BOLZANO

Aiuti per i bisognosi, c’è il market solidale: spesa per 140 famiglie 

Aperto due giorni in settimana nei locali della parrocchia grazie a un gruppo di volontari tra gli otto e gli ottant’anni. E si va oltre la carità


di Sara Martinello


BOLZANO. Una comunità attenta alle sue componenti più deboli: questo è il progetto che sorregge la Bottega Santo Stefano, un vero e proprio market di aiuti alimentari nel cuore di Oltrisarco-Aslago, nella parrocchia del Santo Rosario di via Claudia Augusta.

Qui i volontari, una trentina tra bambini dagli otto anni in su e adulti fino agli ottant’anni d’età, restituiscono gratuitamente ciò che gratuitamente hanno ricevuto dalla vita. Solo così si riesce ad aiutare veramente. E anche nei più giovani nasce un senso di responsabilità nei confronti di una comunità viva; si creano nuove amicizie e si rinsaldano i rapporti col tessuto cittadino.

A Bolzano un supermercato solidale per chi ha bisogno

La Bottega Santo Stefano è aperta due giorni in settimana nei locali della parrocchia del Santo Rosario di via Claudia Augusta grazie a un gruppo di volontari tra gli otto e gli ottant’anni. E si va oltre la carità (foto Groppo)

È una palestra di costruzione della consapevolezza di sé come parte della collettività: il donarsi è frutto di una speranza e di un atteggiamento di aperta fiducia su cui si può lavorare, in modo che ognuno possa trovare in se stesso le risorse per liberarsi da ciò che ha generato lo stato di bisogno.

Così anche il progetto Fead della Comunità Europea per il contrasto alla povertà: “L’assistenza deve andare di pari passo con misure di integrazione sociale, come iniziative di orientamento e sostegno per aiutare le persone a uscire dalla povertà”.

Mauro Cannavò, presidente dell’Associazione caritativa Santo Stefano, spiega: «Generalmente i volontari sono persone che già frequentano la parrocchia, ma quest’attività richiama anche persone esterne a un percorso di fede. L’importante è che tutti accolgano il senso con cui lo facciamo, e che i rapporti nati nella comunità parrocchiale possano proseguire anche al di fuori, nel quartiere. Offriamo loro dei corsi di formazione in cui siamo sostenuti da Caritas, ma a monte di tutto c’è un centro d’ascolto della parrocchia, che aiuta le persone a capire le ragioni di fondo della loro richiesta d’aiuto. Il centro d’ascolto, rivolto agli abitanti del quartiere, accoglie e consiglia, confezionando un progetto ad hoc per la persona, nel quale può rientrare anche l’aiuto alimentare. Lavoriamo in rete con altre associazioni e con enti pubblici, in modo da avere un quadro globale; a ciò si affiancano la documentazione relativa a situazione familiare e finanziaria del richiedente (per esempio l’Isee) e la conoscenza personale».

Giovanni Conci, volontario di 67 anni, precisa che «l’aiuto è molto ragionato per chi lo riceve, non si tratta di assistenzialismo: così si educano tutti a un’economia sostenibile, cercando anche un compromesso e una possibile soluzione per il futuro. Ecco perché è importante che questo aiuto sia limitato nel tempo. Le persone che ricevono un aiuto non sono solo immigrati, ma anche locali che purtroppo, spesso per l’avanzare dell’età, si ritrovano in situazioni di bisogno; qualcuno si sente in imbarazzo, ma qui si trovano solo amicizia, fiducia e propositività».

Come funziona. L’aiuto alimentare è partito già nel 2008, evolvendosi con la creazione del centro d’ascolto. Negli ultimi tempi si è stabilito un luogo fisico, un locale in cui tutti si mettono in moto e ognuno riceve ciò che effettivamente gli serve: non si dà una borsa della spesa, ma un potere d’acquisto. Si dispone di una tessera a punti per un valore di circa 50 euro (ma come già detto dipende dal fabbisogno individuale o familiare) da spendere come meglio si crede nell’arco del mese - ciò permette di verificare la portata della domanda e la capacità di gestione dei punti. «Attualmente aiutiamo 140 famiglie, circa 450 persone - riprende Cannavò - e nel 2017 abbiamo distribuito 38 tonnellate di prodotti, tra cibi a lunga conservazione e prodotti freschi. Sono tutti prodotti in via di scadenza, ma ancora buoni, che i volontari ritirano dalla grande distribuzione, dal Banco alimentare, dal progetto Fead, dalla comunità stessa e dai Cacciatori di briciole... Lavoriamo con Aspiag, quindi, ma anche all’interno di FoodNet Bz, con City Cibo. Stiamo pensando di adibire una stanza allo scambio di vestiti per bambini: si portano i vestitini vecchi ma ancora in buono stato, qualcun altro li prende, e quando i bambini crescono li si riporta al market. Un po’ come in una grande famiglia. Più avanti, quando aprirà il centro pastorale, ci piacerebbe aprire un rapporto diretto con un’associazione che si occupi dell’aiuto nell’inserimento lavorativo». E perché chiamare il market proprio “Bottega”, come si faceva un tempo? «È una parola importante: ricorda la vecchia bottega di paese, dove ci si conosceva tutti per nome. Rispecchia l’intenzione di diventare amici, perché si possa andare anche oltre il solo aiuto alimentare» dichiarano Cannavò e Conci. Si passa quindi da una ricezione passiva del bene alimentare a un’attivazione della persona, costruendo consapevolezza in campo sociale e dando impulso allo scambio umano: è un concetto di carità che attiva la comunità intera.

Martedì 9 gennaio riprenderà la normale distribuzione di beni alimentari, mentre la Bottega sarà aperta a partire dal 7 febbraio, il mercoledì (14.30-16.30) e il venerdì (16-18); per maggiori informazioni si può consultare la pagina facebook “Caritativa Santo Stefano / Oltrisarco”.













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