«Contro i pregiudizi la strada è ancora lunga» 

A Laives. L’assessora Vicidomini e la presidente del comitato pari opportunità Daidone tirano le somme sulla violenza di genere. Con qualche spunto per un futuro più inclusivo


Sara Martinello


Laives. Panchine rosse, incontri con chi ha una storia da cui imparare, la partita della pallavolo maschile come occasione di sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne. Ma anche un corso di autodifesa, quasi ad ammettere che sono le donne a doversi difendere, e non gli uomini – i bambini e le bambine, per essere precisi – a dover cambiare registro culturale.

Laives deve ancora fare strada nel contrasto alla disparità di genere, ma ha tutte le buone intenzioni. E si mostra ricettiva a nuovi spunti, sia che vengano da studenti come Sara Boni, autrice di uno studio su donne e lavoro nel territorio, sia che prendano in considerazione il mondo Lgbtqia. Perché gli stereotipi e la violenza si abbattono insieme.

Panchine rosse e autodifesa.

È l’assessora comunale alle pari opportunità – nella corrispondente commissione anche all’interno del suo ordine professionale, quello dei dottori commercialisti e degli esperti contabili – Daniela Vicidomini a illustrare le iniziative in programma. «Alle cinque panchine rosse già installate in città ne aggiungeremo tre – spiega –. Stavolta la collaborazione sarà coi tre centri giovanili di Laives. Una sarà collocata al parco Marconi, molto frequentato dai più giovani. Il 23 novembre, a ridosso del 25 (giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ndr), la partita di pallavolo».

E poi ci sono il corso di yoga e quello di autodifesa. Non è un controsenso, o, più generosamente, una soluzione tampone rispetto a politiche che invece andrebbero attuate già nella formazione dei bambini in età prescolare? «Vorrei che a corsi di autodifesa non ci dovessimo pensare – risponde Vicidomini –. Ma la violenza c’è, fuori e soprattutto dentro casa, quindi ci si ritrova costretti ad attivarsi in questo senso. In conferenza stampa abbiamo ribadito la necessità di parlare, di denunciare, ma purtroppo nonostante la partecipazione delle forze dell’ordine alle varie iniziative, col prefetto Vito Cusumano sempre molto presente, è ancora difficile che le vittime si rivolgano a carabinieri o polizia o ad associazioni come Gea. Non dimentichiamo che vittime sono anche i bambini. Penso che bisognerebbe reintrodurre l’educazione civica fin dalle elementari».

Così invece Patrizia Daidone, presidente del comitato per le pari opportunità e membra del suo corrispettivo a livello provinciale, insediatosi in settembre: «La riproposizione del corso di autodifesa l’ho vista più come una forma di consapevolezza: nell’eventualità che mi sia tentata violenza, posso difendermi. Forse si potrebbe lavorare di più sul mondo maschile, ma è difficile che un uomo riconosca o ammetta di aver bisogno di “imparare” il rispetto».

La partecipazione.

«Avrei avuto una lista di ospiti da invitare a partecipare al programma di iniziative – prosegue Daidone –, ma siamo a fine mandato, quindi per ora ci fermeremo al 23 febbraio. Però il 25 con Fidapa stiamo preparando un grande evento: a Bolzano avremo la prima sposa bambina venuta in Italia». Panchine e corsi di yoga a Laives e ospiti di assoluto rilievo a Bolzano? «Macché – smentisce –, all’auditorium di San Giacomo abbiamo fatto una giornata sulla violenza assistita con Antonella Penati, la mamma di Federico, dell’associazione “Federico nel cuore”, con la psicologa Maria Serenella Pignotti, con Giovanna Fava dell’associazione donne giuriste e con l’associazione Gea». Vicidomini ricorda anche l’incontro con Gessica Notaro, fra le diverse conferenze organizzate a Laives. «Conferenze alle quali abbiamo sempre registrato l’ottima risposta della popolazione, soprattutto da parte dei più giovani».

Due idee per il futuro.

L’assessora e la presidente del comitato fanno presente il sondaggio su donne e lavoro condotto dall’allora laureanda Sara Boni. «Ha evidenziato differenze di retribuzione e di trattamento – spiega Vicidomini –. Oggi si sono abbattuti alcuni pregiudizi culturali, anche se non siamo ancora ai livelli del Nord Europa qualche passo avanti lo si è fatto, seppure con forti ritardi». Il Comune di Merano, intanto, ha creato uno sportello per il reinserimento delle donne nel mondo del lavoro. Soprattutto di coloro che per svolgere il lavoro di cura della famiglia hanno dato le “dimissioni volontarie”. Vicidomini la trova un’idea interessante per il futuro.

Sempre a Merano, come a Bolzano, è inoltre attivo lo sportello Spiq, che offre consulenze e sostegno alle persone che si riconoscono nella sigla Lgbtqia e alle loro famiglie. Uno strumento della lotta alla discriminazione, all’odio, alle varie forme di depressione. «Si potrebbe creare un osservatorio dei diritti», osserva Daidone.













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