Comitato, su piazza Prati non è una questione etnica 

«Basta con le strumentalizzazioni e le bandiere, qui si tratta di democrazia» Per i membri nessuna paura dell’asse Svp-Bündnis: si voterà solo nella frazione


di Sara Martinello


LAGHETTI DI EGNA. Basta con le strumentalizzazioni, con le bandiere, con le incursioni nel campo della questione altoatesina. Il comitato per il referendum col quale i cittadini di Laghetti di Egna potranno decidere se tornare da “piazza della Chiesa” a “piazza Giovanni Prati” riporta il focus del dibattito sul motivo di quella che potrebbe essere la prima applicazione dell’istituto democratico del referendum nell’ambito della partecipazione. Perché di democrazia si parla, e non di “italiani” e di “tedeschi”.

Ora che il comitato ha raccolto 100 firme, il referendum si fa più vicino e concreto. È un istituto democratico che nella Bassa Atesina non è mai stato gestito e nelle ultime settimane diversi attori della politica vi si sono accostati. Alla domanda se in qualche misura possano temere l’alleanza Svp-Bündnis, la stessa che nel maggio 2017 sostituì al poeta romantico un toponimo, semplice indicazione che nella piazza c’è una chiesa, i membri del comitato referendario spiegano come questo problema non si ponga proprio. «Si vota solo a Laghetti, non a Egna – spiegano – Noi ci siamo fatti carico del malumore dei 251 residenti firmatari del primo appello contro quella delibera frutto dell’antidemocraticità della giunta, appello indetto dal circolo culturale di Laghetti: sono del tutto fuori luogo gli avvicinamenti a questa o a quella parte politica. Non intendiamo scivolare nella palude di una questione etnica. Qui si parla di politica nella sua accezione più genuina, quella della partecipazione democratica. Ma finché politica ed etnicità saranno parti di una stessa equazione, la strada da percorrere sarà molto lunga».

D’altronde, se l’istanza presentata dal comitato fosse ricaduta nella questione etnico-linguistica, la commissione provinciale che valuta l’ammissibilità dei referendum popolari l’avrebbe rigettata immediatamente, e questo in base all’articolo 43, lettera B, del relativo regolamento. Il dubbio che si possa trattare di questione etnica è definitivamente spazzato via da un fatto: «Nessuno di noi – riprende il comitato – si è lamentato quando hanno dedicato piazza Bagolari, o “Centrale”, ad Albrecht Dürer, perché per l’occasione il consiglio comunale lo si fece a Laghetti, invitando la popolazione residente». Ironia vuole che prima del 2003, quando si fece la marcia del Dürer (una gara podistica), «nessuno sapeva di chi si trattasse». Il castello di scuse perde pezzi: in questo caso, cade quella relativa a una scarsa riconoscibilità del poeta Giovanni Prati.

Recentemente, intervistato dal nostro giornale, il consigliere comunale della lista civica Bündnis Franz Simeoni ha spiegato, come già aveva fatto tempo fa davanti ai membri del comitato, come si fosse arrivati a votare il nuovo toponimo senza prima aver consultato i cittadini di Laghetti. «Aveva anche sbugiardato Harald Pardatscher, consigliere e segretario della sezione di Laghetti della Stella alpina. Pardatscher aveva detto che l’Svp aveva avvisato della situazione tutti i consiglieri, ma Simeoni, chiedendo all’assessore Andrea Olivetti (Svp) se la petizione potesse essere problematica, si era sentito dire che era tutto a posto». A onor del vero, resta il fatto che tutta la documentazione relativa a ciascuna seduta del consiglio comunale è inviata ai consiglieri già con la convocazione. «Non vogliamo essere coinvolti in propagande elettorali che si stanno facendo sulla nostra istanza democratica», è l’ultimo appello del comitato.

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