Sarri alla Juve. Fa un certo effetto. Già perchè il tecnico napoletano cresciuto in Toscana non sembra depositario di quello che Boniperti definiva lo stile Juve. Non ci sono tracce di “juventinità” nel suo dna con la tuta ostentata come quella blu di un operaio della Fiat negli anni ’70, quella sigaretta consumata nervosamente, quel block-notes sul quale scrive appunti durante la partita e che stride con i tecnici ultratecnologici, quella vocazione per la polemica anche gratuita condita con dei “toscanismi” a volte anche eccessivi come quando insultò Roberto Mancini. Insomma, nessun vincolo di parentela con lo stiloso Massimiliano Allegri. Ma la Juve vuole la Champions e dopo anni di “politicamente corretto” per raggiungere l’obiettivo svolta a sinistra e adotta quel calcio spettacolare e anarchico di Sarri, basato sul possesso palla, il movimento perpetuo, l’estremismo tattico. Certo col Napoli era più semplice predicare il suo Vangelo, ma l’esperienza al Chelsea con il successo in Europa League ha convinto anche Giovanni Agnelli a sposare una scelta reazionaria decisamente di rottura rispetto al recente passato anche se i ben informati sostengono che Sarri sarebbe sicuramente piaciuto a Gianni Agnelli.