Milano. <mc>[testo]escludere huawei dalla gara di fornitura di apparecchiature 5g per la parte di rete cosiddetta «core» di tim in italia e in brasile non è una scelta politica, ma di natura industriale e legata alla diversificazione dei fornitori. è la chiave di lettura del gruppo italiano del quale il colosso cinese, finito da tempo nel mirino degli usa di donald trump, resta partner per altri comparti della rete mobile a partire da quella di accesso (le antenne). di certo la gara alla quale sono stati invitati cisco, ericsson, nokia e mavenir, di recente acquistata da microsoft, riguarda la componente più «sensibile» della rete mobile, quella dove transitato i dati. a oggi per la core network tim in italia ha come fornitore l'europea ericsson, mentre in brasile c'è huawei. sarebbe quindi nel paese sudamericano che si andrebbe verso uno cambiamento radicale per realizzare la rete core 5g anche se tim brasil prova a precisare che «i fornitori di apparecchiature per il sistema 5g non sono ancora stati definiti. la società effettuerà il suo processo di acquisto, sempre guidato da criteri di alta qualità e prezzi competitivi». dalla politica, dopo lo stop a huawei nel 5g da parte del regno unito di boris johnson e l'ipotesi di una stretta anche in francia, a esplicitare i dubbi sul ruolo del colosso cinese dei telefonini sono esponenti del centrodestra. «l'esclusione di huawei dalle gare sul 5g è un passo di fondamentale importanza per la tutela della nostra sicurezza nazionale. anche se tim parla di una scelta unicamente industriale, quello che conta è il risultato», sottolinea la presidente dei senatori di forza italia anna maria bernini. secondo la camera di commercio cinese «è inaccettabile dividere le imprese attive in europa in ue o non-ue in base alla provenienza della loro società madre».