Alto Adige, artista denuncia: "Ho subitobotte e abusi sessuali dalle suore"

A parlare è l’artista meranese Peter Paul Pedevilla, in arte Peter Verwunderlich. "A sette anni è morta mia madre e sono stato portato all’Opera serafica di Merano. Ed è lì che sono iniziati gli abusi sessuali. Per otto anni ho subito maltrattamenti e punizioni. Ma quelli erano la cosa più normale che ti potesse accadere. Una delle cinque suore che ho denunciato in Curia ha abusato sessualmente di me. Mi faceva di tutto"



BOLZANO. «Quando avevo sette anni è morta mia madre e mio padre ha avuto un crollo psicologico. Le mie quattro sorelle sono finite in istituto a Bressanone, mentre io sono stato portato presso l’Opera serafica di Merano, dove le suore terziarie si occupavano della nostra educazione. Ed è lì che sono iniziati gli abusi sessuali. Per otto anni ho subito maltrattamenti e punizioni. Ma quelli erano la cosa più normale che ti potesse accadere. Una delle cinque suore che ho denunciato in Curia ha abusato sessualmente di me. Mi faceva di tutto. Oggi ho più di cinquanta anni e ho deciso che è arrivato il momento di dire la verità. Se ho paura? Perché dovrei averne? Non può succedere nulla a chi dice la verità».

A parlare è l’artista meranese Peter Paul Pedevilla, in arte Peter Verwunderlich, che da anni dipinge in un atelier nel cuore della città sul Passirio. Il tema principale della sua arte? Il sesso, la sofferenza, l’ipocrisia di una società «che finge che tutto vada bene e che i deboli sono sempre e comunque protetti», precisa l’artista. La sua è una delle sessanta denunce arrivate in Curia. «Per tanti anni ho deciso di non dire nulla e di dimenticare - spiega -. Poi ho capito che non potevo più tacere. Era arrivato il momento di fare i conti con il passato. Per questo motivo ho scritto una lettera al vescovo Wilhelm Egger».
Ma Egger non fece in tempo a prendere una decisione perché morì poco dopo.

«Poi un anno fa ho mandato una lettera lunga e dettagliata al vescovo Karl Golser - prosegue Peter Paul Verwunderlich -. Ho spiegato degli abusi sessuali che ero stato costretto a subire da bambino. La suora? E’ tuttora in vita, così come le altre sorelle, quelle che ci punivano usando una verga. Io purtroppo venivo picchiato spesso perché mi rifiutavo di chiamare mamma le suore. Mia madre era morta e nessuno poteva prendere il suo posto».

Il dibattito attuale sugli abusi all’interno della Chiesa avrebbero dunque dato all’uomo, che oggi ha 55 anni, il coraggio di raccontare quanto avvenuto negli anni Sessanta. Oggi incontrerà la madre superiore delle Suore terziarie di Bressanone, suor Klara Rieder, e l’attuale direttore dell’Opera serafica, padre Peter Hofer. «Ho intenzione di spiegare con precisione cosa mi è successo - prosegue -. Non sono il solo ad avere subito abusi sessuali di questo tipo. Forse con me la suora in questione si è fatta meno problemi perché ero solo. A chi avrei potuto raccontare cosa mi veniva fatto? A chi avrei potuto dire che mi toccava nelle parti intime e mi costringeva ad avere rapporti sessuali? Ogni volta le dicevo: per favore no, non voglio. Ma questo non l’ha mai fermata».

Accuse pesanti, che però vengono prese sul serio dalla Curia, che ha previsto un incontro con la madre superiora. L’artista chiede una sola cosa: «Ho fatto quindici stazioni della Via Crucis - spiega Peter Verwunderlich -. Rappresentano la mia sofferenza, che è la loro religione. Sono rimasto credente, ma voglio che la Curia acquisti la mia Via Crucis. Non chiedo altro. E’ l’unico modo per risarcirmi. Sono stati otto anni difficili per me. Mi hanno rubato l’infanzia e non sono mai riuscito a dimenticare tutto quello che mi è stato fatto». L’artista riprende a lavorare nel suo atelier, stracolmo di simboli religiosi, ma anche di genitali femminili e maschili ritratti su una tela.

«Continuo ad essere una persona credente - conclude Verwunderlich -. Però riporto la mia fede a modo mio. E’ l’eredità che mi è stata lasciata dalle cinque suore incontrate nella mia vita. Le cinque suore che invece di proteggermi hanno spazzato via quello che c’era di innocente in me. La consapevolezza che io non sia stata l’unica vittima non mi consola. Prima che morisse mia madre avevo una vita davanti. Poi ho capito che mi sarei dovuto conquistare ogni istante di serenità. Non dimenticherò mai la prima volta che mi ha toccato contro la mia volontà. Secondo lei era normale fare quelle cose. In fin dei conti aveva il compito di controllarmi...».

© RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità