Il Südtirol è ancora vivo e resta in gioco per la B 

Calcio serie C. Il Padova viaggia con un vantaggio di cinque lunghezze, mentre il Perugia ha trovato condizione e convinzione ma la squadra di Vecchi ha dimostrato di esserci ancora  


FILIPPO ROSACE


Bolzano. Il Südtirol c’è! Spaventata la capolista adesso tocca alle altre. Il pari conquistato contro il Padova merita la giusta analisi e la necessaria valutazione. D’accordo, il pari “brucia” perché il Suedtirol avrebbe meritato di più in termini di opportunità. Ci riferiamo al rigore (abbastanza netto) che il signor Vigile di Cosenza non ha avuto il coraggio di concedere ai biancorossi.

Si, mancanza di coraggio, perché il direttore di gara piazzato con la “telecamera oculare” a due passi dal luogo del “delitto” non può non aver visto la spinta di Kresic ai danni di Fischnaller. Non può non averla vista, sia lui che anche il collaboratore di linea.

Detto questo bisogna guardare avanti, e per il futuro prossimo il Suedtirol c’è ed è pronto a recitare la sua parte. Certo il Padova è distante cinque lunghezze, mentre il Perugia viaggia forte tanto da essersi accomodato alle spalle della compagine biancoscudata.

Da qui alla fine della stagione regolare, però, la promozione bisognerà conquistarla con sudore e sacrificio. E questo un discorso che riguarda le due battistrada ed anche le consorelle, compreso il Suedtirol, che stanno facendo rombare i motori nell’attesa di piazzare una decisiva accelerazione.

Il Suedtirol c’è ed è pronto a ingaggiare il duello finale. Eccessivo ottimismo? Più che altro è la confermata consapevolezza che l’organico a disposizione di mister Vecchi è in grado di competere con chiunque. Alla vigilia del match clou contro il Padova, il cielo di Maso Ronco era oscurato dalla nuvoletta plumbea dettata dalla numerica degli infortuni.

Si era parlato di formazione di emergenza, invece lo scacchiere che ha affrontato la capolista ha dimostrato di esser composto da altrettanti titolari.

Ci sarebbero da fare delle menzioni a parte partendo da quella da appuntare alla stoicità di Polak, passando per l’intramontabile qualità di capitan Fink e planando sul genio imprendibile di Voltan. La squadra che ha affrontato il Padova merita comunque un applauso collettivo, perché ha dimostrato di esserci e valorizzando il concetto di attaccamento alla maglia che, solitamente, emerge proprio nei momenti di maggiore difficoltà.

Un plauso a parte merita mister Stefano Vecchi. Conserviamo ancora gli appunti in cui il tecnico ci spiegava che la sacralità del modulo, quel 4-3-1-2 disegnato ad arte sulle caratteristiche di ogni singolo componente della rosa. Eppure mister Vecchi alla vigilia del match clou ha pensato (e anche bene) di commettere quel “sacrilegio” tattico che alla fine gli ha dato ragione. E non solo questo, ma quell’idea srotolata in partenza (4-3-3) potrebbe rappresentare da qui in avanti il verbo necessario per tentare la scalata alla cadetteria.

Un discorso a parte merita il fondo del Druso. Si è parlato tanto del nuovo impianto, la cui consegna è prevista nel prossimo mese di luglio. Si è parlato tanto del nuovo Druso decantando non solo la nuova struttura architettonica ma anche le qualità del terreno di gioco, definito un tappeto verde simile a quello del biliardo. Ebbene il fondo visto domenica pomeriggio contro il Padova, zeppo di zolle e tratti irregolari, tutto ha meno che la regolarità e la velocità che un terreno ben curato è capace di offrire. Il discorso è questo: il nuovo Druso è una struttura destinata a diventare uno dei tanti fiori all’occhiello dell’impiantistica sportiva altoatesina. Standard che però non riguarderà soltanto i gradoni colorati delle due tribune, o le pertinenze con tutti i loro comfort (servizi, bar e ristoranti), ma lo standard qualitativo dovrà essere elevato anche per quanto riguarda il terreno di gioco.

Lo scudetto che ha compiuto i venticinque anni si sta avviando ad aprire la finestra che sporge sulla cadetteria (se non sarà in questa stagione, la serie B arriverà comunque nel breve periodo), per cui è necessario che il terreno di gioco sia consone all’alto livello di calcio professionistico che l’attende.

Come fare? Semplice: dopo lo studio bisogna passare alla fase effettuale che richiede competenza e cura del manufatto.

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