BOLZANO

Addio a Guido Trivelli, una vita per il giornalismo a Bolzano

Lo storico condirettore dell’«Alto Adige» e poi direttore di «Vb 33», aveva 92 anni Dagli anni burrascosi del Dopoguerra, all’avventura televisiva con Boesso


di Mauro Fattor


BOLZANO. «Davvero s'invecchia. E tutti i miei anni ora me li sento addosso legati ad una ricorrenza che ai più può apparire banale e che invece per me non lo è affatto. E qual è la ricorrenza? Eccola: nei giorni scorsi i 55 anni del giornale Alto Adige con una sua lunghissima scia di ricordi; ed ecco che mi volto indietro ed aguzzo gli occhi. Tante cose sono cambiate. E non aiuta passare lungo la passeggiata San Quirino dove aveva la sua sede il giornale: quell'edificio è diventato estraneo e silenzioso e il suo grigiore si è accentuato: un grigiore che soltanto la sera e la notte veniva cancellato dalle luci intense che illuminavano le finestre. E dentro c'era la vita, la vita che traspariva da cento e cento notizie, da cento e cento avvenimenti. In un giornale il tempo scorre veloce, più veloce che altrove, preme, ti assilla, è un vorticoso succedersi di minuti, un febbrile girare di lancette. Metà della mia esistenza l'ho trascorsa davanti alla macchina da scrivere, alle linotype, alla rotativa».

Cominciava così, l’ ultimo articolo firmato da Guido Trivelli sull'Alto Adige. Era il 31 maggio del 2000, e Trivelli era tornato a scrivere dopo tanto tempo sul suo vecchio giornale, quel giornale che aveva lasciato nell'estate del 1986 (sbattendo la porta, inutile negarlo) per lanciarsi nell'avventura di Videobolzano 33, assieme all’ ex-amministratore delegato dell'Alto Adige, Rolando Boesso. Pezzi di storia del giornalismo altoatesino. Ora Guido Trivelli non c'è più. É morto infatti ieri mattina all’ ospedale di Bolzano, dove era ricoverato da due settimane. Aveva 92 anni. Era nato infatti a Pistoia il 24 giugno del 1923. Storico condirettore dell'Alto Adige, ne era stato anche direttore per un brevissimo periodo, dal 9 settembre del 1983 al 17 gennaio del 1984, subentrando a Mino Durand. Dentro la sua vita professionale c’ era un po’ la storia di tutto il giornale, soprattutto quella dei primissimi mesi del Dopoguerra, dal 24 maggio del 1945, in cui il giornale prese vita. «Mi capita spesso di ripensare a quegli anni - diceva Trivelli - rivedo Giuseppe Morone, Enzo Pizzi, Tullio Armani, Leopoldo Sofisti, Giovanni Guardini, Antonino Vischi, Giancarlo Ansaloni, Piero Agostini, Mario e Giuseppe Ferrandi, Umberto Gandini, Ottorino Scolfaro, Franco De Battaglia, Albino Cavazzani, penso alla fuggevole apparizione di Goffredo Parise. E poi una soddisfazione particolarissima, il piacere di constatare che eravamo seguiti, che il numero dei lettori aumentava. E rammenti i giorni di un dialogo che andava inasprendosi, il nascere di un dissidio profondo fra le popolazioni di una stessa provincia. E venne la violenza, vennero i giorni delle esplosioni, degli attentati, della paura. Un periodo lunghissimo durante il quale le parole e gli appelli parvero cadere nel vuoto. I giorni neri di una convivenza difficile. E ci chiedevamo se mai sarebbe finito. E qui mi viene in mente Piero Agostini. “Vedrai - mi diceva - che ad un certo punto si riuscirà a trovare un equilibrio. Vedrai che prevarrà il buon senso”». Trivelli per tutta la vita mantenne sempre un atteggiamento molto critico, o diciamo molto vigile rispetto ai frutti dell’ autonomia e rispetto di questo vagheggiato “punto di equilibrio”. Un approccio che non abbandonò mai neppure nella sua nuova veste di direttore di Videobolzano 33, dove si trovò a dirigere con esperienza e piglio deciso una sparuta pattuglia di cronisti di primo pelo, tanto inesperti quanto volenterosi, tra cui Paolo Cagnan, Alessandro Urzì e Davide Bucci. Un direttore “invisibile” per scelta, che non compariva mai in video sfoderando però una voce calda adattissima al mezzo televisivo.













Altre notizie

Attualità