Il “trentino”Douglas Te lo dò io il Brasile

Nonna Geltrude arriva da Trento, gli altri nonni austriaci


di Filippo Rosace


BOLZANO. Oma, Opa e Vovò, non sono soprannomi di altrettanti giocatori carioca, ma piuttosto lo scenario che ha contornato l’adolescenza di Ricardo Douglas Packer, centrocampista brasiliano approdato alla corte di Viali. Da piccolo difatti Ricardo Packer piuttosto che chiamare i nonni con il brasilero Vovò, ha utilizzato il familiare Oma e Opa, perché nel Dna del nostro Ricardo i geni teutonici e trentini l’hanno fatta da padrone. Discendenza che Ricardo Packer “deve” alla nonna paterna Geltrude Gadotti, e Francisco e Rieda Cardoso, entrambi di origine tedesca. Migrazione che, soprattutto durante il periodo bellico, popolò lo Stato di Santa Caterina, dove si trova Indaial la città natale di Ricardo Packer. Città dove ai campanelli delle case è facile rintracciare cognomi come quelli di Miller, Schultz e Gadotti, che di brasiliano hanno ben poco. “E’ una splendida cittadina che si trova a cinque minuti da Pomerode, la città più tedesca del Brasile, al confine con quella di Blumenau dove ogni anno ad ottobre si svolge l’Oktoberfest che, per mescita di birra, è al secondo posto dopo Monaco”. Ricardo Packer è cresciuto, quindi, non solo in una cittadina dove l’architettura delle case ed i gerani esposti sui balconi richiamano la nobile tradizione tirolese, ma anche per quella formazione umana e culturale che lo contraddistinse nella sua prima avventura Italia. “Ricordo – continua il centrocampista – quando ero a Siena dicevano “questo non è brasiliano è fin troppo serio” assomiglia più ad un tedesco”. Già la prima avventura italiana. Ricardo, dopo lo svezzamento nel settore giovanile del Figueirense, società della capitale Florianopolis, sbarcò in Italia all’età di diciassette anni giocando il torneo di Viareggio con la maglia dell’Inter. Fu li che arrivò la doppia cittadinanza che gli consentì di firmare il contratto di tre anni con la Juventus, società che lo girò al Siena. Nella città del Palio, il centrocampista brinda all’esordio nella massima serie a soli diciannove anni, affrontando l’Inter a San Siro. La vaglia sul letto p stata una costante per Packer che da Siena viaggia verso Pescara (richiesto fortemente da mister Giampaolo), dopo è la volta di Ravenna, in serie C, ed infine il ritorno in Brasile dove il nostro gioca per due anni nella serie B con la maglia del Parana. Da qui il contatto con l’Alto Adige che ha determinato in Packer la ricomposizione di una valigia fatta di sogni e di aspettative. “Avevo tanto voglia di tornare in Italia – dice Packer – per rimettermi in gioco. Ho trovato la possibilità con l’Alto Adige e sono contento di tornare a confrontarmi in una realtà importante. La squadra? E‘ un gruppo valido e fortemente motivato. Ci sono tanti buoni giocatori e quindi la concorrenza non mancherà. Questo non può che far bene, perché tutti lotteremo per la conquista di un posto in squadra. Siamo un gruppo affamato e che vuole contendersi la possibilità di giocare…un requisito fondamentale per una squadra che ha dei buoni obiettivi. Saudade? Quando hai la famiglia lontana e questo che c’è sempre qualche pizzico di nostalgia…però qua mi trovo insieme a Flavia la ragazza che ho sposato due mesi fa. Quindi la mia famiglia è qui, devo pensare solo a giocare e vivere felice”. I dna trentini e teutonici hanno certamente favorito l’ambientamento di Ricardo Packer nel tessuto connettivo altoatesino, ritrovando quelle peculiarità paesaggistiche lasciate a Indaial. “Watten? Non so che gioco sia…anche se a casa mia siamo veramente stregati dal gioco con le carte. Piuttosto mi dedicherò al gioco delle bocce che si usa tanto fare anche ad Indaial. Vivrò a Caldaro, un paesino molto tedesco, per cui mi troverò bene sia per i gerani sui balconi ma anche la gente del posto, sarà una bella esperienza. Così come nel mondo sono innamorati da Indaial la città più europea del Brasile. Pensi che la Globo, emittente televisiva principale, ha dedicato un reportage alla mia città illustrando le bellezze, gli usi e le tradizioni tipicamente trentine e germaniche. Il giorno dopo il Comune ricevette cinquemila chiamate da parte di gente che chiedeva di andare a vivere e lavorare ad Indaial”.













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