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In Alto Adige occupazione in crescita nel 2022: ma è precaria

Maggiori penalizzazioni per i contratti a termine



BOLZANO. Il lavoro a tempo determinato complica la vita. Come confermano i dati delle fonti ufficiali, anche in provincia di Bolzano, terminata l’emergenza del Coronavirus, l’occupazione ha ripreso a crescere soprattutto grazie ai contratti a termine, mentre quelli a tempo indeterminato restano al palo (industria a parte).

«Questo favorisce condizioni sempre più diffuse di precariato, spesso involontario, che generano situazioni di evidente svantaggio rispetto alla categoria “privilegiata” dei lavoratori assunti stabilmente», così il presidente Ipl, Andreas Dorigoni.

L’edizione inverno 2022/2023 del Barometro dell’Istituto promozione lavoratori dedica la propria sezione speciale alla precarietà contrattuale e ai suoi risvolti economici e sociali. Se la «flessibilità contrattuale» da un lato è da considerarsi un fattore che ha co-determinato in Alto Adige la piena occupazione, le condizioni contrattuali che molti lavoratori a termine si trovano a dover accettare non sono poi così favorevoli come si potrebbe pensare, anzi: le differenze contrattuali rispetto ai contratti stabili colpiscono questioni di estrema importanza, tali da condizionare necessariamente lo stile di vita e il soddisfacimento di bisogni primari in modo non trascurabile.

A prescindere da considerazioni legate all’equità retributiva delle due tipologie di contratto (a tempo indeterminato e a termine), gli intervistati hanno indicato come penalizzanti gli effetti del contratto a termine su diversi aspetti della vita lavorativa all’interno dell’azienda.

In particolare, il 68% degli intervistati si dichiara assolutamente d’accordo o tendenzialmente d’accordo riguardo alle minori possibilità di carriera per i lavoratori assunti a tempo determinato. Il 65% ravvisa uno svantaggio in termini di benefit aziendali, mentre il 61% riscontra svantaggi anche nell’accesso alla formazione. Il 69% collega la precarietà a maggiori problemi di pensione. Solo il 32% concorda sul fatto che il contratto a termine consenta una migliore gestione dei tempi di vita/lavoro nell’arco dell’anno.

L’aspetto più rilevante della disparità contrattuale si trova nell’accesso al credito al consumo e al mutuo casa. In particolare, l’80% degli intervistati è tendenzialmente d’accordo riguardo alla presenza di ostacoli nell’accesso al credito al consumo per i lavoratori a tempo determinato, mentre un 74% per questo tipo di lavoratori vede problemi ad ottenere un mutuo per l’acquisto della prima casa. Non sembra andare meglio per chi voglia stipulare un contratto di affitto. Il 70% degli intervistati ritiene che non avere un contratto stabile comporti addirittura problemi nel prendere in affitto un’abitazione.

Sono due su tre i lavoratori dipendenti che in Alto Adige hanno accettato il tipo di contratto definito dal datore di lavoro. Ciò indica che la maggior parte dei lavoratori si trova ad accettare la forma contrattuale che meglio rispecchia le esigenze del datore di lavoro, anche quando con il contratto a termine vengono meno una serie di prerogative che invece sono presenti per chi può vantare una stabilità contrattuale.

Precari in trappola. L’82% degli intervistati non si trova al primo impiego. Di questi, il 12% lavora con un contratto a tempo determinato dopo avere già lavorato a tempo determinato nell’occupazione precedente. Quindi, pur essendoci una quota considerevole di lavoratori che è passata da una condizione di instabilità ad una più stabile (confermando in generale una prevalenza di contratti a tempo indeterminato), va comunque specificato che per 1 lavoratore precario su 8 la stabilizzazione non è affatto scontata neanche nel passaggio da un contratto all’altro.

Cosa insegnano i dati. I dati dell’Osservatorio mercato del lavoro confermano che la crescita dell’occupazione dipendente registrata nel 2022 (+4,9% rispetto al 2021) è riconducibile, in primo luogo, ai contratti a termine (+18,9%), mentre i contratti a tempo indeterminato rimangono al palo (+0,4%). La precarizzazione del mercato del lavoro può avere implicazioni negative riguardo a molti aspetti della vita pratica per una rilevante platea di lavoratori impiegati a tempo determinato, anche a prescindere dai livelli retributivi. Gli effetti negativi, inoltre, non si limitano ai singoli lavoratori, ma hanno effetti ben più ampi: lo “slittamento" osservato dai contratti stabili verso quelli precari ha effetti negativi sui consumi e complica l’accesso al credito, mentre sul posto di lavoro le possibilità di crescita professionale peggiorano.













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Valeria Frangipane

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