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A Spielfeld i profughi finiscono in gabbia

Abbiamo visitato il campo austriaco che verrà replicato da aprile al passo del Brennero. Ogni giorno da 600 a 800 migranti in entrata, con picchi di 1300


Davide Pasquali


SPIELFELD (Austria)/ŠENTILJ (Slovenia). «In media arrivano da 600 a 800 profughi. Ogni giorno. Dal 20 gennaio, ossia da quando siamo entrati a regime, abbiamo toccato punte di oltre 1300 migranti. Solo oggi e in un’altra occasione non è arrivato nessuno. Non sappiamo bene perché. Probabilmente è colpa delle mareggiate nell’Egeo: per qualche giorno non riescono ad attraversare il mare e quindi, di riflesso, qui c’è qualche giorno di vuoto». Lo raccontano i poliziotti impegnati in Stiria nel management dei confini tra Slovenia e Austria. Un modello di gestione dei migranti in procinto di essere riprodotto su un’altra dozzina di valichi di confine, compresi Prato alla Drava e i passi del Brennero e di Resia. Con il massimo appoggio da parte della popolazione austriaca. Nonostante le critiche dell’Ue e dell’Italia e le rimostranze dei cugini sudtirolesi. Un sistema di logistica dell’emergenza decisamente asettico, burocratico, ferreo. E proprio le reti e i recinti metallici ne sono il simbolo tangibile. Una sorta di gabbia. Per esseri umani.

Nel campo profughi di Spielfeld, migranti in gabbia: il reportage dell'Alto Adige

Il clima in Austria. Nevica e piove a dirotto in tutta l’Austria. Chissà i profughi dove se ne staranno rintanati. Scavallato il confine pusterese di Prato Drava, si scende nel Tirolo orientale, a Lienz. E già si capisce tutto. Nei bar, il titolone di apertura della Osttiroler Bote parla non solo chiaro, bensì chiarissimo: “Erneut Kontrolle an Grenze zu Südtirol”. Ritornano i controlli al confine coll’Alto Adige. Non si tratta di un’ipotesi: il governo sta lavorando per stringere le maglie su almeno dodici valichi ai confini meridionali. Mica a parole, si organizza tutto. Scientificamente. Il Nord Tirolo ha già messo le mani avanti: loro sono sotto organico; Carinzia e Stiria stanno facendo i conti di quanto personale occorrerà. Alla radio austriaca, tutto il giorno, tutti i giorni, è un susseguirsi di surreali bollettini del traffico: code di mezz’ora lì, di tre quarti d’ora là, di un’ora qui, di due ore là. Colpa dei controlli di confine istituiti dalla Germania per arginare l’invasione di migranti. Anche in tv non si parla d’altro. L’Ue chiede di ripensarci, gli austriaci non ci pensano nemmeno. Passata anche la Carinzia, si giunge in Stiria. A Graz, il quotidiano Krone ha commissionato un sondaggio: il tetto massimo di ottanta istanze di asilo accolte al giorno, nonostante le critiche della Ue, è il segnale giusto? Su oltre 10 mila lettori, il 96,1% ha risposto che sì, non ci si deve mica fermare. Al termine del vertice europeo, il ministro degli interni, Johanna Mikl Leitner, non guarda in faccia a nessuno e al tg della sera chiarisce: forse 80 sono troppi. Probabile che si riveda pure il tetto massimo di 3.200 transiti al giorno, dal territorio austriaco verso altri paesi dell’Ue.

Profughi svaniti. Dopo cinquecento chilometri di viaggio, si resta un poco di stucco: i profughi, quest’oggi, non ci sono. Siamo qualche decina di chilometri a sud di Graz, in direzione della celebre località sciistica slovena di Maribor, l’antica Marburgo. Decine e decine di furgoni VW della Polizia austriaca vanno e vengono. Un cartello giallo annuncia la dogana. Un altro: confine aperto dalle 6 alle 22. Si tratta del confine sulla strada statale, ché in autostrada, se si sono acquistate le due vignette, l’austriaca e la slovena, si passa avanti e indietro sulle ventiquattro ore, senza stop e con pochissimi controlli. Siamo a Spielfeld, l’ultimo paesino prima del confine con la ex Jugoslavia. Colline, campi coltivati, boschi. Numerose le troupe televisive; cameraman e giornaliste ciondolano nel piazzale. Senza profughi in zona, niente immagini interessanti. Ma - per capire - oggi è il giorno giusto, perché il campo profughi è deserto e la polizia confinaria acconsente a una visita guidata. Nel cuore del sistema di management dei profughi.

Nessun filo spinato. A priori, senza aver visto di persona, verrebbe da pensare: hanno eretto reti alte fino a quattro metri; sarà per impedire ai profughi il passaggio oltreconfine. Collina da una parte, collina dall’altra parte, nel tratto in mezzo ci staranno i reticolati. Vero niente: il confine è aperto, si passa a piedi o in auto o con i mezzi pesanti sulla strada statale; in automobile o coi Tir sull’autostrada. Nell’area posta in mezzo fra le due arterie, parallele, stanno i campi per i profughi. Che, per la precisione, son due. Uno sta in Slovenia, l’altro in Austria. Enormi tende di colore bianco, per intendersi quelle tipiche da Oktoberfest. Negli spiazzi, decine e decine di gabinetti chimici. E container per alloggiare polizia, presidi sanitari, cucine. Tutto attorno, per lo meno sul lato austriaco, mezzi militari, furgoni della polizia, astiosi pastori tedeschi al guinzaglio con museruola. Oggi è una giornata assolutamente di relax, ma solo a Spielfeld, in terra austriaca, sono in servizio qualcosa come cento e trenta uomini.

Come funziona. Un’altra aspettativa delusa riguarda l’arrivo dei profughi. Non rispecchia le tante, troppe immagini televisive diffuse negli ultimi anni.Niente orde barbariche sparpagliate, anarchiche, ingestibili. Come spiegano i poliziotti, ad accompagnare al confine i profughi sono direttamente le forze dell’ordine slovene, con le quali l’Austria collabora fattivamente. Il governo di Vienna ha deciso che i migranti debbano transitare esclusivamente dal valico di Spielfeld. Dovesse arrivarne qualcuno in qualcuno degli altri numerosi valichi tra Slovenia e Austria, verrebbe semplicemente rimandato indietro. L’arrivo avviene in genere in treno. Uomini, donne, bambini, tutti assieme. Vengono accolti nel Temporary accomodation center di Šentilj, la tendopoli in territorio sloveno. Il giorno successivo vengono accompagnati in un ulteriore tendone, posto proprio sul confine, e vengono invitati a percorrere una sorta di corridoione. Reti alte fino a quattro metri, a destra e a sinistra. Loro in mezzo. Finché giungono a una cancellata: il confine con l’Austria.

Di gabbia in gabbia. La possente cancellata metallica, con sopra una tettoia per difendere dalla pioggia, viene aperta a singhiozzo. Entrano piccoli gruppi, ponendo attenzione a far passare assieme i membri delle varie famiglie. Per disciplinare l’entrata, nel primo tendone è stato creato un percorso a mo’ di labirinto, costruito con delle paratie metalliche alte quasi due metri. Un passaggio largo un metro, si passa uno alla volta. Al termine del tortuoso percorso, dietro un paravento, si apre una sorta di stanzone. Alle pareti sono affissi dei disegni: per farsi capire, l’unica era ritrarre un uomo che poggia a terra la borsa e allarga le braccia. Qui si effettuano le perquisizioni. Alle persone e ai loro bagagli. In ogni postazione, un tavolo per appoggiare i borsoni; su un lato di ciascun tavolo, un fasciatoio. Terminata la perquisizione, si prosegue. Una serie di tavolini alti, di quelli da aperitivo in piedi. Sopra stanno vari oggetti. Primo fra tutti un foglio, dove il migrante, con l’aiuto degli interpreti, dichiara le proprie generalità, se possiede o meno un documento, se originale o contraffatto, se lo ha smarrito e via discorrendo. Accanto, delle fotocopie: cartine dell’Iraq, dell’Afghanistan. Ci sono disegnate le varie regioni. Soprattutto, con precisione, le aree attualmente considerate zone di guerra e quelle che invece non lo sono. Si interroga il migrante. Non con tutti ci si riesce a capire. E allora, sui fogli si disegnano missili, carrarmati. C’è la guerra, lì da voi?

Asilo, il limite di 80 al giorno. Se il sedicente profugo da aree in guerra si rivela tale, ed è fra i primi ottanta a presentarsi nel tal giorno, si avviano le pratiche per richiedere asilo direttamente in Austria, naturalmente se questa è la volontà del singolo richiedente. Per ora, Vienna considera come richiedenti asilo esclusivamente i migranti cosiddetti SIA, ovvero provenienti da Siria, Iraq o Afghanistan, paesi oggi in stato di guerra. Altrimenti, se il sedicente profugo non si rivela tale, ciao. Alla persona verrà solo concesso il permesso di transitare attraverso l’Austria per andarsene oltre: Germania, Danimarca eccetera. In questo caso, il limite giornaliero è stato stabilito in 3.200 passaggi, anche se il governo austriaco ha già fatto capire che il tetto potrebbe essere ridimensionato. Nel caso in cui si raggiunga quota ottanta richiedenti asilo, i restanti dovranno attendere, in Slovenia, il giorno successivo. Idem se si superano i 3.200 transiti.

Container e display. Tutte le formalità vengono espletate dentro una fila di container, al termine dei quali sta un enorme tendone. Niente sedie, panchine o altro. Il pavimento è di terra battuta, o meglio di fango. Chiudende metalliche separano i flussi. Sopra la testa, un display a led indica quanti minuti c’è da attendere per mangiare, farsi curare, prendere il bus che porterà a destinazione: campo profughi austriaco o confine con la Germania. All’esterno del tendone, una fila infinita di gabinetti. Sul davanti, scritta in arabo e inglese. Per chi non capisce, ecco un disegno.

Controlli piuttosto blandi. Verso la Slovenia, per chi profugo non è, va via liscia. Entrando invece in Austria, sia che si transiti sulla statale, sia che si passi sull’autostrada, si sono reintrodotti i controlli, ma davvero blandi. Si giunge a passo d’uomo davanti ai poliziotti che subito fanno cenno di proseguire. Non viene fermato quasi nessuno. Insomma, i timori altoatesini per le eventuali code al Brennero parrebbero ingiustificati.

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