«Gli animali si sono ripresi il centro dei nostri paesi» 

L’ornitologo. I consigli del ricercatore Eurac Matteo Anderle che sta mappando la biodiversità in provincia campionando 320 siti, molti  dei quali in Bassa Atesina e Oltradige: «L’uomo guarda ciò che è grande, ma aguzzare la vista permette di cogliere esemplari incredibili» 


Valentina Bergonzi


LAIVES/EGNA. A chi si era affezionato alle immagini di animali inaspettati nel centro del paese, l’ornitologo Matteo Anderle dà alcuni consigli per continuare a mantenere un contatto più stretto con la natura nel quotidiano urbano. Anderle ha collaborato alla City Nature Challenge 2020 e partecipa come ricercatore sul campo al Monitoraggio della biodiversità Alto Adige: il progetto commissionato dalla Provincia a Eurac Research, con la collaborazione del Museo di scienze naturali dell’Alto Adige e dell’Ufficio Natura, sta mappando la biodiversità in tutta la provincia, campionando 320 siti, tra questi molte delle zone più interessanti si trovano proprio tra Bassa Atesina e Oltradige.

Le settimane del lockdown più rigido sembrano ormai lontane. È passato anche il tempo degli avvistamenti di animali in città?

La calma dei centri abitati imposta dal lockdown può aver reso meno timidi alcuni animali, come i caprioli o le volpi, e infatti nei mesi scorsi gli avvistamenti non sono mancati. Ma tanto dipende da noi. Basta prenderci tempo e dimenticarci per un momento di essere grandi mammiferi che vedono principalmente animali altrettanto grandi e guardare al piccolo e in altre direzioni.

Verso il cielo, per esempio, tra i rami degli alberi nei parchi, dove sugli alberi più maturi nidifica il picchio verde, o tra i cespugli, dove i merli cercano insetti e lombrichi sul terreno.

Come dobbiamo attrezzarci?

Basta guardare e, soprattutto, ascoltare bene. Per esempio il rampichino alpestre, un passeriforme arboricolo, è molto simile al rampichino comune, ma il canto è diverso. Anche il vocalizzo acuto del merlo spaventato da qualche ciclista diretto al lavoro è inconfondibile. Poi naturalmente sono utili i manuali – per noi addetti ai lavori la Collins Bird Guide (trad. “Guida degli uccelli d’Europa, Nord Africa e vicino Oriente”) è la bibbia – oppure le app dove ci si può confrontare con gli esperti, come Ornitho.it o iNaturalist, che abbiamo usato anche per la City Nature Challenge.

Si trovano molte specie di uccelli nei centri abitati?

Durante il primo anno del Monitoraggio della biodiversità Alto Adige abbiamo campionato sei aree urbane: Brunico, Vipiteno, Albions, Penone e le zone industriali di Bolzano e Merano. Abbiamo individuato tra le sette e le undici specie.

Numericamente sono addirittura superiori a quelle che abbiamo trovato nei prati o nei pascoli, ma bisogna precisare che gli uccelli che vivono lì sono legati in modo indissolubile a quei particolari habitat e sono quindi più a rischio se l’ambiente cambia, per esempio per effetto dei cambiamenti climatici o soprattutto per pratiche agricole sempre più intense. Per esempio se il primo sfalcio dei prati viene anticipato, il re di quaglia – un ormai raro uccello migratore che nidifica a terra – non avrà più uno spazio idoneo per il suo nido nei prati stabili della provincia. Nei centri abitati vivono invece uccelli più generalisti, cioè che si adattano meglio a situazioni mutevoli e in continua evoluzione.

Per esempio?

La cornacchia nera, il fringuello, il codirosso spazzacamino e tanti altri. Alcuni si trovano all’improvviso inglobati, come l’averla piccola che nidifica negli incolti a sud di Bolzano, ormai quasi totalmente edificati. Altri sono attratti dalle risorse che offre un habitat frammentato e vario come quello degli insediamenti umani.

Gli uccelli volano e non vengono ostacolati dalle barriere infrastrutturali; anzi, balestrucci e rondoni nidificano volentieri sotto i cornicioni dei palazzi, meglio ancora se antichi.

Ci sono in Alto Adige anche uccelli arrivati da lontano, come le piante aliene?

Sì, alcuni sono arrivati spontaneamente, come i gabbiani reali mediterranei che si avvistano a Bolzano sud o specie tipicamente più mediterranee che per un effetto dei cambiamenti climatici si spostano sempre più a nord.

Poi ci sono i parrocchetti dal collare, pappagalli verdi forse sfuggiti da qualche voliera domestica che si sono messi a loro agio nei nostri parchi. Nidificano in alberi grandi e con il tempo scalzano altre specie. A Firenze hanno di fatto scacciato dai viali cittadini i rapaci notturni, come gli allocchi.

Com’è la giornata di un ornitologo?

Sveglia prima dell’alba e partenza per il sito di campionamento. Scelgo i periodi dell’anno che mi permettono di trovare solo le specie nidificanti e non uccelli migratori di passaggio. Mi fermo in un punto e registro tutto quello che succede nell’arco di 100 metri: i canti, se gli esemplari sono giovani o adulti, cosa stanno facendo. Se per esempio trasportano rami o muschio, so che nei paraggi ci sarà un nido in costruzione. E magari al prossimo giro avvisterò i nuovi nati.

Matteo Anderle ha conseguito una laurea in scienze e gestione delle risorse faunistiche a Firenze e sta svolgendo un dottorato all’Università di Innsbruck. Ha trascorso un periodo nel Regno Unito al Game & Wildlife Conservation Trust e ha collaborato con il Muse prima di arrivare in Eurac Research. Oltre al campionamento degli uccelli, sul tetto del centro di ricerca bolzanino sta allestendo arnie che potrebbero essere al centro di un prossimo studio.

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