l’intervista

«Stipendi più alti e benefit»: così si attirano i lavoratori

Perini, direttore Ipl: «Nuove tecnologie e intelligenza artificiale sopperiranno al crollo delle nascite». Intanto aumenta il gap tra domanda e offerta di lavoro


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Stipendi più alti, smart working, flessibilità, benefit così si attirano nuovi collaboratori. Molte aziende già lo fanno: offrono un pacchetto completo, comprensivo almeno per i primi mesi anche dell’alloggio, visto che in Alto Adige trovare casa continua ad essere un grosso problema. La concorrenza è sempre più forte per accaparrarsi i collaboratori ed in particolare i migliori. Da questo punto di vista i privati sono favoriti rispetto al settore pubblico che deve rispettare una serie di regole: a partire dai concorsi cui si aggiunge - in Alto Adige - l’obbligo dell’attestato di bilinguismo. Anche i margini per la progressione di carriera sono piuttosto limitati».
Così Stefan Perini, direttore dell’Istituto promozione lavoratori, entra nel dibattito che - in vista della Primo maggio - abbiamo avviato sulle trasformazioni profonde in atto nel mondo del lavoro; sulle difficoltà crescenti a trovare collaboratori che investono ormai tutti i settori senza distinzioni; sulle richieste dei giovani che oltre ad uno stipendio dignitoso chiedono più tempo libero da dedicare alla famiglia e ai propri interessi.

Dalle stime dell’Osservatorio mercato del lavoro della Provincia risulta che, per i prossimi 10 anni, in Alto Adige servono circa 30 mila nuovi lavoratori.
È vero che nell’elenco delle priorità del settore privato e pubblico c’è sicuramente la ricerca di collaboratori, ma sarei cauto su questa stima. Perché nel prossimo futuro - più che un boom di nascite - vedo innanzitutto una crescita del lavoro a distanza, in particolare in certi settori. Per cui uno per lavorare per un’azienda altoatesina non dovrà essere necessariamente qui e magari potrà collaborare con più aziende contemporaneamente. E poi dobbiamo aspettarci una crescita esponenziale di tecnologie, robotica, intelligenza artificiale: saranno queste nuove realtà a sopperire alla mancanza di lavoratori.

È vero secondo lei che – come sostiene più d’uno - grazie al reddito di cittadinanza (in Alto Adige reddito minimo di cittadinanza) c’è chi trova più conveniente restare sul divano, piuttosto che andare a lavorare?
In Alto Adige non direi proprio. Nel 2022 i lavoratori dipendenti hanno raggiunto quota 221 mila: il massimo storico. Abbiamo un tasso di occupazione del 74,1% che la Provincia vorrebbe portare all’80%, ma già così è molto buono. Oggi c’è un crescente gap tra domanda e offerta anche perché i figli del baby boom degli anni Sessanta stanno andando in pensione e, nei prossimi anni, si farà fatica a rimpiazzarli per il drastico calo della natalità.

Con un tasso di disoccupazione medio che nel 2022 in Alto Adige è stato del 2,3% non sarà facile “recuperare” chi non lavora.
Una parte di coloro che risultano essere disoccupati sono in realtà lavoratori stagionali del settore turistico-alberghiero. Li pagano in linea di massima otto mesi all’anno e gli altri quattro prendono la disoccupazione che paghiamo noi come collettività. È inutile che poi gli albergatori si lamentino perché non trovano personale: li assumano a tempo indeterminato e la musica cambierà. Purtroppo il dato negativo, a fronte dell’aumento in Alto Adige del tasso di occupazione che riguarda tutti i settori, è la crescita dei contratti a tempo determinato passati dal 18 al 27%. Il fenomeno, evidentemente, non riguarda soltanto il settore turistico-alberghiero.

In questo quadro e in attesa di un aiuto sempre più determinante sul fronte tecnologico, ritiene ci sia ancora spazio per trovare collaboratori?
Innanzitutto sul fronte dell’occupazione femminile. Abbiamo una percentuale di donne che hanno smesso di lavorare per dedicarsi alla cura dei figli. Con un potenziamento dei servizi all’infanzia e un ulteriore aumento della flessibilità, più d’una potrebbe rientrare magari anche solo part-time. Poi c’è il discorso giovani: bisognerebbe cercare di farli entrare prima nel mondo del lavoro, magari con delle forme di apprendistato. Ma il grosso bacino da cui attingere potrebbe essere quello di coloro che vanno in pensione.

In che modo sarebbero recuperabili?
Oggi funziona così: una persona che lavora da sempre a tempo pieno, si ritrova andando in pensione, una giornata completamente vuota. Chi ha degli interessi la riempie; ma spesso e volentieri non è così. Per questo più d’uno potrebbe accettare di restare ancora qualche anno: non più però a tempo pieno, bensì part-time. Perché non si fa? Perché, per il tipo di legislazione che abbiamo in Italia, non è conveniente dal punto di vista economico. Però, a mio avviso, le regole vanno riviste.

Parliamo del costo della vita in Alto Adige.
Anche questo spiega perché è difficile attirare dall’esterno collaboratori: abbiamo il costo della vita che è il più alto d’Italia. Nel 2022 l’inflazione ha segnato un +9,7%, cui si prevede si aggiunga nel 2023 un aumento di un ulteriore 6,7%. Per questo i sindacati stanno trattando con le categorie economiche per un contratto territoriale che porti in busta paga 100-150 euro lordi in più al mese.













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