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Attenti al caldo non ci fa bene

“Ricchi o poveri, se i gradi non scendono ci stiamo tutti in mezzo ai problemi. E, ripeto, la questione non sono gli 1,5 gradi oggi ma la loro tenuta e il rischio di irreversibilità dei fenomeni una volta superata la soglia”



La terra è di 1,5 gradi più calda. Lo ha fatto in dodici mesi questo salto. Non è la fine, ma potrebbe esserne l’inizio. Nel senso che ancora ce la si può fare ma se continua così, il rischio è che il riscaldamento arrivi ad un picco oltre il quale si configurerebbe l’irreversibilità. È su questo confine tra il possibile e il probabile che Luca Mercalli ha collocato la sua trincea mobile. Che è un luogo dove le cose che avvengono sono avvenute e non c’è più da discutere. Si può farlo col come ma sempre meno col quando.
Sono tanti 1,5 gradi?
“Il problema non sono i gradi in sé ma la loro capacità di confermarsi nel tempo” dice il meteorologo. Vuol dire: i panel statistici sono concentrati sulla “tenuta” dell’innalzamento e hanno posto in trent’anni la soglia entro la quale una conferma dell’accelerazione diventa strutturale. “Prima, i gradi potranno scendere o salire ma si tratterebbe di un fenomeno con forti possibilità di essere estemporaneo. Tuttavia, se la tendenza proseguisse, allora sarebbero dolori” spiega uno dei più importanti e ascoltati studiosi delle questioni climatiche, attivissimo divulgatore scientifico.
Cosa sono 1,5 gradi in più?
Si tratta di un calcolo che si avvia dai livelli preindustriali. Lì è posta la base di osservazione. Significa che prima c’era poca attività umana, adesso sta crescendo.
È dunque lei la responsabile. C’è chi mette in discussione che sia tutta colpa nostra.
Si può discutere sulla percentuale, non sulla sua enorme capacità di incidere sul cambiamento climatico.
Però c’è chi nega.
Ci sono due tipi di negazionismo. Il primo è ideologico.
E dunque politico?
Certamente. Mette in discussione dati e riscontri in base alla presunta difficoltà di porre in diretta relazione l’attività umana col riscaldamento. E guarda ai continui sobbalzi delle temperature nella storia dell’uomo.
E il secondo?
È il negazionismo di comodo: sto bene così. Faccio quello che ho sempre fatto, tanto il sole sorgerà ancora. E quello che faccio basta per sentirmi in pace con la coscienza. Qui non si tratta di offrire o meno dati e riscontri, è una posizione quasi esistenziale. Troppa fatica darsi da fare.
Che succede se diamo troppa corda a queste posizioni?
Che il problema non è che anche nei millenni passati la terra si è riscaldata ma che lo sta facendo molto in fretta. E che già adesso si possono notare una serie di eventi che mostrano come questa velocità sia in grado di estremizzare gli eventi climatici.
Come nell’anno appena trascorso?
Nel quale siamo partiti a fine giugno con i gravi eventi in val d’Aosta e abbiamo chiuso con le alluvioni in Romagna in stretta successione, il 19 settembre e il 20 ottobre. Basta questo per dirsi sicuri del pericolo? No. Ma dovrebbero bastare i dati. Se è caldo è caldo, non ci piove. E 1,5 gradi certificati significa che siamo vicini alla soglia di sicurezza.
Che è posta dove?
A 2 gradi. È il limite massimo messo lì per garantire un minimo di sicurezza climatica alle generazioni future.
È per questo che i giovani appaiono così attivi sul fronte della necessità di mitigazione?
Beh certo. Avvertono che se non ci si pensa oggi alla questione, domani saranno tutti pesi sulle loro spalle.
Chi ha stabilito la soglia dei 2 gradi?
L’accordo di Parigi. Se i 1,5 gradi di oggi si confermassero nell’arco dei prossimi tre decenni, è probabile se non molto certo che prima del 2100 la terra diventerà non un bel posto per viverci.
In particolare per chi?
Per gli umani di sicuro. La nostra temperatura corporea è di poco sopra i 34 gradi. Se la terra salisse come dicono le previsioni più pessimistiche, cioè in assenza di effi caci e durature strategie di contrasto, non ci sarebbe un posto adatto a noi, quaggiù”.
Basta quello che abbiamo messo in campo adesso. Dalle auto meno inquinanti alle fonti energetiche pulite e al resto?
Certamente servirà di più. Partendo dal mettere un freno alla nostra enorme capacità di dissipazione.
Cosa intende?
I consumi. Buttiamo via troppo, almeno in questa parte fortunata del pianeta. 
Cioè mangiamo troppa carne, alleviamo troppo, compriamo di tutto…
È questione di stili di vita, certamente. Di educazione al rispetto dell’ambiente, ancora di più.
Come stiamo in Alto Adige?
Direi messi bene. Qui si nota da molto tempo una sensibilità ambientale che pone questa provincia tra le più virtuose del Paese e a fi anco dei Paesi scandinavi in alcune situazioni. Ma ci sono i problemi anche in Alto Adige.
Si immagina legati al turismo, no?
Infatti. C’è educazione ambientale diffusa, si è avanzati di molto nell’edilizia sostenibile, penso a CasaClima ma poi l’indubbia attrattività del territorio mette in campo anche le sue criticità. Penso al traffico, al fenomeno dell’overtourism, ai mezzi usati per arrivare qui. Faccio un esempio: se si intensificano le campagne di marketing anche oltre il continente è ovvio attendersi che milioni di cinesi, per dire di una situazione in atto, verranno e vengono sulle Dolomiti in aereo. Non hanno alterative. Mettere nel conto questo significa un incremento esponenziale dell’inquinamento globale. Più gente si muove più sale l’inquinamento e, di conseguenza, il riscaldamento”.
Perché non vale?
Per la ragione che questa, cioè la terra, è la nostra casa comune. Non ci sono mondi separati. Ognuno deve darsi da fare a seconda der proprio grado di possibilità di incidere e chi possiede più tecnologie, più strumenti da mettere in campo si deve assumere maggiori responsabilità.
C’è chi dice che la sostenibilità è un vezzo per ricchi?
Ricchi o poveri, se i gradi non scendono ci stiamo tutti in mezzo ai problemi. E, ripeto, la questione non sono gli 1,5 gradi oggi ma la loro tenuta e il rischio di irreversibilità dei fenomeni una volta superata la soglia.
Domani allora?
La crisi non è domani. Probabilmente non sarà neppure dopodomani. Continueremo a vivere anche con 1,5 gradi in più. Non sta qui il problema: sta nel fatto che se l’accelerazione non si ferma non si fermerà più. Ad un certo punto. E allora, hai voglia a mitigare”.