Piazza a Laghetti, il Tar «congela» il sondaggio 

Piazza Prati. Domani non si vota, accolta la richiesta di sospensiva del comitato referendario L’esecutivo di Egna ha deliberato una spesa di 3 mila euro per incaricare un legale di fiducia


sara martinello


Laghetti. Il Tar ha accolto la richiesta di sospensiva d’urgenza per il sondaggio con cui domani la maggioranza che guida il Comune di Egna avrebbe chiesto agli abitanti di Laghetti di scegliere se mantenere “piazza Giovanni Prati”, se tornare a “piazza Chiesa” o se trovare un nuovo odonimo. Una piccola, significativa vittoria per il comitato pro referendum, che tramite l’avvocato Andrea Manca ha presentato la richiesta al Tar. Il motivo è la valenza partitico/privata della consultazione organizzata dalla giunta. Il Comune, secondo quanto fa sapere il comitato, avrebbe dovuto emanare un provvedimento con cui formalizzare le modalità della consultazione popolare. Intanto ieri mattina è comparsa all’albo pretorio del Comune una delibera di giunta per l’affidamento all’avvocato bolzanino Manfred Schullian della difesa di fronte al Tar. Impegnando 3.806,40 euro, soldi provenienti dalle casse comunali.

«L’altra mattina – fa sapere il portavoce Fulvio Benati – siamo andati in municipio e abbiamo ascoltato la registrazione del consiglio comunale in cui è stata votata la revoca della delibera del 2 maggio 2017 con cui da “piazza Prati” si passò a “piazza della Chiesa”. Si sente distintamente il sindaco dire che il comitato e i capigruppo sarebbero stati coinvolti nella redazione del sondaggio, quando invece nell’incontro di un paio di settimane fa ci siamo trovati di fronte al fatto compiuto, cioè a una scheda elettorale con le tre opzioni». Intanto, le 251 firme raccolte ben più di un anno fa dal circolo culturale di Laghetti per la revoca di quella delibera ancora aspettano una risposta da parte dell’amministrazione.

Il sondaggio, del quale sul sito del Comune di Egna non c’è traccia, è stato sostenuto dal sindaco Horst Pichler con una brochure intitolata “Sii parte di Laghetti. Chi semina pace, raccoglie futuro”. All’interno, frasi rassicuranti scritte in grassetto, foto di giovani sorridenti e di un ex capofrazione che, almeno secondo la didascalia, racconta di aver vissuto il periodo delle tensioni etniche, “tempi che dovrebbero essere ormai superati”. Ma anche slogan come “Nomi forti uniscono”. Il “nome forte”, piazza della Chiesa, sarebbe quello indicante ciò che campeggia nella piazza, cioè una chiesa. Non il nome di uno tra i massimi esponenti della poesia romantica italiana. Infine, la foto del sindaco stesso. Come già prefigurato dal volantino in tedesco distribuito all’inizio di febbraio dal capofrazione e assessore comunale della Svp Andrea Olivetti agli abitanti di lingua tedesca, nel quale si leggeva che “il modo nel quale la discussione si è sviluppata è molto preoccupante e indica purtroppo che tensioni etniche sono ancora forti nell’inconscio di parti della società”.

È con l’accusa di voler rispolverare la questione etnica che si cerca di svilire l’istanza del comitato referendario, quella di usare gli strumenti della democrazia. A partire dalla mancata consultazione della popolazione residente a Laghetti prima di deliberare il passaggio a “piazza Chiesa” nel maggio del 2017, fino ad arrivare a un sondaggio con valore personale o partitico. «Ora sembra che siamo noi i fomentatori della discordia, mentre il problema etnico è stato creato ad hoc da Olivetti e usato per offuscare il vero tema di questa battaglia, la democraticità».













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