Adunata alpini a Bolzano: il nostro speciale

Trecentomila partecipanti, di cui 90 mila hanno sfilato per le vie della città: è stata una manifestazione di grande successo


di Davide Pasquali


BOLZANO. «All’alzabandiera inaugurale, quando eravamo lì tutti schierati, in quel momento ho pensato: se l’impianto fonico funziona, funziona tutto. Se non funziona, siamo spacciati. Quando lo speaker ufficiale ha detto la prima parola, che si è udita benissimo, mi sono detto: vai tranquillo, che è fatta». A raccontarlo è una delle colonne portanti del comitato organizzatore dell’adunata, il referente comunale Sandro Repetto. Adesso che è finita, ammette di sentirsi còlto da una sorta di sindrome del reduce. Della serie, è stata dura, ma lo rifarebbe subito. È un politico, Repetto, ma si è rimboccato le maniche e ha lavorato tantissimo, di persona, per un anno. Un grazie ci sta proprio tutto. Ieri lo ha ringraziato anche il sindaco: «Ha lavorato a testa bassa, senza sfruttare politicamente il ruolo che ha avuto».

«Non dovete ringraziare me - replica Repetto - perché c’è un mondo da ringraziare. Tutti gli enti che hanno partecipato, l’Ana, i gruppi, il direttivo, le altre associazioni. Penso al circolo Bivio piuttosto che ai carabinieri e alla polizia in congedo. Ognuno ha dato la propria mano e la cosa più importante, comunque, è stata il coordinamento di tutte le varie situazioni che in questo anno si sono verificate».

Solo tanta buona volontà?

«Ci è voluta anche tanta diplomazia, perché l’Ana nazionale aveva un suo concetto, seppur lasciando alla sezione ospitante e al comitato organizzatore un’ampia possibilità di movimento; però c’era anche da far capire che a Bolzano l’adunata non era proprio come tutte le altre... Sapevamo che eravamo in grado di portar a termine questa operazione. Il sindaco ha subito dato degli indirizzi chiari in questo senso, ma io devo fare i complimenti al presidente del comitato, Nino Geronazzo, perché non è facile trovare una persona che riesce immediatamente a capire come bisogna comportarsi e a trasferire le richieste che nascono dal territorio a livello nazionale. È stato un’ottima cinghia di trasmissione per unire le due realtà».

Come mai l’adunata è andata così bene?

«In effetti non c’è una cosa che è andata storta, e questo ha dell’incredibile. Tanti avevano detto: sarà un’adunata che si ricorderà a lungo, ma sono cose che si dicono per rincuorarsi tutti quanti. L’adunata si è retta su quattro gambe: Comune, Provincia, Ana, Forze armate. La vera forza è stata che siamo riusciti a spalmare gli alpini sul territorio provinciale, grazie all’intuizione del sindaco di coinvolgere l’Azienda di soggiorno nel comitato organizzatore, cosa che nelle altre edizioni dell’adunata non c’era. Siamo riusciti a fare un lavoro eccezionale sugli alberghi. E tengo a precisare che gli albergatori si sono comportati in modo corretto, non alzando i prezzi ma lasciando quelli normali, per la stagione, senza approfittarsene. E di questo bisogna dare atto al team della direttrice Roberta Agosti, che ha lavorato tantissimo su tutta l’area attorno a Bolzano, parlando anche con le altre aziende di soggiorno. Abbiamo coinvolto Merano e Laives, che si sono poi mosse autonomamente, la Bassa Atesina, l’Oltradige. Siamo riusciti a spalmare l’adunata anche al di fuori di Bolzano».

Coinvolgendo pure i rioni.

«Penso a Oltrisarco, piuttosto che ai Piani, il circolo Bivio. La spalmatura sull’intera città è stata fondamentale. E poi ha funzionato in maniera impeccabile tutta la parte dei trasporti. La sezione marketing dell’Ana nazionale mi diceva che mai ha visto funzionare così bene i treni, la vera novità di quest’adunata. Forse un effetto della crisi: tanti non arrivano più in auto o in pullman. L’ultima operazione su cui abbiamo veramente investito in tutti i modi - e qui devo ringraziare l’Alto Adige perché ha fatto un lavoro splendido, più unico che raro, perché l’ha sposata subito questa adunata - è stato quello della comunicazione e di far capire ai bolzanini. Ci sono stati momenti, tre mesi fa... Eravamo preoccupati, perché si diffondeva la voce: andiamocene perché chissà che casino ci sarà. E invece poi siamo riusciti a far comprendere che era una grande festa. Mi sono commosso, alla fine, dopo 12 ore, a vedere che la gente ancora non si muoveva dalle transenne per ringraziare il comitato organizzatore, che ha sfilato per ultimo: tutti ad applaudire, a dirci grazie. Non mi ricapiterà mai più, ma è stata una sensazione benefica. Questo sta a dimostrare come ha risposto la città».

Nonostante l’invasione...

Scherzando con i tecnici comunali del verde, guardando una scarpata occupata da tende, un giorno ho detto: “Gli alpini vi hanno valorizzato ogni angolo, ogni pezzo di verde”. Devo dire però, mai dove c’erano i fiori, solo sull’erba, perché quella ricresce. Non hai neanche la capacità di arrabbiarti, perché hanno occupato un’area non prevista. Ti offrono da bere, con un modo di fare talmente amichevole... Però questo spargimento in ogni dove è stata una sorpresa. Me l’avevano raccontata più volte ma non ci credevo».

Una bella mano l’ha data chi avrebbe potuto soffiare sul fuoco ma non l’ha fatto.

«Il lavoro diplomatico è stato intenso e delicato, i momenti complicati non sono mancati. Adesso sembra tutto scontato ma non sempre è stato così. I due momenti di svolta sono stati a novembre, quando Durnwalder ha dato incarico alla Protezione civile provinciale di darci una mano, e l’apparizione del presidente in persona alla presentazione ufficiale dell’adunata in municipio, un mese prima dell’evento. Un segnale inequivocabile, uno stop alle polemiche, compreso subito dalla popolazione di lingua tedesca, assai sensibile a questo genere di appelli».

Quali i riflessi sulla città, (per il dopo, perché il durante lo abbiamo visto tutti)?

«Sfilando ho avuto questa netta sensazione. Per la prima volta... Seguo lo sport, sono tifoso, ho dei sensi di appartenenza come ce li hanno quasi tutti. Ho sempre cercato, durante il mio mandato politico culturale di trovare degli elementi di identificazione della città, non riuscendoci... Ecco, percorrere la sfilata e sentirmi urlare dalla gente “viva Bolzano”... Ho avuto la sensazione che eravamo riusciti a dare alla città un’identità. Cioè gli stessi cittadini erano orgogliosi di essere bolzanini. Spesso sentiamo di gente, di giovani, che vogliono andarsene. Ecco, in quel momento, invece, erano orgogliosi di essere cittadini di Bolzano. Secondo me sotto questo profilo abbiamo trovato una corda interna di sentimento nuovo, specialmente sulle nuove generazioni: la bolzaninità. In questo senso ho percepito una novità assoluta. Sentirmi urlare dalla gente “Bolzano” mi ricordava i tempi storici dell’hockey, quelli d’oro. Non l’avevo più sentita, questa cantilena...»

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