Scienza

A Bolzano per le analisi i resti degli stambecchi più antichi mai ritrovati

Rinvenuti in estate a oltre tremila metri nel Parco Naturale del Gruppo di Tessa, sono più vecchi di Ötzi



BOLZANO. Li avrà uccisi un fulmine o qualche altro fenomeno naturale? O per caso c’entra in qualche modo l’uomo? La parola ora passa ai ricercatori, che cercheranno di capire se sia solo una questione paleontologica o se ci sia di mezzo anche l’archeologia.

Stiamo parlando dei resti di stambecchi rinvenuti a tremila metri quest’estate, mille e settecento anni più vecchi di Ötzi. Le ossa sono state trasferite ieri a Bolzano, dove verranno avviate approfondite analisi. «Il passo più importante ora è quello di classificare i reperti», afferma David Gruber, direttore del Museo di Scienze naturali dell’Alto Adige, che ha accompagnato il trasferimento dei resti animali del periodo neolitico. È già stato accertato che i resti di stambecco sono vecchi di almeno 7000 anni, come confermato dall'analisi al radiocarbonio effettuata a inizio dicembre.

Alla scoperta dei segreti degli stambecchi pià antichi di Ötzi

I resti degli animali, trovati l'estate scorsa a tremila metri, sono stati trasferiti a Bolzano.

Ora l'ufficio archeologico incaricherà un esperto di esaminare ulteriormente i resti. «Se si può dimostrare che l'uomo ha tenuto gli animali lì, a più di 3000 metri di altitudine, o che gli stambecchi sono morti per mano dell'uomo, possiamo considerare tali reperti di rilevanza archeologica», spiega Gruber. Per il resto, si tratta di una scoperta di importanza zoologica.

Gli esperti, nel frattempo, stanno seguendo con grande interesse anche i ritrovamenti di resti animali risalenti al Neolitico. «In laboratorio possono essere rilevate soprattutto le influenze della caccia», afferma Herwig Prinoth, conservatore di paleontologia al Museo. Tuttavia non si può escludere che si trattasse di un luogo di culto: tracce di vernice, ad esempio, potrebbero fornire un indizio in tal senso. «È anche importante compiere un'ispezione in loco, che andremo ad effettuare presto con il nostro personale dell'ufficio archeologico e forestale», dice Gruber.

Si attendono ora ulteriori analisi genetiche. «Lo stambecco è stato oggetto di una caccia massiccia nella regione alpina tra il XVI e il XIX secolo, e a metà dell'Ottocento era praticamente estinto; nel Gran Sasso c'era una colonia protetta da regio-decreto formata da circa 50 animali», spiega Petra Kranebitter, conservatrice zoologica al Museo. Ci sono state reintroduzioni di alcune specie e alla fine del 2013 la popolazione segnalata in Alto Adige era formata da circa 1400 animali.

«Il ritrovamento presso Cima Fiammante è il più orientale finora effettuato nell'epoca in cui le colonie di stambecchi erano numerose e distribuite omogeneamente: siamo curiosi di scoprire quali risultati porterà il confronto genetico dei reperti con quelli dell'attuale popolazione di ungulati», evidenzia Kranebitter. All'inizio dello scorso mese di luglio, Stefan Pirpamer, Tobias Brunner, Arno Ebnicher e Luca Mercuri hanno trovato resti di almeno 15 stambecchi sull'altopiano sommitale di Cima Fiammante, a quota 3.228 metri, nel Parco Naturale del Gruppo di Tessa, segnalando il ritrovamento alla stazione forestale di San Leonardo in Passiria. Il vice capostazione Andreas Hofer ha atteso ieri David Gruber e il suo staff, che hanno raccolto i resti trasportandoli fino a Bolzano.

Imballati in alcune scatole, i reperti sono stati trasferiti in un deposito del Museo di Scienze naturali. In un prossimo futuro, verranno inseriti in un database e poi consegnati agli esperti scientifici. «L'Ufficio Archeologico incaricherà nei prossimi giorni un esperto di effettuare ulteriori indagini. Non appena sarà disponibile un risultato, un gruppo di lavoro deciderà quali ulteriori accertamenti condurre sui resti degli ungulati e dove, eventualmente, esporli», sottolinea Gruber.

Forse è una coincidenza che questo trasferimento avvenga quasi 25 anni dopo quello più celebre, da Innsbruck a Bolzano, della mummia venuta dal ghiaccio Ötzi. Quel che è certo è che i resti di stambecco, con un'età di 7000 anni, risultano essere circa 1700 anni più vecchi di quelli della mummia del Similaun. Non si può escludere al momento che sulla sommità della Cima Fiammante si trovino ancora reperti, non riconoscibili soprattutto agli occhi dei profani. Non è da escludere, inoltre, che qualche escursionista possa avere già prelevato ossa o altri reperti. «Faccio un appello affinché tutti i reperti individuati rimangano sul posto e invito coloro che hanno scoperto qualcosa di inviarci una foto o contattarci in modo che gli esperti possano recuperare i resti sul posto. Chiediamo a questi alpinisti di consegnare i reperti al Museo di Scienze naturali, in modo che la scienza possa ricostruire un quadro il più possibile esaustivo», conclude David Gruber.













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