«Akrat» in liquidazione È la fine di un sogno 

In piazza Matteotti. Promossa la vendita straordinaria per ripianare i debiti. La coop aveva un duplice obiettivo: inserimento fasce deboli nel lavoro e recycling di legno e tessili


antonella mattioli


Bolzano. «A questo progetto ho lavorato per cinque anni, giorno e notte, peccato che sia finita così. Abbiamo perso una commessa importante, si sono accumulati i debiti e adesso la cooperativa è in liquidazione. Piange il cuore nel dover lasciare per strada persone con le quali si è lavorato fianco a fianco». Peter Prossliner, presidente della cooperativa “Akrat”, è rassegnato; amarezza e delusione anche sul volto di Wally Rungger, tra i fondatori della coop: il sogno, coltivato assieme ad un piccolo gruppo di volontarie e volontari, è finito.

Vendita straordinaria

Sabato, in piazza Matteotti, nella sede della cooperativa per l’inclusione sociale delle fasce deboli, si è cercato di recuperare qualcosa per ripianare almeno una piccola parte dei debiti, con una vendita straordinaria di tutto ciò che è rimasto: dalle sedie ai tavoli, agli specchi; ai “pezzi” geometrici suggeriti dalla Facoltà di design; e poi copriletti "Patchwork" con fantasie etniche coloratissime; nella falegnameria invece ci sono attrezzature e utensili. I bolzanini sono arrivati; hanno comprato; si sono informati sul perché da tre mesi la cooperativa ha dovuto sospendere l’attività e ora chiude anche la falegnameria e il punto vendita.

«L’idea nata nel 2012 - insiste Prossliner - era buona; la cooperativa aveva un obiettivo importante: insegnare un lavoro nel campo della falegnameria e della tappezzeria alle fasce deboli, immigrati e locali, per dare loro la possibilità di un inserimento nel mondo del lavoro. Una “nuova” vita dunque per le persone e una nuova vita per gli oggetti attraverso il recycling di vecchi mobili e tessuti altrimenti destinati alla discarica».

La risposta all’inizio è stata buona: una quindicina i volontari che si sono messi in gioco e altrettante le persone - soprattutto immigrati - che hanno effettuato i tirocini di sartoria e falegnameria alla Akrat. É stato creato un sito web per pubblicizzare l’attività della cooperativa. Il presidente Prossliner aveva preso contatti anche con la facoltà di Design, per poter sviluppare nuove idee da proporre alla clientela. I volontari ci hanno creduto, mettendoci gratuitamente il loro tempo. E c’è anche chi ci ha messo i propri risparmi, nella speranza di poter aiutare, in modo concreto, chi arriva da altri mondi. E non solo loro.

I conti

«Purtroppo i sogni - ammette il presidente - non sempre si avverano. Questo è uno di quelli. Con il senno di poi dico che avevamo tanti creativi, ma ci è mancata la parte amministrativa-contabile. Ovvero qualcuno che in modo rigoroso tiene i conti e ti costringe a stare con i piedi per terra; oltre che a rispettare i tempi fissati con il committente per le consegne. Per questo, alla luce della nostra esperienza, a chi volesse aprire una cooperativa sociale consiglio di prendersi un bravo contabile, perché i progetti di inserimento sociale costano. Non basta avere buone idee».

Prossliner fino all’ultimo ha sperato nel miracolo, ma poi ha dovuto rassegnarsi davanti ai conti. Troppi debiti, impossibile continuare.

«Avevamo un cliente importante; se solo ci avesse dato tempo ancora un anno, massimo due, molto probabilmente ce l’avremmo fatta a superare il momento critico. Ma purtroppo non siamo riusciti a rispettare i tempi delle commesse e l’abbiamo perso. Le banche ci hanno chiuso i rubinetti del credito».

Quello che resta in questo momento, oltre ai debiti, è almeno la consolazione di aver insegnato un mestiere ad una quindicina di persone: due hanno trovato lavoro presso un’altra cooperativa; due sono stati assunti in altri posti. Il problema è per chi ha già una certa età e fa fatica a trovare una ricollocazione.

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