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L'appello

Occorre muoversi: ma adesso!

Paolo Campostrini: “La transizione ecologica non vuol dire dimenticare il passato e mettersi a correre verso un futuro affannato ma, appunto, camminare decisi e sicuri con la consapevolezza che possiamo farcela e che la bussola non ci dirà bugie se sapremo consultarla per bene”


Paolo Campostrini


La questione, ormai, non riguarda il se. Solo il quando. Adesso la temperatura della terra è salita di 1,5 gradi. E sono bastati dodici mesi. Qui c’è poco da farsi venire dei dubbi: siamo tutti più caldi e finiamola con le domande, ci sono i numeri. Il quando invece è un varco ancora da richiudere sul piano sia dialettico che scientifico. Detto semplicemente: quando sarà il giorno del non ritorno? Quando il riscaldamento toccherà quel picco oltre il quale apparirebbe l’irreversibilità? È questo l’interrogativo.

Tuttavia, non è il caso di cullarsi con il fatto che c’è ancora margine per allontanare sempre un poco di più quel limite. Perché se non si comincia adesso con le contromisure, il cammino sarà come una strettoia in cui le azioni da mettere in atto diverranno sempre più compulsive e meno programmabili. Diamoci da fare.

Dice questo Luca Mercalli, il climatologo che è apparso un poco stufo di fare la parte della Cassandra. Brutta metafora. Si trattava della figlia di Priamo, re di Troia, gemella di Ettore, la quale si era dannata l’anima per dire che quel cavallo che i suoi compatrioti di apprestavano a far entrare in città come trofeo di guerra dopo l’apparente fuga dei greci era in realtà una trappola. Non fu ascoltata. E finì come finì. È quello che vorrebbe evitare Mercalli che infatti, in vista del suo essere l’ospite d’onore nel nuovo Forum dell’Alto Adige, sembra voler smettere con i catastrofismi, del tipo finiremo male, e invece mettere in fila i numeri e rammentarci che abbiamo ancora buone possibilità di uscire dalla trappola del riscaldamento globale se saremo in grado di proseguire lungo alcune direttrici che già sono state intraprese.

È questa la base: quello che sappiamo e ciò che possiamo fare. Tant’è che questa terza edizione del Forum prosegue sempre con la linea di volo decisa a fronte delle prime due, ma con una ulteriore messa a punto nella descrizione delle metodologie, degli strumenti e degli scenari dentro i quali avviare una plausibile politica di transizione ecologica. Transitare non vuol dire dimenticare il passato e mettersi a correre verso un futuro affannato ma, appunto, camminare decisi e sicuri con la consapevolezza che possiamo farcela e che la bussola non ci dirà bugie se sapremo consultarla per bene.

È su questo asse di avanzamento che si sono messi in dialogo esperti e ricercatori, persone impegnate nell’amministrazione pubblica e geologi che scavano tunnel, esperti di energia e aziende che la producono. Con un occhio ad un Alto Adige che ha già tracciato i suoi piani di contrasto al cambiamento in atto. Ad esempio puntando decisamente sulla mobilità sostenibile. Perché è qui uno dei focus, se non solo snodo principale di questo Forum e del piccolo volume che lo accompagna e che viene allegato al giornale: i trasporti, i collegamenti, i movimenti di uomini e merci come elemento decisivo in funzione della transizione. E dunque il treno, su tutti. E poi il trasporto pubblico.

Con numeri - che riguardano sia la rete su binari che la Sasa, l’ente su cui ricade la gran parte dell’onere e dell’onore di trasportare genti - di tutto rispetto. Come sempre più estesa ed effi ciente appare la geografi a delle ciclabili di cui il Comune ha dotato Bolzano, con investimenti che fanno del capoluogo uno dei centri più sostenibili sul piano della mobilità interna e leggera. Con prospettive di ulteriori accelerazioni. Per via sia dei contributi dei privati - come Alperia che distribuisce energia pulita ma anche mette a disposizione auto elettriche, infi ttisce le colonnine di ricarica e abbassa le tariffe che le riguardano - che degli istituti di ricerca.

Dal Noi Techpark dove fervono gli studi intorno alla compatibilità congiunta elettrico-idrogeno per spingere la mobilità pubblica, oppure Eurac, la quale analizza fl ussi e risorse puntando sulla ottimizzazione di entrambi. Senza dimenticare Unibz, un ateneo che sta ritagliandosi spazi sempre più estesi attingendo a competenze capaci di connettere conoscenze territoriali, reti accademiche diffuse nel mondo mirate al raggiungimento di obiettivi di possibile sostenibilità mai visti in passato. Ma ora a concreta portata di mano. Ci sono poi anche le realtà meno istituzionali, come una start up che realizza sistemi per ottimizzare sia le prestazioni delle auto elettriche che delle ricariche connesse, fi no alle politiche di una struttura come Radio taxi che punta a zero emissioni nel suo lavoro urbano. Oppure Sportler, una azienda leader, una eccellenza altoatesina, la quale porta il suo spirito sportivo tipico del brand nello stimolare l’uso della bici o dei piedi dei suoi collaboratori al punto da pagare ogni chilometro percorso per raggiungere il posto di lavoro lasciando l’auto a casa.


E ancora il gruppo Santini che ha configurato una riconversione pulita che mette insieme sostenibilità dei suoi mezzi, la logistica e i consumi interni. Infi ne banche, come Sparkasse, che ha fatto dell’effi cienza energetica interna ed esterna anche uno strumento di sviluppo economico, suo e del territorio. Poi, perché no? Uno sguardo alle supercar. Un dialogo tra chi costruisce, da meranese, una immaginifi ca supercar enfatizzando anche in questo caso la trazione elettrica e le perplessità dialettiche di un pioniere come Romano Artioli, il re-inventore della gloriosa Bugatti del terzo millennio. Perché il confronto, tra tecnici, va comunque stimolato e accolto.