BOLZANO. Lo diciamo subito. Noi stiamo con Jannik. Non perché facciamo il tifo per Sinner. Ma perché facciamo il tifo per lo sport. Sinner - o, meglio, il suo staff - ha commesso una leggerezza enorme.

Anche su questo bisogna essere chiari: non avrebbe mai dovuto entrare a contatto col Clostebol. Ma chi conosce Jannik, e questo giornale lo ha raccontato fin da quando era ragazzo, non può non essere convinto della sua buona fede, certificata anche da tre perizie tecniche che hanno portato all'assoluzione ora contestata dalla Wada.

Soprattutto, c'è un "curriculum" fatto non solo di straordinarie vittorie, ma di tanti gesti da sportivo vero. Gesti non dovuti, ma spontanei: come quello di tenere l'ombrello alla raccattapalle sotto la pioggia di Indian Wells. O quello di correggere l'arbitro su un punto a suo favore concedendolo invece al suo avversario Kokkinakis a Cincinnati. O ancora, come dimenticarlo, quello della commovente dedica alla zia malata subito dopo il recente trionfo agli Us Open. Jannik è questo.

"Una bella persona", "un bravo ragazzo", come lo descrivono i suoi compaesani di Sesto, che l'hanno visto crescere. Certo, non tutti la vedono così. A partire da alcuni suoi colleghi tennisti. Djokovic e Alcaraz non sono stati teneri nei suoi confronti subito dopo che la vicenda Clostebol è diventata di dominio pubblico. Altri - come il "bad boy" del tennis Nick Kyrgios - hanno usato parole di condanna affermando che per Jannik è stato usato un metro di giudizio diverso rispetto ad altri.Sarà il Tas a decidere nel merito.

Noi però un primo giudizio possiamo già darlo: la giovane carriera di Jannik Sinner - un ragazzo che a neanche 23 anni si è ritrovato sul tetto del tennis mondiale - è stata un inno alla sportività. Può una leggerezza cancellare tutto questo? Il rischio c'è. Ma noi facciamo il tifo per Jannik. Noi facciamo il tifo per lo sport.