«Noi, cittadini ignorati» Laghetti accusa il Comune 

L’assemblea sulla piazza. Il comitato referendario raccoglie il malcontento dei residenti Dalla piazza “senza nome” alle possibili risoluzioni della Corte dei Conti, a Egna è battaglia


Sara Martinello


Egna. Nonostante le promesse del sindaco Horst Pichler, la piazza di Laghetti dove domenica si è votato per le europee è senza nome da quasi tre mesi. L’altra sera, di fronte a una platea di 70 cittadini - un successo, per la piccola frazione di Egna -, il comitato ha fornito un resoconto dettagliato degli ultimi sviluppi, dando spazio poi a un dibattito. Non sono mancati l’avvocato Andrea Manca e gli esperti di Democrazia Diretta, ma nemmeno i rappresentanti della politica. Dalla consigliera provinciale Brigitte Foppa ai consiglieri comunali Alessandro Borsoi, Marco Mariotti, Alessandro Sartori e Franz Simeoni, fino ad Harald Pardatscher, dell’Svp l’unico in sala.

La tabella “rovinata”.

La tabella recante “piazza Giovanni Prati” doveva essere ripristinata quasi tre mesi fa, il 5 marzo, quando è divenuta esecutiva la delibera del 21 febbraio 2019 che revocava quella con cui nel maggio del 2017 il consiglio comunale votò il passaggio a “piazza della Chiesa”. Da quel 5 marzo si sono succeduti i solleciti all’amministrazione perché la piazza tornasse ad avere l’indicazione di un nome. Alcune settimane fa, il portavoce del comitato Fulvio Benati si è sentito rispondere da un’impiegata del municipio che la vecchia tabella, “troppo rovinata”, era stata buttata via, e che era stato chiesto un preventivo per un nuovo cartello. «Quanta solerzia, addirittura un preventivo», commentava Benati di fronte a quello che era sembrato soltanto un temporeggiamento. Il cambio del nome ha creato anche problemi burocratici, come bollette che non arrivano o solleciti per pagamenti non effettuati per la poca chiarezza sul nome della piazza.

«Noi, cittadini inascoltati».

È stato il Tar a dare risposta al quesito sulla liceità di una consultazione senza che le regole fossero state stabilite in precedenza. Altro tema evidenziato dalla questione, spiega l’avvocato Manca, «è quello delle fake news, delle false informazioni». Il pensiero va alla brochure propagandistica distribuita prima del sondaggio. «Il comitato ha sempre dimostrato non solo tenacia, ma anche apertura al dialogo. Se il dialogo si è perso non è stata colpa del comitato. La vicenda ha rivelato anche il tema della partecipazione popolare». E qui gli interventi dei cittadini: «Se non ci foste voi del comitato noi cittadini non sapremmo niente. È grave che il Comune non ci informi, è una mancanza di rispetto», «L’amministrazione non risponde mai a noi cittadini», «Se gli altoatesini di madrelingua italiana rispettano il nome di Andreas Hofer, lo stesso andrebbe fatto da chi parla tedesco: vicolo dei Pellegrin è stato tradotto in “Pilgrimweg”, ma “Pellegrin” è un cognome». Gli interventi degli abitanti di Laghetti all’assemblea indetta dal comitato parlano di trasparenza, di rapporto col cittadino, di errori grossolani nella toponomastica - o della pratica già usata da Ettore Tolomei di basare la traduzione sull’assonanza, in mancanza di radici lessicali chiare. L’ex assessora Cristina Wegher spiega come già durante la scorsa legislatura le fu proposto in maniera non ufficiale di cambiare il nome della piazza in “piazza Libertà”. «Quando chiesi il motivo – racconta – mi fu risposto che Giovanni Prati non lo conosceva nessuno. Replicai che c’erano cose più importanti da fare, e da allora, per cinque anni, nessuno tirò più fuori la questione. La cosa infatti non era neppure arrivata in giunta, e se fosse arrivata se ne sarebbe discusso, non come è stato fatto dall’attuale amministrazione. Un’amministrazione che non ascolta la popolazione, un’amministrazione che non risponde a una raccolta firme!».

La raccolta firme.

Maria Piffer, presidente del circolo culturale italiano di Laghetti, spiega che quando il circolo organizzò la raccolta firme nessuno pensò alla figura di Giovanni Prati, all’irredentista. «Ad oggi non abbiamo ancora avuto una risposta ufficiale», denuncia, chiedendo se il Comune fosse invece obbligato a replicare. «Il Comune – risponde l’avvocato – doveva aprire un procedimento amministrativo con un termine che secondo il regolamento comunale di Egna è fissato a 30 giorni. Ma è stato inerte: in questi casi esiste un rito amministrativo apposito». Qualcuno dal pubblico domanda se non si configuri anche un reato penale. «Tra le figure sintomatiche di eccesso di potere – riprende Manca – c’è anche lo sviamento di potere, che è particolarmente grave. Il Tar poi segnala alla Procura eventuali reati. Eventualmente entrerà in gioco la Corte dei Conti per valutare l’azione dei singoli, e non del Comune in generale».













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