i nostri fornitori per coprire il nostro fabbisogno di medio termine, da 3 a 6 mesi, ora arriviamo ad un mese appena», risponde il responsabile del marketing Loacker. Difficoltà con le materie prime - costi e reperibilità - che, per fortuna, non hanno limitato fino ad oggi la produzione.

«Stiamo cercando di gestire al meglio la situazione, per ora la produzione non si è ancora mai fermata. Monitoriamo attentamente l’evoluzione del quadro generale. Un aumento dei prezzi dei nostri prodotti e un fermo degli investimenti sono l’ultima soluzione a cui ricorrere», evidenzia Dejakum. Il fatturato complessivo del Gruppo Loacker nel 2021 è stato pari a 375,73 milioni di euro, di cui oltre 207 sono il frutto dell’export. La quantità di prodotto venduto lo scorso anno ammonta a 37.534 tonnellate. Italia, Arabia Saudita, Israele, Stati Uniti e Cina sono nell’ordine i principali mercati dell’azienda altoatesina.

Adesso non resta che sperare che la situazione torni, almeno un po’ alla volta, alla normalità, anche perché i problemi riguardano tanti settori economici. Prendi le costruzioni. «Acciaio, ferro, carburanti, asfalto e materiali di isolamento sono solo alcuni dei materiali che vengono utilizzati quotidianamente nel settore delle costruzioni e il cui costo è esploso a livelli esorbitanti», afferma il Collegio costruttori (Assoimprenditori Alto Adige).

«Di più, anche solo ottenere questi materiali è diventata ormai una sfida quotidiana. Così non ci sono ad esempio più certezze nella fornitura di acciaio e ferro, anche perché alcuni stabilimenti hanno limitato o addirittura interrotto la loro produzione a causa degli alti costi. A questo si aggiungono gli elevati costi energetici, i cui effetti si fanno sentire direttamente su tutte le nostre attività», spiega il presidente Michael Auer.

Sotto questi presupposti per i costruttori la realizzazione delle infrastrutture per le Olimpiadi 2026 è a rischio. «Anche il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr e le relative possibilità di accedere ai finanziamenti non paiono più realistici. Le opere programmate in questo momento non sono realizzabili nemmeno lontanamente in modo da coprire i costi. E a causa della carenza di materie prime è impossibile rispettare i tempi di consegna previsti», così Auer. Per quest’ultimo è quindi indispensabile adattare gli obiettivi e le tempistiche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il settore edile già nei mesi scorsi ha assorbito buona parte degli aumenti dei prezzi e cercato di ridurre al minimo le ricadute per i committenti, ma più di così non è possibile fare. «In caso contrario le imprese dovranno chiudere e licenziare, perché non si può più lavorare coprendo i costi», evidenziano i costruttori. E qualche cantiere inizia già a stare fermo. Tra le richieste la possibilità di adeguamento dei prezzi, la sospensione dei termini e delle penali e la possibilità di posticipare l’esecuzione dei lavori o di recedere dal contratto.

Altro tema legato alla guerra in atto in Ucraina quello dell’export altoatesino in Russia: 38 milioni di euro a cui aggiungere i circa 9,8 milioni in Ucraina. Poca cosa rispetto ai numeri delle esportazioni dall’Alto Adige, ma pur sempre un business in meno per circa un centinaio di aziende altoatesine. M.D.













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