i valori del visionario barone De Coubertin

In questi giorni mi è tornato alla mente un giovane francese che alla fine dell'ottocento compì un'impresa straordinaria: la riscoperta dei valori “dell'olimpismo” e la resurrezione delle Olimpiadi...



In questi giorni mi è tornato alla mente un giovane francese che alla fine dell'ottocento compì un'impresa straordinaria: la riscoperta dei valori “dell'olimpismo” e la resurrezione delle Olimpiadi in chiave moderna. Aveva circa trent'anni Pierre De Coubertin quando fu letteralmente conquistato dai valori potenziali dello sport. In una Francia depressa dopo la sconfitta di Sedan ad opera della Prussia, seppe vedere uno spiraglio per il rilancio della gioventù francese. C'era bisogno urgente di qualcosa che unisse il popolo senza consegnarlo al nazionalismo, che promuovesse la universalità tra i giovani . La riscoperta delle rovine di Olimpia ad opera dell'archeologo inglese Richard Chandler nel 1776, aveva dato vita ad una serie di imprese, come quella del tedesco Ernst Curtius nel 1874, che colpirono la giovane mente del barone Pierre il quale pian piano maturò un'idea che divenne una vera e propria fissazione. Fermamente convinto dei valori dello sport e della sua efficacia formativa sui giovani, ispirandosi al modello inglese strutturato anni prima da Thomas Arnold, rettore della Rugby School Britannica, girò in lungo in largo in cerca di consensi, soprattutto nel mondo universitario che però rimase indifferente ai suoi appelli. Negli USA nessuno si entusiasmò per la sua iniziativa, ebbe come interlocutore solo William Sloane rettore dell'università di Princeton. Insomma nell'indifferenza generale proseguì imperterrito per la realizzazione del suo folle progetto. Quando con pochi ma importanti appoggi ci riuscì, organizzò la prima edizione delle Olimpiadi moderne ad Atene nel 1896, a cui parteciparono non più di trecento atleti al cospetto di Re Giorgio di Grecia, ma rimase con l'amaro in bocca. La maggior parte dei presenti furono più attratti dall'aspetto coreografico e spettacolare dell'evento, in pochissimi capirono la vera importanza di quello che lui stava cercando. Continuò a diffondere il vero messaggio dello sport per tutta la vita parlando di concetti come l'agonismo che non deve mai diventare antagonismo e di giovani resi più leali, più forti, più sani, più sociali, più responsabili grazie alla pratica dello sport. E' morto vedendo il suo ideale affogare tra le medaglie e le cerimonie pompose che esige lo spettacolo. Vedi Pierre, ancora oggi lo sport nella sua forma pura deve giustificarsi, spiegare al mondo che è indispensabile per la formazione delle persone e viene messo sotto processo o in alcuni casi trattato come un'attività superflua, secondaria, marginale. Niente a che vedere con l'idea di “paidéia” che avevi tu… educazione morale, etica, civica, prima ancora che fisica.













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