l’intervista

La sfida delle aziende altoatesine: «Trovare 30 mila nuovi lavoratori»

Marchiodi del Centro studi Assoimprenditori: «Il fabbisogno per i prossimi 10 anni: in pensione i figli del baby boom e culle vuote» In Alto Adige oltre 220 mila occupati e disoccupazione sotto il 3%.


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Nel 2020 abbiamo avuto l’emergenza Covid risolta grazie ai vaccini; nel 2021 si è dovuto fare i conti con la carenza di materie prime e il 2022 è stato l’anno dell’esplosione dei prezzi dell’energia, anche queste affrontate grazie a nuove tecnologie e accordi a livello internazionale, uniti agli sforzi per ridurre i consumi. Adesso le aziende - ma il problema riguarda anche il settore pubblico - si trovano davanti ad una sfida forse ancora più complicata: l’emergenza personale».
Con Mirco Marchiodi, responsabile del Centro studi di Assoimprenditori, iniziamo in vista del Primo maggio ad approfondire alcune tematiche, per capire come - in particolare dopo la pandemia - è cambiato e sta cambiando il mondo del lavoro; le difficoltà degli imprenditori a trovare collaboratori; le richieste dei giovani che cercano un impiego ben retribuito, ma anche appagante professionalmente e flessibile per conciliare famiglia, hobby, interessi.

In base alle previsioni nei prossimi anni in Alto Adige quanto personale servirà?
Secondo la stima dell’Osservatorio mercato del lavoro della Provincia si calcola che, per i prossimi 10 anni, servano circa 30 mila nuovi lavoratori.

Un numero considerevole.
Non sarà facile coprire il fabbisogno, perché ci troviamo in un contesto demograficamente sfavorevole. I figli del baby boom degli anni Sessanta stanno andando in pensione e siamo in pieno inverno demografico.

L’Alto Adige però, ha il primato della fecondità con 1,65 figli per donna.
È vero che abbiamo il primato delle nascite, ma è una magra consolazione. La verità è che in prospettiva non si riuscirà a rimpiazzare chi esce dal mondo produttivo.

Parliamo di cifre.
Negli ultimi 25 anni - prima del 2000 - in Alto Adige i lavoratori dipendenti erano sotto i 150 mila; oggi siamo oltre i 220 mila. Sono 75.000 mila occupati dipendenti in più: significa che si sono creati 3 mila nuovi posti all’anno.

Considerato che l’Alto Adige ha un tasso di disoccupazione che è al di sotto del 3%, dove si pensa di trovare la nuova forza lavoro?
In parte puntando su quelle fasce di popolazione dove il tasso di occupazione è ancora migliorabile. Penso soprattutto alle donne, per le quali sono necessarie politiche adeguate che consentano di conciliare impiego e famiglia. E poi si deve fare di tutto per recuperare quella fetta di giovani che oggi non studia e non lavora: in questo contesto sono fondamentali efficienti politiche attive del lavoro.

La “cura” basterà?
No, non basterà. Bisognerà puntare sempre più sulla digitalizzazione e sulle tecnologie che consentono di fare le stesse cose - se non addirittura di più - con meno personale. Anche la burocrazia però deve fare la sua parte, semplificando le procedure.

E se invece fosse un problema di retribuzioni, troppo basse rispetto al costo della vita?
L’Alto Adige è la provincia in testa alle classifiche nazionali del caro vita, ma è anche quella con le retribuzioni più alte. Detto questo, nell’industria altoatesina il 90% dei posti è a tempo indeterminato; contro il 73% del settore pubblico. Altro dato interessante: gli stipendi nell’industria sono mediamente più alti del 30-40%. Purtroppo, rispetto ai competitor europei, in Italia c’è il cuneo fiscale che incide per quasi il 50%.

Evidentemente: sia il posto a tempo indeterminato che lo stipendio non bastano ad attrarre nuovi lavoratori.
Infatti le imprese per aumentare l’appeal, nelle loro offerte di lavoro mettono di tutto e di più: dallo smart working alla massima flessibilità nell’orario, al welfare, all’alloggio per i primi mesi, alla formazione. Però anche l’ente pubblico deve fare la sua parte. La cosa che Assoimprenditori chiede da tempo è una politica della casa diversa - non ovviamente in zona produttiva - per consentire a chi arriva da fuori, ma anche ai nostri giovani, di trovare un alloggio a costo sostenibile. E dobbiamo riuscire a raccontare meglio quanto innovative sono le nostre imprese, spesso leader mondiali nelle loro nicchie di attività: tanti giovani non sanno quanti posti di lavoro interessanti offrono.

La Provincia, recentemente, ha bloccato le quote per i lavoratori extra Ue.
La Provincia vuole ottimizzare le procedure, ma la verità è che di questi lavoratori abbiamo bisogno: dai servizi per l’assistenza agli autisti, passando per l’edilizia, in tutti i settori la carenza di manodopera si sente.













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