Einstein aveva ragione? Dai buchi neri la risposta



(ANSA) - TRIESTE, 20 GIU - Utilizzare le onde gravitazionali per testare più in profondità la teoria della relatività di Einstein attraverso lo studio computazionale di oggetti compatti quali buchi neri o stelle di neutroni e una ambizione: quella di provare a svelare la composizione dell'Universo: "il "Problema" aperto della cosmologia attuale". Sono queste le finalità del progetto "Gravity from Astrophysical to Microscopic Scales" avviato da Enrico Barausse, fisico gravitazionale e docente della Scuola internazionale superiore di Studi avanzati (Sissa) di Trieste, grazie al sostegno del Consiglio europeo della Ricerca (Erc) che ha stanziato un Grant da 2 milioni di euro. Attraverso lo studio di sistemi binari di oggetti compatti quali buchi neri o stelle di neutroni, spiega Barausse, si cerca di "predire quali sono le caratteristiche delle emissioni gravitazionali di questi oggetti". Iniziata un anno fa, la ricerca "simula al computer le binarie di buchi neri o di stelle di neutroni in teorie della gravità che non sono la Relatività di Einstein ma che permetterebbero di spiegare il 100 per 100 della massa dell'Universo o della densità dell'Universo senza alcuna energia oscura o materia oscura. Questo - sottolinea Barausse - ci permetterebbe di comprendere la composizione dell'Universo - il "Problema" aperto della cosmologia attuale - ma non è detto che ci si arrivi". Quello che è possibile dire con questo progetto "è se le teorie che oggi sono state proposte per spiegare la composizione dell'Universo senza energia oscura e materia oscura siano in accordo con i dati. Io - sostiene lo studioso - penso che non lo saranno e che avremo ancora almeno una frazione di energia o materia oscura. Ma questo va verificato". Dal punto di vista computazionale, rimarca, "ciò è molto difficile". "I dati che utilizzeremo - fa sapere - sono quelli di Ligo e Virgo, gli interferometri che hanno portato alla scoperta delle onde gravitazionali e alla nascita dell'astronomia multimessaggera e, più a lungo termine, utilizzeremo quelli di Lisa (Laser Interferometer Space Antenna) la missione spaziale attualmente in fase di progetto presso l'Agenzia Spaziale Europea che vedrà la luce nel 2034". La ricaduta pratica del progetto, conclude Barausse, è "lo sviluppo di nuove tecniche computazionali per riuscire a risolvere sistemi di equazioni alle derivate parziali fortemente non lineari, che possono essere applicate in altre aree della fisica e altri campi scientifici". (ANSA).









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