«Il Melograno», il lavoro che cresce durante la pandemia 

L’associazione di Bronzolo. «Avvertiamo la fibrillazione delle donne quando ci sono cambiamenti nell'aria» « La solitudine forzata di questo periodo ha messo in luce ciò che già c’era: conflitti, disagi ma anche positività e accoglienza»


Linda Baldessarini


Bronzolo. Non si ferma l’associazione Il Melograno che si occupa di offrire sostegno ai genitori soprattutto durante i mille giorni a cavallo tra concepimento e primi mesi del bambino. Non si può fermare perché il bisogno della loro utenza in questo momento di chiusura a causa della pandemia si è moltiplicato. Mutata nella forma ma non nella sostanza, anche nei mesi di lockdown totale, la presenza di volontarie e operatrici del centro ha dovuto rimanere costante, viste le numerose richieste di sostegno delle neo mamme.

«Nel momento della chiusura a marzo abbiamo deciso di continuare in modalità online e abbiamo avuto un grandissimo riscontro, anche perché contemporaneamente diminuivano drasticamente i servizi di Asl e consultori, che solitamente si occupano di assistere i neo genitori. Corsi di accompagnamento alla nascita e post parto erano sospesi e noi abbiamo supplito in maniera snella ed informale a questa mancanza», racconta Silvia Cavalli responsabile dell’associazione con sede a Bronzolo.

Il sostegno di tipo sociale e la creazione di punti di riferimento sono al centro dell'opera del Melograno che non si pone l’obiettivo di insegnare metodi ma più che altro di creare una rete di sostegno.

«Abbiamo constatato che la solitudine forzata di questo periodo ha messo in luce ciò che già c’era. Chi viveva una situazione di relazioni conflittuali o di disagio ha visto queste cose amplificarsi affrontando la nuova nascita in solitudine. Chi invece era in una situazione di accoglienza del bambino con una buona centratura ha trovato delle grandi risorse nella possibilità di stare in quarantena. Non dimentichiamo che anche i quaranta giorni dopo il parto si chiamano proprio quarantena e poterla vivere in tranquillità, senza interferenze, senza tempi programmati, per molte donne è stata una fortuna. Non va dimenticato però che per una mamma al primo figlio un neonato è praticamente un alieno ed è lì che la rete dei rapporti solitamente viene in aiuto, rete che è mancata e che ora risulta nuovamente in pericolo».

Un’utile presenza, purtroppo ancora da considerarsi una fortunata conseguenza della situazione è stata quella dei papà. «Questa è stata una bella sorpresa e un valore che si è scoperto nell'aspetto della cura, speriamo sia uno degli insegnamenti che non andranno persi dopo l'emergenza». Come hanno vissuto le nuove mamme la nascita e i primi momenti con il bimbo in questa strana stagione è stato estremamente soggettivo ci spiega Silvia. «Partorire in un ambiente così medicalizzato e affrontare i primi mesi in solitudine, spesso ha tirato fuori una forza interiore che molte non sapevano di avere. La coscienza di sapercela fare da sole e il coltivare la propria intimità sono sicuramente stati dei vantaggi, ma la possibilità delle madri di essere a loro volta accudite, ad esempio dai genitori, sicuramente è mancata. La vicinanza delle persone care e l'esempio delle altre madri o di chi può dare una mano essendoci già passato è un valore che a loro non è stato concesso o è stato concesso poco».

Siete riuscite in qualche modo comunque a far sentire le donne parte di una comunità accudente ed accogliente? «Inizialmente abbiamo faticato ma pian piano siamo riuscite a ricreare, pur con i limiti dati dalla distanza, il cerchio che siamo solite vivere quando teniamo i nostri incontri in sede. È stato importante far capire che i neonati potevano farne parte, dovevano poter piangere, essere allattati, cambiati ed accuditi».

Il Melograno assicura che non smetterà di esserci nemmeno ora. Da giugno le operatrici ricevono solo su appuntamento individuale o in microgruppi. «Anche se non sappiamo con che modalità continueremo il nostro servizio, del fatto che continueremo siamo certe. Lo faremo secondo le regole che man mano ci saranno date. Abbiamo bisogno di organizzare il lavoro perché la mole di impegno del nostro personale è aumentata di molto e sentiamo già la fibrillazione delle donne da quando ci sono nuovamente cambiamenti nell'aria».

Quali sono le vostre preoccupazioni e le vostre speranze, cosa è stato dimenticato in questi mesi secondo voi? «Per le madri non è stato facile. Le storie di fatica sono soprattutto quelle di donne alle prese con bambini un po' più grandi, con i neonati è quasi stato più facile. Le donne sono rimaste a casa e si sono ritrovate con bambini da seguire e magari uno smartwork da portare avanti. Queste sono donne che purtroppo non sono riuscite a raggiungere servizi come il nostro, non ne hanno avuto il tempo. Le nostre operatrici, come quelle di altre realtà, avrebbero sicuramente potuto aiutarle ma purtroppo queste donne erano troppo oberate dall'impegno quotidiano. È importante il sostegno alle famiglie ma nei decreti ed ordinanze visti finora i neonati sono nominati. Noi crediamo che la serenità delle madri e dei padri dei nascituri e dei bimbi più piccoli sia un investimento. Vorrei che fosse data importanza anche a questo, che non ci si dimentichi dell'inizio della vita».













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