Regioni in deficit non possono tagliare indennità



(ANSA) - ROMA, 06 OTT - Al 'camice bianco', i giudici di merito avevano riconosciuto il diritto alle indennità 'abolite' per circa 19mila euro da rivalutare.
    Senza successo la Asl ha contestato il pagamento. "Il rapporto convenzionale dei pediatri di libera scelta - replica Cassazione - e dei medici di medicina generale con il Ssn è disciplinato, quanto agli aspetti economici, dagli accordi collettivi nazionali ed integrativi, ai quali devono conformarsi, a pena di nullità, i contratti individuali" come stabilito dalle normative del 1978 e del 1992. "Ne consegue che tale disciplina - prosegue la Suprema Corte - non puo' essere derogata da quella speciale prevista per il rientro da disavanzi economici e che le sopravvenute esigenze di riduzione della spesa devono essere fatte valere nel rispetto delle procedure di negoziazione collettiva e degli ambiti di competenza dei diversi livelli di contrattazione". Pertanto deve "considerarsi illegittimo - conclude il verdetto - l'atto unilaterale di riduzione del compenso adottato dalla P.A., posto che il rapporto convenzionale si svolge su un piano di parità ed i comportamenti delle parti vanno valutati secondo i principi propri che regolano l'esercizio dell'autonomia privata".
    Respinta invece la richiesta del medico - che complessivamente aveva azionato nei confronti della Asl un decreto ingiuntivo per circa 52mila euro - di ottenere anche il pagamento degli arretrati per le 'soppresse' indennità di rischio previste in maniera generalizzata per tutti i medici operanti in Abruzzo per via delle aree montuose e del territorio 'difficile'. In proposito, la Cassazione - come già fatto dalla Corte di Appello - ha dichiarato nulla la previsione dell'accordo integrativo regionale per la Regione Abruzzo che aveva previsto "in modo generalizzato un compenso aggiuntivo orario (indennità di rischio) per tutti i medici di continuità assistenziale operanti sul territorio regionale". Secondo gli 'ermellini' non è condivisibile la tesi per cui "tutto il territorio abruzzese sarebbe caratterizzato da condizioni di rischio" e da "non meglio precisate carenze di sicurezza dei mezzi e delle sedi" come se tutti gli ambulatori si trovassero in zone impervie o di montagna. (ANSA).
   









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