Da Karl Marx a San Francesco una squadra sorprendente 

I migliori di ogni tempo. Torna il nostro viaggio con le formazioni da sogno: per Carlo Miccio il più forte di sempre è Johan Crujiff, ma nella squadra ci sono personaggi dalle storie affascinanti e uniche  come Poma e Adams e campioni apprezzati da tutti come Antognoni


Carlo Martinelli


Riprende con Carlo Miccio il nostro viaggio in compagnia delle formazioni ideali. E con uno scrittore e artista come lui, sorprese assicurate. Leggete un po’ come - e chi - schiera nel suo 4-3-3 molto tradizionale.

1. Daniele Poma. “Portiere dell'Atletico San Lorenzo, scelto a simbolo di quel calcio popolare che rappresenta l'aspetto più importante e nascosto dell'impatto reale del football sulla società: al di là dei campioni miliardari che si contendono la Champions League c'è una realtà fatta di milioni di praticanti in tutto il mondo che si basa sui valori dell'inclusione, prima ancora che dell'agonismo. Dettaglio, questo dei valori, ancora non chiaro all'attuale amministrazione capitolina, che all'Atletico ha di recente sequestrato la sede sociale, l'ex Cinema Palazzo”.

2. Valery Lobanovsky. “Alla mia domanda su quale fosse la squadra più forte che avesse mai visto giocare, l'arbitro internazionale Paolo Casarin mi confermò quello che già pensavo: l'URSS del colonnello Lobanovsky. Niente da aggiungere”.

3. Mathias Rust. “Il fluidificante ideale: un ragazzino di diciannove anni che - nel 1987, in piena guerra fredda – parte dalla Germania con un mini-aeroplano da turismo ed evitando i radar della contraerea sovietica riesce ad atterrare indisturbato sulla Piazza Rossa. Da allora, un mito assoluto nel mio pantheon personale”.

4. Paolo Sollier. “Umile centrocampista in una squadra leggendaria – il Perugia di Castagner – il compagno Sollier è stato soprattutto l'autore di “Calci, sputi e colpi di testa”: un libro fondamentale che ha raccontato gli anni 70 attraverso lo sguardo militante e comunista di un “lavoratore dell'industria calcio”, come si definiva lui stesso”.

5. Tony Adams. “L’ex capitano dell'Arsenal è il difensore ideale perché sa che il primo avversario di ogni persona sono i suoi stessi demoni. Dotato di ardore agonistico ai limiti della violenza fisica, scelse però di raccontare in maniera trasparente le sue fragilità: non solo l'alcolismo, ma anche imbarazzanti episodi di masturbazione compulsiva in cui cadeva prima delle gare importanti. Un leone di sincerità e un libero su cui si poteva contare in ogni momento. Quasi”.

6. Nedo Ludi. “Stopper dell'Empoli degli anni Ottanta inventato dalla fertile penna di Pippo Russo, uno che il calcio sa raccontarlo davvero da ogni punto di vista. Difensore roccioso, poco incline ai compromessi e al modulo a zona, Nedo Ludi è anche l'emblema di tutti noi che ci sentiamo fuori moda, travolti da cambiamenti di cui non sentivamo il bisogno, che subiamo controvoglia e di cui poi non riusciamo a farcene una ragione. Tipo il congresso della Bolognina, dove cambiarono nome al PCI - spezzando il cuore del padre di Nedo Ludi - negli stessi anni in cui Sacchi e Berlusconi imponevano la loro visione di calcio&politica”.

7. San Francesco. “Nonostante i sandali e i problemi alla vista, San Francesco incarna l'archetipo primordiale dell'ala destra che semina il panico sulla fascia scompaginando le difese avversarie con finte ubriacanti. Immaginate i dubbi del difensore avversario: crossa in area o tenta il dribbling? È leader o gregario? Di destra o di sinistra? Predica la povertà o attacca i privilegi? Insomma, me lo figuro tipo Bruno Conti al Mundial – l'altezza era più o meno quella - che fa sputare sangue ai difensori brasiliani riscuotendone al contempo ammirazione e rispetto”.

14. Johan Crujiff. “Non ci giro intorno: il più forte calciatore di sempre, dotato di capacità tecniche, visione tattica, forza fisica e un istinto ai limiti del soprannaturale. Cuore e cervello della nazionale più bella e perdente di sempre, emblema di un'idea di calcio che era anche un sogno di trasformazione, e le cui implicazioni ideologiche andavano ben oltre il rettangolo di gioco. Insieme all'ingegneria idraulica, la pittura fiamminga e l'erba libera, il miglior contributo dell'Olanda al benessere mondiale”.

9. Mattia Armanni. “Da Crema, avrebbe aggiunto Gianni Brera. Bomber della Nazionale di Calcio a 5 di persone con problemi di salute mentale, con cui si è laureato campione del Mondo nel 2018. Feroce come Romario e potente come Batistuta, dotato di un istinto per il gol da domandarsi cosa sarebbe potuto essere, uno così, senza le catene degli psicofarmaci addosso”.

10. Giancarlo Antognoni. “Da bambino la sua maglietta era per me una seconda pelle, ma di tutte le immagini di lui la più indelebile è quella di un cross plastico che, il 22 novembre del 1981, spediva la palla in area per la zuccata vincente di Daniel Bertoni. Una giocata morbida ed efficace, appena una manciata di minuti prima di finire in coma per l'entrata assassina del portiere avversario. Della sua intera carriera, la mia memoria più forte resta proprio quella: la sua schiena dritta, il numero dieci bianco sulla maglia viola che si staglia sul prato verde mentre pennella il cross perfetto per la testa del centravanti Bertoni, qualche minuto prima di ritrovarsi la morte in faccia. Per la cronaca: superò il coma e qualche mese vinse il Mondiale”.

11. Karl Marx. “La fascia sinistra è ancora tutta sua. Continua a meritarsela da oramai quasi due secoli, visto che l'analisi tattica su cui ha impostato il materialismo storico rimane verbo insuperato per interpretare ogni partita, moviole comprese. Possedeva la dote più importante per un attaccante: la capacità di sollevare contraddizioni nella difesa avversaria per scardinare i moduli più impenetrabili. Peccato che non abbia più la curva dalla sua parte”.















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